Come si comunica il vino? Con semplicità e chiarezza

Redazione

 

Avete mai sentito parlare di “funghi di origine batterica”? O di “pastiglie di zolfo aggiunte nei carri in vendemmia per salvare gli aromi primari del vino”? Sono solo due delle perle del “bestiario virtuale” stilato da ONAV in occasione dell’incontro “Comunicare il vino”, che si è tenuto sabato 4 febbraio a Roma, il cui scopo dichiarato era analizzare in profondità l’odierna comunicazione del vino. Un incontro che ha fatto emergere tre parole chiave cui il settore deve necessariamente aspirare: verità, semplicità e chiarezza.

 

Diventare i Piero Angela del vino

Padroneggiare l’informazione significa, infatti, saper tradurre messaggi anche molto tecnici in modo che possano arrivare al pubblico con facilità. L’obiettivo è, forse, quello di  “diventare i Piero Angela del vino”, come provocatoriamente proposto da Daniele Cernilli, giornalista, fondatore del Gambero rosso e oggi direttore della rivista L’Assaggiatore.

Una sfida, questa, particolarmente importante per i docenti di Onav, ma che dovrebbe essere comune a tutto il mondo del vino, dagli assaggiatori ai giornalisti, dai docenti universitari ai produttori fino agli enotecari. Chi fa formazione ed informazione dovrebbe, infatti, cercare di usare un linguaggio condiviso, allo scopo di raggiungere e far comprendere il messaggio ad un pubblico quanto più vasto possibile, senza fraintendimenti o false verità. Chi ha le conoscenza dovrebbe unire precisione nella trasmissione dei contenuti alla curiosità verso quello che si racconta.

 

Il ruolo dell’Onav: la comunicazione come servizio

“Oggi – spiega Vito Intini, presidente dell’Onav – sono indubbiamente molti i canali di informazione e formazione dedicati al vino: associazioni, riviste, corsi privati, blog, magazine, ecc… In questo contesto bisogna perciò soddisfare l’interesse del consumatore attraverso notizie date con competenza, senza però spaventare l’ascoltatore ma coinvolgendo la sua attenzione e la sua curiosità.  La comunicazione è infatti, e soprattutto per Onav, servizio verso il prossimo, ovvero mettere a disposizione del pubblico le proprie conoscenze ed esperienze”.

“Spesso poi – aggiunge Vincenzo Gerbi, presidente del Comitato scientifico ONAV e ordinario di Enologia all’Università di Torino – alcune nozioni che il comunicatore dà per scontate non vengono invece recepite correttamente dall’ascoltatore: numeri percentuali, unità di misura, sostanze chimiche sono solo alcuni esempi. L’assaggiatore-divulgatore, perciò, deve necessariamente mettere in discussione le proprie competenze, avere un approccio umile e misurare frequentemente le proprie capacità di comunicazione. Solo così potrà trasmettere il bagaglio di conoscenze ed informazioni riguardanti la storia del vino, i vitigni, la tecnica enologica, ecc, divulgando, oltre che conoscenze sul vino,  uno stile di vita in cui l’assaggio sia esperienza diretta delle nozioni apprese”.

Utilizzare linguaggi semplici, verificare le informazioni

Bisogna perciò diffondere la conoscenza utilizzando linguaggi semplici, come evidenzia anche Luigi Moio, ordinario di Enologia all’Università Federico II di Napoli: “si possono trasmettere dei concetti assolutamente tecnici anche attraverso l’utilizzo di immagini e di esempi semplici e divertenti. Cercare nuovi modi di raccontare il vino e le sue basi scientifiche è dunque ciò che il buon divulgatore deve fare per riuscire ad avvicinare un pubblico quanto più ampio possibile”.

Anna Schneider, ricercatrice IPSP del CNR, pone l’attenzione sulla assoluta necessità di dare informazioni verificate e certe, in particolare all’estero, dove non sono ammesse notizie errate o imprecise: “da questo nasce l’esigenza, per chi comunica il vino, di attuare precisi controlli sulle fonti e selezionare i contenuti, come nel caso dei vitigni in  cui è necessario avere riscontri certi, basati sulla genetica molecolare, per dimostrare eventuali origini o parentele. Solo così si può essere ascoltati con attenzione”.

 

Il ruolo del giornalista

Daniele Cernilli, direttore de L’assaggiatore e di Doctor  Wine, si concentra sulla figura del giornalista, “il cui ruolo è, prima di tutto, rendere comprensibile  ad un ampio pubblico nozioni scientificamente corrette. Generalmente – dice Cernilli – si pensa che una cosa detta sia già una cosa comunicata ma non è così. Non c’è spazio per informazioni imprecise o prese di posizione ‘a prescindere’. Bisogna comunicare in modo semplice ed accessibile, come facevano Luigi Veronelli e Mario Soldati, ricordandosi  che la comunicazione è soprattutto servizio verso gli altri”.

 

Lo storytelling

“Oggi non si può più raggiungere il consumatore solo con la classica comunicazione pubblicitaria. Semplificando –  dice il direttore di Arcipelago Muratori, Francesco Iacono – si potrebbe infatti dire che  narrazione è riportare una storia. Ma, di fatto, non è solo questo, perché la storia deve essere vera e condivisa. Questo vale ancor più nel mondo del vino, dove molti sono i luoghi comuni. La narrazione deve essere quindi basata sulla trasparenza, bisogna comunicare quello che si sa e che si può comunicare. La sfida è farlo senza banalizzare ma rendendo il racconto bello, emozionante e, soprattutto, vero”.

 

L’innovazione tecnologica

E l’innovazione tecnologica? Quanto conta oggi nel racconto del vino? E’ un aiuto o un vincolo? “È indubbio che il vino oggi si faccia diversamente da 2000 anni fa – spiega  Giuliano Boni di Vinidea –  grazie anche all’utilizzo di macchinari d’avanguardia, sia in cantina che in vigneto. La comunicazione sembra però che quasi si vergogni della tecnologia, non utilizzandola nel messaggio al consumatore. L’obiettivo dovrebbe perciò essere comunicare in positivo, raccontando ciò che si fa e non ciò che non si fa”.

 

A contatto diretto con i consumatori

“In enoteca – assicura Francesco Bonfio di Vinarius – la comunicazione si è sempre fatta in modo accessibile. Di tutto il mondo del vino, infatti, solo chi lavora nel pubblico esercizio ha il consumatore finale a pochi centimetri di distanza. Una posizione unica, quella degli enotecari, che hanno la necessità di dover comunicare e di farlo  in una certa maniera. Comunicare la verità è perciò un prerequisito imprescindibile, poiché se si mente il rischio di perdere il cliente è reale”.

Ma la vera chiave della comunicazione, probabilmente, è l’esperienza. Ne è convinto Carlo Pietrasanta, presidente Movimento Turismo del Vino, perché “solo attraverso la degustazione, l’assaggio, la visita in cantina, al consumatore rimarrà infatti un ricordo indelebile del vino, a cui si aggiungerà il racconto personale del vignaiolo che ha prodotto quell’etichetta. Forse questo non si tradurrà in una vendita ma certamente quel vino verrà capito e apprezzato come testimone di una storia emozionante”.

 

La sfida per Onav

La sfida per Onav, e per tutto il mondo del vino che oggi fa informazione è, dunque, individuare una comunicazione che tenga presente l’eterogeneità della platea e che faccia della verità e delle correttezza i propri punti di forza. Solo così si potrà essere credibili agli occhi dei consumatori, ampliando il proprio bacino d’utenza e diventando una voce del settore seria ed affidabile.

Il vino, in fin dei conti, non ha davvero bisogno di inventare nulla poiché, per sua stessa natura, è un mondo tutto da raccontare.