
L’associazione Donne del Vino ha promosso un sondaggio, per dipingere l’identikit della donna del vino negli anni Duemila, che ha coinvolto produttrici, giornaliste, enotecarie, ristoratrici e sommelier, stilando un profilo tra luci e ombre e con qualche sorpresa, purtroppo negativa, come un sessismo nel settore del vino superiore alle aspettative.
“Le donne sono il futuro dell’agroalimentare italiano”. Ne è convinta Donatella Cinelli Colombini, presidente nazionale della associazione Donne del Vino, proprietaria dell’aziende vitivinicole Fattoria del Colle e Casato Prime Donne, presidente del Consorzio Doc Orcia e ideatrice del movimento Cantine Aperte.
L’indagine sulle donne del vino
L’indagine italiana (che arriva a poche settimana dalla prima Festa nazionale delle donne del vino, che si terrà il 4 marzo) andrà a confluire nella indagine mondiale di Wine Business International.
Due i punti su cui c’è una omogeneità di vedute: sul ruolo delle donne nel mondo del vino le cose vanno meglio, ma non ancora come dovrebbero, perché c’è molto da fare per ottenere una vera parità di genere. Inoltre, l’esempio migliore secondo le donne sono le donne stesse, che diventano per l’82% di loro, modelli da seguire, abbandonando così la tendenza a conformarsi a comportamenti professionali e sociali maschili.
Più scolarizzate ma senza figli
Ciò che più colpisce delle donne del vino è la scolarizzazione, decisamente molto alta: il 43% di loro
ha almeno la laurea, e il 15% ha anche un diploma post universitario. Resta l’atavico problema di conciliare lavoro, famiglia e figlio: nonostante l’88% delle donne del settore siano titolari o contitolari della cantina in cui lavorano, sono costrette per lavoro a rimandare molto in là la nascita dei figli, per cui la metà di chi ha tra 40 e 50 anni ha ancora figli minorenni. Il lavoro, in pratica, è totalizzante, e questo a qualsiasi età, visto che nessuna delle produttrici si dichiara pensionata, nonostante il 19% delle intervistate abbia più di 60 anni.
Le piccole cantine in rosa
La dimensione aziendale delle cantine ‘in rosa’ è, nel 42% dei casi, quella di piccole cantine con fatturato inferiore al mezzo milione di euro: solo il 17% raggiunge il milione e il 41% lo supera. Le aziende in rosa sono caratterizzate da una alta quota di export (52%) e da atteggiamento deciso verso la qualità (il 69% produce vini a denominazione) e il dinamismo: il 21% delle cantine guidate dalle Donne del Vino ha anche la ristorazione in azienda e il 30% offre pernottamente. Il 91% fa vendita diretta e il 27% produce biologico o biodinamico.
Quale parità di genere?
Poi, il discusso capitolo della parità di genere: alla domanda ‘pensi di ricevere lo stesso stipendio di un uomo a parità di mansione?‘ il 29,9% risponde no, il 18% forse no. E, nelle fiere, il 21% delle produttrici ammette di avere dovuto difendersi dagli attacchi maschili o contrastare un atteggiamento sessista. Lo scenario, inoltre, peggiora quando l’intervistata è una donna in posizione dipendente, come enotecarie e sommelier, che nel 63% dei casi sono certe di guadagnare meno dei collegi maschi.
Sommelier ed enotecarie sono, per il 75%, laureate o con un diploma post universitario, e anche qui c’è un grande disagio a conciliare la vita lavorativa con quella affettiva: il 50% di loro ha meno di 39 anni e nella
stragrande maggioranza è senza figli.
Quanto alle giornaliste di settore, se da un lato aumenta il livello di istruzione (il 66% ha una laurea o un diploma post laurea), dall’altro aumenta anche la sensazione, dubbio o certezza, di essere retribuite meno dei colleghi uomini (62%) e la necessità di difendersi da atteggiamenti sessisti (39%). Sul fronte dei consumatori, le donne che bevono vino diventano sempre di più e più indipendenti, sempre più pronte a dire la loro nella scelta del vino (lo fa il 42% di quelle che cenano in coppia, anche se quando si è in gruppo è ancora l’uomo a decidere).
Il sondaggio “Donne e vino”
Secondo un altro sondaggio “Donne e Vino” dell’Osservatorio Luiss – con 1200 interviste a consumatrici di vini, al ristorante – in una cenetta di coppia, le donne scelgono la bottiglia del vino nel 34% dei casi, e quando lo fanno si orientano prevalentemente verso le tipologie bianco, spumanti compresi, con un occhio di riguardo alle produzioni biologiche e biodinamiche e al prezzo.
Nel menu, dunque, le clienti guardano alle opzioni “risparmiose”, mentre le etichette di alta fascia sono prevalentemente ordinate dagli uomini. E sono per lo più gli uomini a scegliere il vino quando si esce in gruppo.
Consapevoli e curiose
“Le consumatrici di vino, ha spiegato Gabriele Micozzi, docente di Marketing della Luiss Business School “si dichiarano fortemente consapevoli nell’atto di acquisto” e nella gran parte dei casi ordinano un vino che già conoscono. Ciò nonostante è forte la curiosità a esplorare il mondo del vino per il 47% delle interpellate, mentre il 66% delle donne dichiara interesse per il territorio di origine e per i vitigni autoctoni.
In sintesi, le donne scelgono il vino in base alla storia dell’azienda produttrice o del singolo produttore, al
territorio. Come canali informativi, per le enoappassionate, conta molto il passaparola, considerano crescente la credibilità di blog e informazioni sul web, meno credibili i giudizi delle guide di settore. In ogni canale le donne vorrebbero più storie dei produttori.
“Il vino non ha sesso“, ha concluso la presidente dell’Associazione “Donne del vino” Donatella Cinelli
Colombini, ma è certo che le titolari di aziende vitivinicole, che sono il 28% del mondo produttivo, hanno rispetto alla media nazionale titoli di studio più alti, e maggiore propensione alla qualità (fanno Doc e Docg nel 68% dei casi rispetto alla media del 38%) e alle viticoltura ecosostenibile.