Se un’aragosta (dipinta) val più di una bistecca

di Ilaria Donatio

L’analisi del rapporto tra arte, cibo e realtà riportata fin qui, ci fa trarre alcune prime conclusioni: storicamente, i dipinti potevano riflettere, in generale, un modo diverso di vivere, proprio perché erano realizzati per gli scopi più disparati, come quello di dare vita a un “prodotto” esteticamente gradevole, di rappresentare il benessere della famiglia che li ha commissionati, di fare una sorta di dichiarazione pubblica oppure di stimolare il desiderio di un servizio (molto interessante, in questo senso, la lettura di New essays on the psychology of art di R. Arnheim).

 

Un’aragosta è più bella di una bistecca

Se una famiglia commissionava una tela a un artista per il desiderio di esibire la propria ricchezza ad altre famiglie, l’opera naturalmente avrebbe avuto come soggetto prodotti desiderabili e di difficile approvvigionamento, come frutta esotica o frutti di mare, insomma, tutto quello che non si consumava abitualmente. Per l’artista, inoltre, dipingere un soggetto inusuale, era particolarmente sfidante e fonte di ulteriore ispirazione: per esempio, immortalare un’aragosta era certamente una sfida con cui fare sfoggio del proprio talento rispetto al ritrarre una bistecca di manzo. Allo stesso modo, un’esotica ananas è più attraente, allo sguardo, di una comunissima anguria.

 

Spezie e nuovi prodotti dal Nuovo Mondo

La cucina europea della prima età moderna – dal 1500 al 1800 – era un mix di pietanze ereditate dalla tradizione medievale e rivisitate in chiave moderna. Sebbene ci fosse un forte influsso di nuove idee, un incremento dei rapporti commerciali e una vera e propria rivoluzione scientifica, la conservazione del cibo rimase quella tradizionale: essiccamento, sotto sale e sottaceto, affumicatura. La scoperta del Nuovo Mondo e delle nuove rotte commerciali con l’Asia insieme alle influenze estere provenienti dall’Africa subsahariana e dal Medioriente, hanno fatto conoscere agli europei nuovi alimenti: le spezie – che prima avevano costi proibitivi – come il pepe,  la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata e lo zenzero, presto divennero disponibili alla maggioranza della popolazione. Così come l’introduzione di nuove piante e materie prime, originarie dal Nuovo Mondo e dall’India (come mais, patate, anche zuccherine, peperoncino, cocco, vaniglia, pomodoro, caffè e tè) trasformarono per sempre la cucina europea.

 

Nascono le cucine nazionali

Ci fu, all’epoca, un’enorme crescita della prosperità in Europa, che gradualmente raggiunse tutte le classi sociali, in ogni area del Continente e questo mutò in maniera considerevole gli stili alimentari. L’idea dello stato-nazione fu per la prima volta concepita proprio agli inizi dell’età moderna, ma non divenne realtà prima del diciannovesimo secolo, quando emergono le prime cucine nazionali. Le differenze di classe si fecero molto più importanti, ed era quasi sempre il cibo delle classi sociali più elevate ad essere descritto nei libri di cucina e nei ricettari (da consultare l’istruttivo: Cooking, cuisine and class: A study in comparative sociology di J.Goody).

 

Farine per ricchi e per poveri

In gran parte d’Europa, le tante varietà di cereali rappresentavano le coltivazioni più importanti e fornivano la base dei pasti quotidiani per ampi segmenti della società. Le differenze consistevano nella varietà, nella qualità e nel metodo di preparazione: le classi sociali più disagiate mangiavano pane a più alto contenuto di crusca, mentre quelle più benestanti godevano di pani preparati con farina di grano che la maggior parte dell’Europa moderna già consumava.

 

Classi sociali e alimentazione

Quanto alla carne, il suo consumo in Europa – tra il 1600 e il 1800 – era eccezionalmente alto rispetto agli standard mondiali anche se si abbassava muovendosi lungo la scala sociale: i poveri consumavano principalmente uova, latticini e legumi. Nei paesi più ricchi, come l’Inghilterra, si mangiava più carne che in altri, mentre in alcune aree come la Germania e in altre zone del Mediterraneo, il suo consumo da parte della popolazione iniziò a declinare intorno al 1550, forse a causa dell’aumento demografico.

 

(fine terza puntata: potrete leggere qui la prima e qui la seconda)

Fonte: http://sgo.sagepub.com/