Quanta realtà esiste nella “food art”?

di Ilaria Donatio

L’analisi della frequenza con la quale il cibo è rappresentato in pittura può aiutare a conoscere l’evoluzione delle abitudini alimentari delle famiglie, nel corso degli anni e nei diversi paesi del mondo? Per rispondere a questa domanda in modo completo, tre studiosi negli Usa – Brian WansinkAnupama MukundAndrew Weislogel –  hanno inizialmente esaminato 750 dipinti collegati in qualche modo al cibo, selezionandone 140 – che coprono 500 anni: dal 15oo al 2000 – originari del Nord Europa e dell’America e raffiguranti pasti in famiglia.

L’analisi quantitativa dei contenuti ha indicato che i prodotti più mangiati (come il pollo, le uova e la zucca) erano anche quelli meno ritratti. Al contrario, il cibo a cui si aspirava di più – come ad esempio i frutti di mare – era comunemente rappresentato in paesi come la Germania che gode di un affaccio al mare molto ridotto, e in oltre la metà dei dipinti, originari dei Paesi Bassi, ricorrono un tipo di limone tropicale non autoctono.

Peraltro, sebbene pane e mele siano da sempre prodotti comunemente disponibili, sono stati ritratti, rispettivamente, il 74% di volte in meno (il pane) e il 302% di volte in più (mele). In generale, le spiegazioni di cosa finisse per essere rappresentato sono diverse: i ritratti tendevano a raffigurare pasti e cibo a cui la famiglia che li commissionava, ambiva; cibo esteticamente gradevole o tecnicamente difficile da realizzare per il pittore, oppure che avesse un signicato di tipo culturale, politico o religioso comprensibile a quanti ne volessero godere.

Concludendo e prima di passare all’analisi di alcuni ritratti, possiamo affermare in generale che i dipinti raffiguranti cibo o scene famigliari di pranzi o cene non sono indicativi di quello che comunemente era servito o mangiato in un Paese, in una deterimanta epoca.

(fine prima puntata)

Fonte: http://sgo.sagepub.com/