Peter Heilbron: da Milano all’Umbria, per fare vini ‘glam’

di Vittorio Ferla

 

Arriviamo a Tenuta Bellafonte, a pochi minuti da Bevagna, dopo aver attraversato il cuore più riservato della campagna umbra. Qui è possibile trovare luoghi incantevoli come il minuscolo e delizioso borgo di Torre del Colle che merita davvero una visita. Da Torre del Colle si aprono panorami dolci, fatti di colli e poggi che si alternano a boschi, incastonati tra vigne e uliveti.

 

Vini di qualità: il destino nel nome

“Il nome Bellafonte nasce quasi per gioco. Il mio cognome, di origine tedesca, è Heilbron. Significa ‘fonte di salute’ (heil significa benessere, anche bellezza in senso lato, e bron, fonte). Qui vicino – incredibile coincidenza – c’è una via che si chiama Bella Fonte. E, per fortuna, il vicino mi ha consentito di usare quel nome”. Milanese, anche se il cognome tradisce appunto le origini tedesche della famiglia, profondi occhi azzurri, sorriso accogliente: Peter Heilbron, per anni manager nel settore agroalimentare (è stato amministratore delegato di aziende importanti come Heineken e Bacardi) acquista la tenuta nel 2007. In tutto 25 ettari con 2500 olivi – soprattutto moraiolo, ma anche frantoio e leccino – e due ettari di bosco.

“Ho vissuto in Umbria, a Perugia, negli anni ’90. Ovviamente, degustavo spesso i vini locali consapevole di avere di fronte una grande uva, il Sagrantino. Ma i prodotti che assaggiavo non erano di mio gusto. Troppo carichi. Il Sagrantino va trattato con rispetto. Non puoi caricarlo troppo. Quel tipo di lavorazione poteva andar bene negli anni ’80. Da qui l’idea di fare un Sagrantino diverso, più raffinato e più elegante. E’ stata una scommessa. Abbiamo costruito la cantina ex novo, utilizzando metodi per la climatizzazione naturale. Abbiamo messo su 11 ettari di vigneto, 7 per il Sagrantino e 4 per il Trebbiano spoletino. L’uliveto è arrivato a 27-28 ettari”.

 

Un approccio innovativo in cerca dell’eleganza

Quella di Peter, ormai, è diventata un’attività esclusiva: “mi sono completamente dedicato a Bellafonte”. L’approccio è stato radicale: “l’idea era di fare un solo vino. Uno solo. Ho avuto un’esperienza di lavoro all’Asti Martini, ma proprio per questo ritengo per un’azienda come la mia la ‘gamma’ non ha senso. Servono, piuttosto, una filosofia precisa e una precisa personalità. Fin dalle prime annate. Oggi posso dire che la risposta è arrivata: la mia idea di un vino più raffinato ed elegante ha dei riscontri”.

Riscontri di critica e di pubblico, potremmo dire, usando una ‘frase fatta’, se si pensa che quest’anno il Sagrantino Collenottolo di Tenuta Bellafonte ha ricevuto i Tre Bicchieri del Gambero Rosso (per leggere la degustazione dei vini dell’azienda cliccate qui).

Ma Peter non si è fermato al Sagrantino. “Nel 2013 comincio a degustare trebbiani spoletini interessanti. Trovo eleganza, ricchezza e longevità in questo vitigno. Quindi faccio delle prove. Nel bianco, più che nel rosso, ogni piccola variazione è importante. Ma lo studio e la preparazione sono stati meno lunghi del previsto. Lo produciamo dal 2014, con discreta soddisfazione”.

Insomma, un progetto che non teme i piccoli numeri, ma cerca con determinazione la massima qualità possibile (30-40 quintali per ettaro di Sagrantino, 50-60 per il Trebbiano spoletino), con un’attenzione particolare alla naturalità dei processi. Le vigne si trovano ad un’altezza variabile tra i 260 e i 320 metri s.l.m., poggiano su terreni ben soleggiati, tenaci e rocciosi. Alternano l’argilla tipica della zona a formazioni marnose e arenacee. Sono suoli che trasmettono all’uva una buona mineralità.

 

Una cantina moderna e sostenibile

C’è, poi, la cantina, concepita per avere un completo equilibrio energetico ed un bassissimo impatto ambientale. Una struttura che aiuta a cogliere ancora meglio l’originalità di questo progetto produttivo.

“La cantina – spiega Peter – è interrata per rispettare l’ambiente e favorire la lavorazione delle uve. L’edificio che abbiamo trovato qui non aveva alcun pregio architettonico, né, di conseguenza, vincoli giuridici. Così, abbiamo potuto abbatterlo per far posto a qualcosa di meglio. La struttura in acciaio garantisce l’elasticità antisismica che in una terra come quella umbra non è certamente un fatto secondario. Abbiamo usato una tecnica particolare, realizzando dei gabbioni di metallo riempiti di rocce portate dall’esterno: in questo modo entra l’acqua e si mantengono delle condizioni ottimali. La cantina beneficia di una costante circolazione d’aria, proveniente dall’esterno attraverso condotte sotterranee che ne condizionano temperatura e umidità in maniera naturale. Disponiamo poi di pannelli fotovoltaici e di una caldaia a biomassa che utilizza anche i residui vegetali prodotti nelle vigne. Usiamo solo energie rinnovabili”.

 

Enologia naturale e attenta

Da qui il passo al biologico apparirebbe conseguente. “in realtà non mi sono messo nel filone del biologico come certificazione – spiega Peter – ma lavoriamo solo con le uve e in maniera naturale. In cantina, dopo un’attenta selezione, i grappoli vengono diraspati senza pigiare gli acini. La fermentazione avviene in acciaio e in modo spontaneo, grazie ai lieviti presenti sulle uve (più sensibili alle temperature), con una piccola macerazione carbonica. Sono per la naturalità, ma non deve avere difetti”. Un grande apporto al lavoro di cantina viene da Beppe Caviola, enologo di fama e produttore egli stesso, proveniente dalle Langhe, importante ‘promoter’ del Dolcetto.

“La maturazione dei vini – continua Peter – procede per tre anni in grandi botti di rovere di Slavonia di grandi dimensioni, poco o per nulla tostate. Questo legno si può piegare con il vapore e non con il fuoco: e il vapore toglie i tannini. Anche la fermentazione malolattica si sviluppa in modo naturale, attivata dalla temperatura di cantina. L’illimpidimento avviene solo per decantazione, senza l’utilizzo di filtri, in modo da mantenere intatta la vitalità del vino. Garantiamo il vino con analisi di laboratorio approfondite e complete che pubblichiamo anche sul sito. Per il bianco, c’è qualche differenza. Voglio un bianco di corpo, ma capace di conservare le note varietali che sono floreali e acide. Pertanto: pressatura e mosto in botte di legno, 7-8 mesi di fermentazione sui lieviti fin verso giugno”.

 

Quando l’Umbria esce dai suoi confini

L’azienda – ancora giovanissima se si pensa che il primo anno di produzione è il 2012 – è diventata già un modello di riferimento nella denominazione. Attualmente produce 30 mila bottiglie: “vorremmo arrivare a 50-60 mila – assicura Peter – ma non oltre. A differenza dello standard umbro siamo posizionati molto bene nelle vendite all’estero (80% del totale), in una fascia medio alta. I principali acquirenti dei nostri vini sono in Usa, Canada, Svizzera, Germania, Belgio, Danimarca, Giappone”.  

Grazie a Tenuta Bellafonte, insomma, l’Umbria esce dai suoi confini. Non tanto per la diversa diffusione commerciale (che è una naturale conseguenza), ma soprattutto per un modo nuovo di concepire il vino (in particolare il Sagrantino): per nulla rustico, più raffinato, più vicino al gusto contemporaneo. Potremmo dire più ‘glam’, come piace a noi.