Tasca d’Almerita: duecento anni di vino

di Ilaria Donatio

 

Un uomo sentimentale

“Mio padre era una persona di cultura, amava la musica, la lirica, come mio nonno Lucio: mi ha insegnato ad amare Wagner e da bambino, mi portava a Teatro Massimo durante la stagione lirica”.

A parlare è il conte Lucio Tasca d’Almerita, classe 1940, una laurea in Economia e Commercio, mentre, altissimo ed elegante, ci fa accomodare in uno dei salotti dell’incantevole villa cinquecentesca di famiglia, un tempo villa Camastra, oggi Tasca, nell’appartamento al secondo piano in cui vive. Tutt’intorno, un vasto parco dove, tra laghetti ornamentali e piccole grotte, svettano acacie, palme e ficus e vivono aironi, tordi e pappagallini.

“Loro sono Tristano e Isotta”, indica una coppia di cigni che solca elegantemente il laghetto, “un omaggio a Richard Wagner” che nella residenza aristocratica dei Tasca, finì di comporre il suo Parsifal.

“A Regaleali”, tra le province di Palermo e Caltanissetta, “mio nonno, il mio bisnonno, il mio trisnonno hanno sempre lavorato in campagna: mentre gli aristocratici abbandonavano le terre, i loro feudi, la mia famiglia restava in campagna. Forse perché tanto aristocratici non lo siamo: in fondo, veniamo dalla campagna!”, scherza il conte Lucio, e di sé aggiunge: “Io, per esempio, sono uno che, se ascolta Wagner, si commuove e piange”. Come si commuove per “i film d’amore: non tutti”, dice, “ma il genere Pretty Woman, quello mi emoziona molto!”.

Lucio Tasca ha quella svagatezza che nell’immaginario comune è tipica dell’aristocrazia. Ha anche quattro figli – due maschi, Giuseppe e Alberto rispettivamente, presidente e amministratore delegato dell’azienda – e due femmine, Franca e Alessandra – indossa una camicia bianca di lino che mette in risalto l’abbronzatura. È un uomo sentimentale e sobrio nello stile, persino un po’ spartano nei gusti, certamente più sensibile alla mondanità di quanto lo fosse Diego Planeta per cui non lesina attestati di stima: “È un lavoratore Planeta, molto più lavoratore di me”.

Il padre di Lucio Tasca, Giuseppe, è stato il primo a imbottigliare il vino, negli anni ’60, e nacque il Regaleali bianco, il primo vino dell’azienda Tasca d’Almerita (e il primo imbottigliato, in tutta la Sicilia). Poi vennero i rosati e i rossi.

 

L’azienda Tasca d’Almerita

Dopo duecento anni e otto generazioni, l’azienda Tasca d’Almerita coltiva oggi quasi 600 ettari di vigneto, 500 nella sola tenuta di Regaleali, acquistata nel 1830 e cuore dell’azienda, dove inizia la lunga storia della produzione e distribuzione del Rosso del Conte,  gli altri cento divisi tra le altre quattro sedi dell’azienda vitivinicola, acquisite negli ultimi dieci anni: Capofaro sull’isola di Salina, la Tenuta Whitaker a Mozia, Tascante sulle pendici dell’Etna, la Tenuta Sallier de la Tour a Monreale.

Nella tenuta di Regaleali, l’età delle vigne varia da uno a quarant’anni e, ogni anno, sono impiantate nuove viti. Gli alberi di ulivo contornano i filari, tra i campi di grano, avena e alberi di mandorle: 3500 ulivi producono un olio ottenuto da olive non trattate. Qui, l’alternarsi delle diverse colture è un metodo naturale contro la diffusione dei parassiti.

I cinque ettari di Capofaro, a Salina, impiantati trent’anni fa e acquistati da Tasca d’Almerita oggi, hanno come frutto la Malvasia, un vino dolce e aromatico.

Sull’isola di Mozia, 40 ettari vicino Trapani, la Fondazione Whitaker ha affidato a Tasca la gestione dei vigneti di Grillo: l’uva viene vendemmiata all’alba e poi, in cassette, condotta nella tenuta di Regalali, dove avviene la vinificazione.

Alle pendici dell’Etna, dove la sabbia nera vulcanica si fonde con il verde della vegetazione, si estendono le tenute Tascante, a 750 metri di altitudine: 18 ettari complessivi producono due vini rossi, il Nerello Mascalese e il Carricante.

Nel territorio di Monreale, provincia di Palermo, c’è la tenuta “Pernice”, di proprietà dei Sallier de La Tour, principi di Camporeale e cugini di primo grado dei Tasca d’Almerita. Ai Tasca hanno affidato la gestione della cantina, la cura delle vigne e la produzione dei vini che qui sono di elevata qualità e costi contenuti.

 

Vini internazionali

Grande successo, sia in Italia che all’estero, hanno avuto poi i vini internazionali, reinterpretati da Tasca d’Almerita: Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Viogner.

“Questo tipo di vitigni funzionano perfettamente in Sicilia”, spiega il conte Lucio, “naturalmente, c’è stata un’evoluzione e noi, oggi, puntiamo su vitigni autoctoni che esprimono il territorio, la vera carta vincente per il futuro dei produttori vitivinicoli siciliani”.

“Fin dalla nascita”, racconta, “facciamo sperimentazione su tantissimi vitigni sconosciuti: ne abbiamo scoperti oltre 400 e selezionati una sessantina: questo allarga l’orizzonte della viticoltura siciliana che ha, dalla propria, un territorio estremamente vario”. Si va dai 1200 metri di altitudine a zone che sono sul livello del mare: “la vendemmia da noi dura da fine luglio fino agli ultimi giorni di ottobre”.

“Tutti i nostri prodotti”, sottolinea poi, “hanno un’accoglienza molto positiva sui mercati esteri (talmente tanto che ogni anno il fatturato aumenta di almeno due cifre) e, nonostante la fase critica che vive l’Italia, godiamo di un ottimo riscontro anche nel nostro Paese”.

Ideatore e presidente di Assovini, l’associazione di 70 aziende vitivinicole che imbottigliano l’80% del vino siciliano, oggi Lucio Tasca punta sui figli per “un giusto ricambio generazionale: a me il compito di correggere il tiro”.

E la nuova stagione nasce sotto il segno dell’etica e della sostenibilità ambientale.

 

Un network sostenibile

Il progetto pilota si chiama SOStain, ed è il frutto della collaborazione con Opera, centro di ricerca della Cattolica di Milano e dell’Università di Milano: l’idea è di produrre vino riducendo l’impatto sulla natura. Si tratta del primo programma di Sostenibilità per la vitivinicoltura Italiana, frutto della collaborazione tra Tasca d’Almerita e Planeta a partire dal 2010: “Si tratta di creare un network sostenibile tra tutte le aziende vitivinicole siciliane, per un modo diverso di agire non solo nel rispetto dell’ambiente ma per la valorizzazione del territorio e delle persone che lo vivono e che, soprattutto, lo vivranno”, spiega Tasca.

L’altro filone di questa storia è l’ospitalità: due i luoghi predisposti. Il primo è la tenuta Regaleali, dove l’antico baglio – produttivo fin  dall’800 – diventa struttura ricettiva, creando un ambiente familiare, tipico: qui è possibile degustare i vini e assaggiare i prodotti dell’arto. Il secondo, Capofaro Malvasia & Resort, è un “boutique Resort cinque stelle unico nel suo genere”, circondato da vigneti di Malvasia degradanti verso il mare.

È curioso il fatto che, se si domanda a quest’uomo – che sembra un perfetto gentleman di origini britanniche – quali siano stati i fattori decisivi per la fortuna dell’azienda Tasca, lui risponda così: “La fortuna, ma anche l’educazione e l’umiltà” rivelando, in una sola frase, tutta la propria sicilianità. O sicilitudine, come direbbe Sciascia.

Ed è davvero un po’ poco per giustificare i tre milioni e mezzo di bottiglie vendute ogni anno, per un totale di 24 etichette distribuite nei quattro continenti, 70 Paesi, per un fatturato di 17 milioni di euro.

Il conte Lucio e i figli Giuseppe ed Alberto, con un pool di giovani manager, fanno di Tasca d’Almerita un’azienda molto apprezzata, in cui tradizione e innovazione appaiono fondersi perfettamente. La valorizzazione dei vitigni autoctoni e le continue sperimentazioni e innesti con 40 varietà di uve, provenienti da tutto il mondo, sono a testimonianza di come i Tasca siano riusciti a interpretare molto bene il binomio territorio/internazionalità. Il 50% di tutta la produzione è esportato all’estero, in particolare Usa e Germania.