
di Vittorio Ferla
“Siamo conosciuti soprattutto per i vini bianchi”. Francesca Bruni di Vetrère, lo dice quasi en passant, nel corso della nostra visita in cantina. Ma a noi – dopo la degustazione dei suoi prodotti – è sembrato qualcosa di più di una voce dal sen fuggita.
Gli anni della formazione, tra Taranto e Bologna
Siamo in provincia di Taranto, al km 16 della Strada Provinciale, proprio a metà strada tra Monteiasi e Montemesola. La tenuta – guidata dalle sorelle Annamaria, agronoma, e Francesca, dedicata alla produzione – si trova al centro di una pianura assolata che sta tra Grottaglie e il Mare Piccolo di Taranto. Un posto centrale per Francesca, fin dai primi anni di vita: “Con il mio capo operaio ci conosciamo da 40 anni. E con i figli del pastore eravamo una vera e propria banda. Poi – dice sorridendo – i nostri genitori ci hanno civilizzato: siamo andate a studiare a Bologna. Mio padre era di Bisceglie, mia madre di Bologna. In Emilia abbiamo trascorso l’adolescenza, dalle media fino alla laurea. Quando eravamo piccole noi tra la Puglia e Bologna c’era un abisso, adesso è tutto più vicino e più facile”. Francesca è una donna elegante e colta. Ha mantenuto il legame con questa terra, il suo sguardo è ironico e la sua mente è aperta al mondo. “Abbiamo gruppi di inglesi che fanno enoturismo qui. Sono più dei viaggiatori che dei turisti: visita in cantina, buffet, light lunch con bianco, rosso e rosato. Vestiti da Indiana Jones, non mollano”.
Tradizione e qualità
Le prime notizie certe della tenuta risalgono al 1600, il secolo del Barocco. Una antica mappa del ‘700 testimonia che queste terre appartenevano alla famiglia Troilo. Nel 1903, Serafina Troilo sposa Michele Ammazzalorsa, che lascia i suoi possedimenti al nipote Enrico Bruni, che è mio padre. Qui si coltiva la terra da sempre. Ma il vino era soltanto un vino da taglio. Ho riconvertito a partire dagli anni ’90 e nel 2002 siamo partite con la produzione di vini di qualità”. A partire dal Laureato, che è un bianco che miscela Chardonnay e Minutolo. Il bianco è la specialità dell’azienda Vetrère (espressione che deriva dal latino veterus “perché questa era originariamente una zona di insediamenti romani” ).
‘Bianchisti’ di Puglia
“Siamo specializzati nel Minutolo”, conferma Francesca. Il Minutolo, varietà aromatica, coltivata in Puglia sin dal 1200. Per molto tempo si è creduto si trattasse di una sub-varietà di Fiano e per questo motivo i coltivatori pugliesi lo hanno denominato ora come Fiano aromatico, ora come Fianello e più recentemente come Fiano Minutolo. Come altri antichi autoctoni pugliesi non molto produttivi (grappoli di piccole dimensioni e spargoli), era vicino all’estinzione. Nel 2000, però, alcuni lungimiranti produttori ed enologi avviarono una rigorosa selezione massale nelle vigne della Valle d’Itria dove il vitigno era, ed è ancora, più diffuso. Venne in soccorso anche la scienza: studi del 2001 dimostrarono che l’allora nominato Fiano Minutolo non aveva nulla a che vedere con il Fiano, bensì mostrava parentele con il Moscato bianco e il Moscato di Alessandria. A seguito di queste scoperte nome ufficiale per questa varietà è diventato il termine Minutolo. Che oggi è vinificato sempre più frequentemente in purezza per la produzione di vini secchi e aromatici o di vini spumante di qualità.
Una produzione importante, con energia pulita
“Abbiamo 200 ettari qui e 100 tra Bisceglie e Trani – spiega Fanny Trinchera, figlia di Francesca – ma solo 50 ettari vitati perché ci piace produrre solo quello che riusciamo a vendere. Produciamo 220mila bottiglie, ma contiamo di crescere ancora. La produzione è così suddivisa: il 40% va in Usa e NordEuropa (Belgio, Olanda, Germania, Regno Unito) e poi Giappone, Portorico, Brasile. In Italia, siamo presenti ovviamente molto presenti in Puglia e Basilicata, ma anche in Toscana, Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia. In alcuni alberghi abbiamo scalzato Antinori con il nostro Taranta rosato”.
Ma non basta. “Vetrère ha scelto la strada dell’energia pulita – aggiunge Fanny – ed è in grado di soddisfare il suo fabbisogno energetico in completa autonomia. L’energia elettrica è prodotta dai pannelli solari che ricoprono la cantina e gli uffici, e dalla generosità del sole della Puglia. Una caldaia a biomasse genera il calore che serve alla tenuta: i vinaccioli vengono fatti essiccare naturalmente d’estate per essere il combustibile naturale d’inverno”.
Tra il campo e la cantina
La struttura della cantina risale ai primi dell’800. L’edificio è interamente in pietra tufacea, una pietra calcarea tipica del Salento. Le sue volte a stella e le caratteristiche stesse del tufo consentono alla cantina di mantenere un isolamento termico e una temperatura costante, condizioni ideali per custodire le proprietà organolettiche del vino, in fase di affinamento e stoccaggio. “I serbatoi sono termocondizionati le temperature sempre controllate”, spiega Francesca.
La sala al piano terra ospita le botti di rovere francese, in cui per 12 mesi vengono affinati i rossi di punta della nostra produzione: il Barone Pazzo, che è un Primitivo, e il Lago della Pergola, Negroamaro. Solo questi due vini fanno invecchiamento in legno. Le antiche vasche interrate, da cui è stato ricavato il tufo per erigere lo stabile, sono l’habitat in cui viene stoccato il vino nei mesi estivi.
Le uve della tenuta sono coltivate secondo la forma di allevamento detta spalliera a cordone speronato. “La vendemmia – spiega Francesca – comincia da metà agosto con lo Chardonnay, poi il Minutolo ai primi di settembre, poi il Primitivo e via fino a ottobre. E’ tutta meccanizzata. Normalmente si comincia alle 4 del mattino , quando l’aria è fresca e alle 10 è già completata. Il motivo è semplice. Il caldo e l’ossigeno sono i peggiori nemici dei vini bianchi. Per i bianchi, poi, ci vuole un’uva perfetta, magari appassita, ma mai guasta”. Dopo la raccolta segue l’immediata pressatura. Il raffreddamento del pigiato segue subito la raccolta senza alcuna soluzione di continuità, in modo da evitare i processi ossidativi delle uve e consentire al vino di esprimere tutti i suoi profumi.
I risultati di questo lavoro sono importanti. “I nostri bianchi colpiscono – assicura Francesca – sono un po’ imprevisti rispetto ai rossi pugliesi che ti aspetti. Di recente, per esempio, il nostro Crè ha ricevuto un riconoscimento dalla rivista Decanter. Ovviamente, i rossi non mancano e sono di prestigio: Barone Pazzo e Lago della Pergola. Tra i nostri ultimi arrivati mi piace segnalare Umi, un bianco immaginato per accompagnare i piatti di sushi, e Aureo, lo spumante da Minutolo che quest’anno ha venduto 7mila bottiglie: tanto apprezzato, ne raddoppieremo la produzione. In progetto c’è anche uno spumante rosé, realizzato con uve Malvasia.
Pasta, legumi e frutta da agricoltura biologica
“La nostra azienda – continua Francesca – è tutta orientata all’agricoltura biologica. Abbiamo una sovrapproduzione di frutta dalla quale derivano confetture di albicocche e prugne e il finocchietto arrotolato nelle olive. In biologico è anche allevato il grano Senatore Cappelli con il quale realizziamo la nostra farina, la nostra pasta e il nostro pane. Da un po’ produciamo anche legumi biologici, in particolare fave e ceci”.
Insomma, una famiglia tutta legata alla terra, in tutte le sue espressioni. Anche il marito di Francesca, che viene dal mondo del brokeraggio, sta in azienda dedicandosi al commerciale. Mentre i figli di Annamaria e di Francesca si stanno specializzando in viticoltura, enologia, marketing. La storia di Vetrère continua.