Tutti i volti del Negroamaro: il successo di ‘Nero del Salento’

di Vittorio Ferla

 

Il Salento è la regione del Negroamaro. Il Negroamaro è il vino del Salento. Raramente la vite e il territorio combaciano così integralmente. E quando questo accade, di solito, i risultati sono importanti, in alcuni casi strepitosi.

 

Qui non c’è spazio per i rossi ‘internazionali’

Ci deve essere un motivo se la Puglia, in generale, e il Salento, in particolare, non hanno ceduto alle mode dei vitigni internazionali alla ricerca del prodotto d’effetto. Con un vitigno come il Negroamaro – e il suo fratello Primitivo – non poteva essere diversamente.

Le uve di Negroamaro esprimono un colore carico, aromi caratteristici, tenore alcolico elevato. Elementi che, in anni non troppo lontani, hanno fatto di questo vino un prodotto da ‘taglio’, impiegato cioè per dare corpo e carattere ai più leggeri vini del Nord. Oggi ovviamente non è più così e il Negroamaro è diventato un vino dalla forte impronta territoriale, capace di raccontare il carattere di una vasta pianura di sabbie e argille posizionata tra due mari, ricca di sole e battuta dal vento che soffia senza ostacoli.

L’evento del 6 marzo 2017 a Roma, dal titolo ‘Nero del Salento‘, promosso da GnamGlam con DeGusto Salento, Slow Food Roma e Ais Lazio, è stato l’occasione per apprezzare le caratteristiche e la versatilità di questo vitigno. Grande spazio alle versioni classiche – rossi e rosati – con qualche gustosa incursione nel mondo delle bollicine.

 

Il rosato: identità e territorio
Vale la pena di cominciare dal rosato. Che potremmo quasi considerare un genere ‘letterario’ a sé, un tempo considerato di ‘serie B’, né carne né pesce, ma oggi sempre più riconosciuto e apprezzato. Quante volte abbiamo sentito commenti supponenti – o addirittura denigratori – a proposito di questo vino che in tanti considerano una via di mezzo priva di personalità? Bene, in nessun luogo come in Puglia questo giudizio è del tutto privo di fondamento. In primo luogo, per motivi storici e culturali. In una terra come questa, vocata per l’allevamento di uve a bacca rossa e per la produzione di vini ricchi di corpo e di alcol, il rosato è stato da sempre un’alternativa ai bianchi.

Insomma, un vino territoriale, se vogliamo ‘domestico’, estremamente versatile in abbinamento con i classici primi, le verdure, il pesce e le carni bianche. Ma non basta. Il Salento con il suo rosato, in modo del tutto naturale e senza compiere molti sforzi, ha avuto a disposizione da sempre un vino ‘giovane’, oggi sempre più di tendenza un po’ ovunque, sempre più utilizzato da solo come aperitivo o nei mix dei bartender. Di recente, anche altre regioni hanno dovuto attrezzarsi per avere il loro rosato, non sempre con gli ottimi risultati dei rosati da Negroamaro.

 

Una bella selezione dei rosati del Salento

Negli ultimi anni, i produttori hanno fatto a gara per individuare una loro specialità di rosato, a partire dal colore per finire con i profumi. A Roma, abbiamo assaggiato i rosati più diversi: in alcuni prevale il rosa cerasuolo e la nota di caramella alla fragola o al lampone, come nel caso di Marulli (Tenuta Paraida) e di Santi Dimitri (Negroamaro rosato con nota di pompelmo rosa); quello di Calitro è un rosato corposo ed estremamente salino, un po’ difficile da abbinare; continua a dire la sua il tradizionale Girofle di Garofano, rosa corallo con naso pungente di pepe e palato fresco di rosa; particolare il Duodecim di Romaldo Greco, un chiaretto rotondo, elegante e avvolgente che ricorda fiori e melograno; è sempre una sicurezza il Kreos di Castello Monaci, color corallo, odori di ciliegia e di fragola, cremoso in bocca; fuori dagli schemi il rosato di Vigneti Reale, da uve di Malvasia, profumi di fragole e palato morbido.

 

L’eleganza dei rossi

Com’è noto, il colore del Negroamaro è talvolta a tal punto impenetrabile da determinare il nome del vitigno. ‘Niger’ e ‘mavros’, latino e greco, per dire la stessa cosa: nero. M anche ‘niuru’ e ‘maru’, nero e amaro, perché il retrogusto è tipicamente amaro. Caratteristiche che spesso hanno suggerito, nel passato, di vinificare questa bacca con altre, dalla Malvasia nera – tipica la coppia nel Salice Salentino doc – al Montepulciano, ma anche ai vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon al fine di renderlo più appetibile sui mercati internazionali. Negli ultimi anni, però, le cose sono cambiate e tutti i produttori hanno investito sulla vinificazione in purezza. Il Negroamaro è diventato spesso un protagonista assoluto, anche se ‘governato’ e ‘accompagnato’ per evitare eccessi di alcol e di tannino. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: pur restando un poderoso rosso del Sud, il Negroamaro è capace di slanci di eleganza che ne fanno il principe dei vitigni pugliesi. In più – come abbiamo già visto per i rosati – la sua grande versatilità permette di ottenere prodotti diversi, a volte giovani e freschi, a volte raffinati e aristocratici, secondo gli orientamenti del produttore. L’evento romano del 6 marzo scorso – Nero del Salento – ha rappresentato bene questa versatilità e questa eleganza.

 

Tutte le declinazioni del Negroamaro

Grecantico e Mjere di Michele Calò sono vini strutturati, caratterizzati da acidità e freschezza, più giovane e spavaldo il primo, più intenso e amarognolo il secondo; Fabula di Romaldo Greco, con una quota di Syrah, è un vino ‘femminile’ e accattivante, profuma di erba tagliata e pepe nero, di buona beva; Jaddico di Tenute Rubino sprigiona aromi di ciliegia sotto spirito, prugna, cioccolato e chiodi di garofano ed è molto succoso in bocca; lo storico Graticciaia di Agricole Vallone proviene da uve appassite e legno, ha un naso complesso di carruba, è aristocratico ma bevibile; le Braci di Garofano conserva negli anni il suo carattere sontuoso, il naso complesso di prugna, di liquirizia; l’Aiace di Castello Monaci è potente e vigoroso come vuole il suo nome, ma, in questa versione 2014, meno alcolico e più gentile; il Cento su Cento di Castel di Salve richiama la prugna matura, il pepe nero e il caffè e ha un corpo pieno e armonico; il Menone di Marulli, rubino luminoso, bouquet ricco, caldo e austero in bocca; il Negroamaro di Calitro è ampio e speziato, presenta sentori di frutti di bosco e polvere di cacao e vira verso il passito; il Lago della Pergola di Vetrere, rubino con riflessi volacei, vellutato, con sentori di mora e prugna e note di tabacco; il Negroamaro di Conti Zecca, dal colore rosso granato è morbido al palato con tannini setosi, armonico, equilibrato ed elegante; il Piromafo Valle dell’Asso di Cantina Fiorentino ha un bouquet ampio e avvolgente di sottobosco, prugne e noce moscata, caldo e strutturato in bocca; il Danze della Contessa di Bonsegna contiene un 20% di Malvasia nera, dal colore rubino intenso, profumi fruttati e note mediterranee, di buon corpo e caldo al palato; il Teresa Manara di Cantele ha un colore rosso rubino intenso con riflessi porpora, al naso è complesso con sentori di amarena, cannella e cioccolato, bocca succosa e gratificante.

 

Spumanti da Negroamaro: una bella scoperta

A conclusione di questa rapida carrellata di campioni del Negroamaro conviene fare un ultimo richiamo alle bollicine. Le propongono due aziende del gruppo di DeGusto Salento. La prima, Rosa del Golfo, offre uno spumante brut metodo classico da uve negroamaro e chardonnay con un liqueur a base di Vigna Mazzì, il Negroamaro di punta della casa: rosa delicato con riflessi dorati, naso di piccoli frutti rossi, cremoso in bocca. La seconda, Santi Dimitri, offre un Brut rosé, realizzato con metodo Martinotti: colore buccia di cipolla, fresco, dissetante, invitante, fruttato, floreale e assai piacevole al palato.

In conclusione, una serata che ha lasciato il segno nella memoria di tecnici e appassionati. Le prospettive di crescita del Negroamaro sono notevoli, in Italia e nel mondo. Ottima idea, pertanto, quella di DeGusto Salento, di ‘coalizzare’ un gruppo di aziende per promuovere questo vino così elegante. E anche GnamGlam è felice di essere – non solo per una sera – ambasciatrice del Salento.

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