Tra Nero d’Avola e Moscato: Riofavara, un gioiello del Val di Noto

di Vittorio Ferla

 

“A metà degli anni ’90 assaggio un Eloro Pachino. Era spettacolare. Ho capito che in questa zona si poteva fare dell’ottimo vino. Noi dovevamo decidere che cosa fare: estirpare o iniziare l’avventura della vinificazione? Allora non avevamo ancora la cantina, ma cominciammo a imbottigliare. Avevamo il magazzino come punto di appoggio e poco a poco siamo diventati autonomi. Nel frattempo, ci siamo concentrati sul mercato estero”. Massimo Padova, uomo di grande umanità e cultura, dal sorriso ironico tipico di molti siciliani, ci racconta così l’esordio della sua azienda, la cantina Riofavara, dal nome del fiume che scorreva in queste campagne.

Azienda vitivinicola a conduzione familiare nel Val di Noto, nella Sicilia sud-orientale, proprio nel cuore della regione di produzione del più famoso vitigno siciliano a bacca rossa: il Nero d’Avola. “Volevo un vino legato al territorio. Sono stato sempre contrario all’uso del legno: preferisco usarlo nella riserva. Il legno lo uso, ma non deve essere troppo carico. Altrimenti hai solo rovinato il vino”.

L’amore per il territorio

“Qualche anno fa, era il 2009-2010, avevamo in produzione un bianco fatto con Insolia, Grecanico e Chardonnay”, ricorda Padova. “Un esperto degustatore lo assaggiò e mi disse: ma perché metti il legno? L’anno dopo ho accolto il suggerimento e ho tolto il legno: era solo una sovrastruttura. Oggi facciamo 8mila bottiglie di questo vino senza legno e sono molto soddisfatto del risultato. Nel 2015 diventa un blend di Insolia, Grecanico e una piccola parte di Moscato: è il nostro Marzaiolo”.

Riofavara è un’azienda di piccole dimensioni che si trova a Ispica, in provincia di Ragusa, propaggine estrema del Val di Noto. Dispone di 16 ettari totali di vigneto distribuiti in 6 appezzamenti dislocati nelle contrade più vocate del territorio, da Buonivini a San Basilio. La conduzione è diretta dalla famiglia: “con passione, dedizione e anni di esperienza – racconta Massimo – abbiamo prodotto vini territoriali. Abbiamo scelto di produrre vini da agricoltura naturale, spesso intesa come biologica, vini che portano il nome del territorio perché sono territorio. Oggi siamo una cantina moderna che utilizza alcune delle più recenti tecniche di vinificazione nel rispetto delle tradizioni locali e dell’ambiente con l’intento di fare il massimo per lavorare in modo più naturale possibile sia in vigna che in cantina. I nostri vini sono semplici, non vogliamo lieviti selezionati nei rossi, teniamo bassa la solforosa e non vogliamo spingere la produzione verso grandi affinamenti. La gran parte della produzione è dedicata ai rossi (che rappresentano l’80% del totale). Teniamo i vigneti in asciutto, ma passeremo alle irrigazioni di soccorso. Siamo in un’area fortemente arida e, proprio per questo, mi sento di dire che anche qui possiamo parlare tranquillamente di “viticoltura eroica”: non solo le altezze creano problemi, ma anche la siccità”.

Come cambia il mercato del vino

Riofavara produce 60-80 mila bottiglie. Il 30-35% di queste è venduto in Italia, il resto va all’estero, soprattutto Usa, Canada, Australia, Brasile, NordEuropa, Francia. “Abbiamo molto vino in questo territorio, ma il mercato è saturo e i pagamenti arrivano in ritardo. Le aziende preferiscono l’estero per vari motivi: posizione, redditività e riconoscibilità”

Mi piace l’idea del viticoltore non del businessman. Lo scopo della mia cantina è quello di non far perdere le tradizioni del territorio. C’è stato un periodo in cui erano in voga i vitigni internazionali: non era facile affrontare quella concorrenza. Ma piantare lo Chardonnay non ha senso qui: devi raccoglierlo già a luglio! Perfino il Moscato che è autoctono ha dei problemi. Sui rossi è cambiata l’aspettativa del mercato. Ai rossi un tempo si chiedeva colore e potenza. Adesso gli appassionati chiedono invece bevibilità e acidità e cercano vini dal colore meno cupo e più aperto. Ma devo dire che il nostro Nero d’Avola è un vitigno fantastico: ha un 8-8,5-9 ph di acidità. L’alberello dà acidità tartarica elevata. La coltivazione a spalliera dà acidità simili, ma con più malica. Io preferisco il vino da spalliera: per me è importante il malico”.

Le grandi potenzialità del Val di Noto

Il vino è spesso legato alle mode. C’è stato il tempo del Nero d’Avola, poi quello del Nerello Mascalese. Ma questo territorio – il Val di Noto – non è entrato nel vivo dell’attenzione. Attiriamo ancora poco, non abbiamo una storia vinicola lunga. In più, nel mondo del vino non si riesce a fare rete e squadra. Ci sono stati anni bui senza risultati. Ci manca la forza commerciale siamo stati sotto il dominio di alcune aziende che hanno fatto tabula rasa”.

Qui si possono fare bei vini bianchi e rossi, dolci e secchi. Bisogna allargare le vedute e misurarsi con gli altri. Non sono amante dei vini superacidi: il vino deve rispettare il terroir non si deve perdere identità. Bisogna fermarsi a pensare piuttosto che andare dietro alla moda. Il vino deve avere equilibrio, bisogna avere una impronta. Tre anni fa, su indicazione dell’enologo, ho comprato tutte le bottiglie di questo territorio: non ho trovato identità e riconoscibilità, potevano essere fatti anche altrove. Siciliani certo, ma non caratteristici di questo territorio. Alcuni addirittura puzzavano di brett. Sarebbe utile un consorzio che filtra per avere un’impronta comune. Abbiamo una grande storia viticola: il Nero d’Avola nasce qui e non siamo secondi a nessuno. Dovremmo essere più determinati e crederci”.

 

Le etichette degustate da GnamGlam

San Basilio 2015 Terre siciliane Igp

Concepito come vino “semplice”, capace di rispecchiare la tradizione del posto. Lavorazione essenziale con acciaio inox e macerazione di due giorni. Il colore è rosso rubino. Profumi di frutta rossa fresca e note di iodio e di fiori secchi. In bocca è asciutto e fresco, rilascia una lieve sensazione di sarda sottosale. Nel retorgusto ritorna la nota iodata e la scia di terra calcarea. Vino snello, bevibile e di buona persistenza. Concilia un carattere rustico ed elegante insieme, interpretando bene il suo territorio. Gradazione alcolica 14%.

 

Spaccaforno Eloro Dop 2014

Frutto di tre vigneti a spalliera e alberello siti nelle contrade Buonivini e San Basilio. Dopo la raccolta le uve vengono solo diraspate per la successiva fermentazione del mosto a contatto con le bucce in tini di vetro-cemento di ampio diametro e a temperatura controllata, utilizzo di lieviti propri. Fa otto mesi di affinamento in tonneaux di secondo e terzo passaggio, quindi in bottiglia per almeno 10 mesi. Il colore è rubino scarico brillante. Profumi di frutta rossa e note di talco iodato e di fiori secchi. In bocca è acido, asciutto, elegante e non presenta eccessi di struttura. Il 2010 dovrebbe ancora aspettare e promette longevità. Si potrebbe perfino abbinare a un pesce grasso e strutturato. L’acool non si sente ma lascia la tipica nota salmastra. Gradazione alcolica 14%.

 

Marzaiolo Terre Siciliane Igp 2017

Blend di Insolia, Grecanico e Moscato (5%). Gradazione: 13,50%. Il calice è giallo paglierino tendente a diventare giallo oro. Profumi di frutta bianca e agrumi con una nota iodata meno forte degli altri. La bocca fresca, salina e leggermente minerale. Buona la persistenza. Sorso molto invitante e rinfrescante.

 

Mizzica Noto Dop 2017

Cento per cento Moscato, il vitigno bianco più rappresentativo di questa zona. Gradazione alcolica: 13,50%. Il colore è giallo chiaro con leggeri riflessi verdi. Profumo complesso tipico di un aromatico con pesca bianca e frutta gialla a drupa, miele, fiori e tè verde. Bocca sapida e snella, buona persistenza e retrogusto mandorlato.

 

Notissimo Moscato di Noto Dop 2016

Gradazione alcolica al 12% per questo vino dolce che è espressione tipica di questo areale. Il colore è giallo oro scarico. Bouquet ricco di profumi di susina, frutta candita, datteri e bergamotto. La bocca è dolce ma asciutta grazie alla buona acidità. Aromi di vaniglia, arancia, miele in una bella armonia. Dolce, raffinato, equilibrato con una lunga persistenza.