Tenute Nicosia: dall’Etna a Vittoria, la sostenibile strada verso la qualità

Vittorio Ferla

 

Il quartier generale dell’azienda Nicosia si trova a Trecastagni, a pochi chilometri da Catania. Siamo alle pendici dell’Etna, in un territorio collinare, circondato da vari coni vulcanici di diversa dimensione ed epoca.

 

Sul Monte Gorna a Trecastagni

I più grandi, Monte Gorna e Monte Ilice, sono di notevoli dimensioni ed è possibile risalirli per visitare gli antichi crateri, un tempo coltivati, oggi abbandonati. Pare che, all’esterno del Monte Ilice, si trovi pure un’antica masseria nella quale Giovanni Verga ambientò il suo romanzo ‘Storia di una capinera’.

Graziano Nicosia mi accoglie in azienda. Con lui c’è Antonio Marino, il responsabile per la comunicazione. “I documenti storici – racconta – ci dicono che la storia vitivinicola della nostra famiglia comincia nel 1898: noi siamo la quinta generazione attiva. Io e mio fratello Francesco continuiamo l’opera di mio padre, Carmelo. I Nicosia cominciano ad imbottigliare negli anni ’50: una delle prime aziende in Sicilia. Oggi abbiamo 20 ettari di proprietà sull’Etna, 40 ettari a Vittoria, zona del Cerasuolo Docg. Controlliamo poi altri vigneti in affitto”.

Raggiungiamo con il fuoristrada la tenuta di Monte Gorna, sette ettari vitati che sono l’orgoglio della casa. L’ascesa di Monte Gorna è qualcosa di suggestivo: per arrivare alla cima, si attraversano i boschi di roverelle e lecci. Il bordo del cratere è ricco di verbasco, ginestre, felci. Il panorama è straordinario, con l’occhio che spazia dall’Etna al golfo di Catania fino a Siracusa e allo stretto di Messina. Ai piedi del Monte Gorna ci sono i vigneti, con i loro terrazzamenti in pietra lavica, ristrutturati e reimpiantati con vitigni autoctoni della Doc Etna: il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio per il rosso, il Carricante e il Catarratto per il bianco.

 

Il potere della sabbia vulcanica

Qui ci aspetta l’agronomo Alessandro Lo Genco. “Monte Gorna – spiega Lo Genco – è un cono vulcanico avventizio. Gorna sta per laghetto artificiale, perché il cratere si riempie quando piove. Siamo a 700 metri sul livello del mare, orientati a SudEst, proprio di fronte allo Stretto di Messina e alla Calabria. Il suolo, fatto di sabbia vulcanica al 90%, facilita il drenaggio ed è ricco di elementi che trasferiscono al vino una forte mineralità, sia olfattiva che gustativa. La terra è ricca di potassio che svolge un’importante funzione equilibratrice nella maturazione dell’uva. Altri vantaggi derivano dal mare: cede calore, cosa che in altri punti dell’Etna non succede. Questo vigneto è stato acquistato nel 1996. Nel 2002 è stato realizzato l’impianto. Il 2005 è il primo anno di produzione. Qui, un tempo, erano tutti vigneti, ora i vigneti si trovano soltanto dai 500 m slm in su. A causa della phillossera – continua Lo Genco – il comparto vitivinicolo era stato abbandonato. Alle fine degli anni ’80 e nei primi’ 90 dell’800 la provincia di Catania era la più vitata della Sicilia. Nel porto di Riposto venivano imbarcati dei vini molto alcolici e resistenti ai viaggi, per trasportarli al nord. Oggi c’è una rinascita dell’Etna. Nell’ultimo anno si calcola una crescita di nuovi vigneti pari al 3-400% in più”.

“Le terrazze di pietre laviche che sono patrimonio Unesco – continua Lo Genco – delimitano e trattengono i filari. Ovviamente, con questa disposizione i costi di produzione sono molto elevati: nelle terrazze si può lavorare solo con la zappa. Possiamo parlare di viticoltura eroica, come per la Mosella e per le Cinque Terre. Ci vogliono anche due anni per riscostruire i muretti e poi altri due anni per sistemare i dettagli. Insomma, condizioni estreme. Anche per facilitare il lavoro abbiamo preferito utilizzare il cordone speronato, anche se abbiamo alcuni tradizionali alberelli dimostrativi. Non ci sono impianti di irrigazione. Le terrazze da tre filari hanno resa bassissima”.

 

Agricoltura biologica e sostenibilità

Continua Lo Genco: “Usiamo il favino per il sovescio, l’azoto per le piante, lo zolfo per l’oidio, il rame per la peronospera, i ferormoni per le tignolette. Avevamo acquistato i pali di pino provenienti dalla Svezia. Erano considerati il meglio che potesse esistere sul mercato, ma sono marciti subito. Invece, il nostro tradizionale castagno si isola e dura 30 anni almeno, nonostante la potenza corrosiva di questa terra acida”.

L’azienda Nicosia ha inoltre aderito al progetto di viticoltura sostenibile Magis, implementato con la collaborazione tra una comunità scientifica composta da ricercatori di varie università italiane, l’Ispa-Cnr, l’Assoenologi e alcune aziende private. “Al progetto Magis – spiega Lo Genco – sono stati interamente dedicati proprio i terrazzamenti di Monte Gorna. L’adozione del nuovo protocollo, che speriamo di poter estendere, a breve, anche ai nostri vigneti di Vittoria nella Sicilia sudorientale, rappresenta un ulteriore salto di qualità nel percorso intrapreso da tempo nella direzione della sostenibilità e della completa tracciabilità nella gestione dei vigneti. Abbiamo subito riscontrato una riduzione dei prodotti impiegati nei trattamenti, con notevoli vantaggi in termini di risparmio economico e di rispetto dell’ambiente“.

“Il rapporto con la comunità scientifica – continua Lo Genco – è alla base del protocollo Magis e degli altri progetti di ricerca che l’azienda ha recentemente intrapreso. È già in corso, ad esempio, una collaborazione con il Dipartimento di gestione dei sistemi agroalimentari e ambientali dell’Università di Catania per un’analisi sul campo relativa alle modalità e ai tempi della potatura manuale in funzione dei vitigni, mentre è in fase di avvio una collaborazione con il Cnr che si pone obiettivi molto ambiziosi proprio in termini di incremento della sostenibilità delle produzioni”.

Sotto il vigneto di Monte Gorna c’è anche una sala degustazione. Accanto, un vecchio Palmento con due vasche. Qui tra la ‘pista’ e le ‘quartare’ si faceva un tempo il vino, come se fosse una festa. In questa parte della Sicilia, la vendemmia è stata fino ai tempi recenti una festa. La gente portava perfino il pane condito per festeggiare l’arrivo dell’uva che veniva pestata con i piedi nelle grandi vasche. Per molto tempo, questo approccio familiare alla vendemmia ha resistito, mentre nella Sicilia occidentale la cultura del vino faceva passi da gigante. I trapanesi e i palermitani erano certamente più preparati: la vendemmia e la lavorazione del vino erano più avanzate. Non è un caso, pertanto, se l’agronomo – Alessandro Lo Genco, appunto – e l’enologa – Maria Carella – dell’azienda Nicosia siano originari di Palermo.

 

Il lavoro in cantina

La visita in azienda continua poi nella cantina di Trecastagni. “Qui la tradizione – dice con orgoglio Graziano Nicosia – si sposa con la più avanzata tecnologia. In tutto sono 4 mila metri quadri coperti, su una superficie totale di 27mila metri quadri, tra l’ampia area di vinificazione, il laboratorio di analisi, la moderna linea d’imbottigliamento e la barricaia sotterranea”.

“Abbiamo due presse pneumatiche – continua – per la macerazione a freddo per i bianchi. Proprio sui bianchi abbiamo fatto un lavoro particolare: anche se non possiamo scriverlo per motivi di legge, abbiamo realizzato un Etna bianco riserva con quattro anni di affinamento in cantina per dimostrare che anche i bianchi possono essere longevi”.

Continua Graziano Nicosia: “Il laboratorio di analisi interno fa il 90% dei controlli. Possiamo imbottigliare 6mila bottiglie all’ora, ma di norma sono 4mila. La nostra cantina svolge un lavoro anche per conto terzi. Per noi non è soltanto un business, ma anche una occasione di ricerca e confronto, importante per la crescita dell’azienda. Siamo molto orgogliosi per il fatto che dall’ultimo tasting panel della prestigiosa rivista Decanter tra le 36 etichette top dell’Etna (92/100) vi siano ben 5 prodotti nostri e altri 5 realizzati per conto terzi. Abbiamo barriques di rovere francese, tonneau da 525 litri di rovere francese e americano e due tonneau di acacia per l’affinamento dell’Etna bianco”.

Ma i progetti non si fermano qui. “C’è un progetto di fare la cantina anche a Vittoria, zona del Cerasuolo – promette Graziano. Per adesso trasportiamo tutta l’uva fin qui. Anche a Vittoria la nostra produzione è biologica, ma non possiamo dichiararlo in etichetta perché l’uva andrebbe vinificata là”. Intanto, negli ultimi anni, l’azienda ha ottenuto diverse certificazioni internazionali: dalla BRC Food & Beverage alla International Food Standard (IFS). Di recente ha conseguito pure la certificazione ‘etica’ internazionale rilasciata da SEDEX (Supplier Ethical Data Exchange), organizzazione mondiale no-profit dedita alla promozione dei principi etici nei rapporti di lavoro e nella gestione delle risorse umane.

 

Numeri importanti… e ora arrivano i premi

I numeri di Cantine Nicosia, considerando le dimensioni ridotte delle aziende etnee, sono importanti: 2 milioni di bottiglie, in tutto, il 75% delle quali è distribuito in Italia e il 25% all’estero. In Italia è ancora prevalente il mercato della grande distribuzione.

Da alcuni anni a questa parte, però, il 30% delle bottiglie va nel circuito horeca con un progressivo orientamento verso una produzione di qualità: tra le selezioni di alta gamma, sia nella zona dell’Etna che del Cerasuolo di Vittoria, l’azienda può ormai annoverare una ampia varietà di linee e di etichette molto interessanti (comprese anche le nuovissime versioni ‘vegan’) che crescono nell’apprezzamento dei critici e degli appassionati (leggi la nostra degustazione di alcune etichette di casa Nicosia qui).

Proprio quest’anno il Nero D’Avola Sosta Tre Santi 2010 di Cantine Nicosia ha conseguito i Tre Bicchieri del Gambero Rosso. Ancora una volta la Sicilia sul podio.