Rosato italiano: qualità e identità per un grande futuro

di Vittorio Ferla

 

I vini rosati italiani sono al top nel mondo. Nell’edizione 2018 del grande concorso internazionale Mondial du Rosé – il più prestigioso concorso di settore, organizzato dall’Unione degli enologi francesi e svoltosi a Cannes alla fine di aprile – sono ben trenta le etichette Made in Italy premiate. In tutto, nove medaglie d’oro e ventuno medaglie d’argento per le bottiglie italiane, selezionate tra oltre 1.300 vini rosati in arrivo da tutto il mondo (25 i Paesi di provenienza). Purtroppo, però, i vini rosé non sono così apprezzati nei nostri confini e, alla fine, le nostre aziende sono spinte a superare le Alpi e il mare per proporre il loro prodotto in Europa e nel mondo. Anche per questi motivi, l’8 giugno scorso la Fisar di Roma e dei Castelli Romani – grazie all’iniziativa del giornalista e docente Fisar Fabio Ciarla (collaboratore e amico di GnamGlam) – ha dedicato un focus di approfondimento al rosato italiano, prodotto autoctono di sicura qualità ma ancora eccessivamente trascurato.

 

I numeri del rosé italiano

“Mentre negli Usa i rosati segnano un +53% di vendite, il consumo dei rosati in Italia crolla. L‘abitudine a pensare in rosa non ci appartiene. Anzi, per anni ce ne siamo quasi vergognati. Viceversa, dovremmo puntare alla valorizzazione del comparto del rosé autoctono italiano. La domanda che ancora si fa a un appassionato di vino in Italia è: sei più rossista o bianchista? In Francia è completamente diverso e la domanda corretta è: preferisci il rosso, il rosé, o il bianco? A parlare è Angelo Peretti, giornalista enogastronomico e già direttore del Consorzio del Chiaretto di Bardolino, certamente uno dei massimi esperti italiani di rosati, che ha guidato la degustazione-evento.

“I numeri – spiega Peretti – dicono che il rosato del lago di Garda guida le vendite con 10 milioni di bottiglie. Seguono, nell’ordine, il Cerasuolo d’Abruzzo con 4 milioni, il Valtènesi chiaretto con poco più di 1,5 milioni e Castel del Monte e Salice Salentino che fanno circa mezzo milione di bottiglie. Le abitudini in Francia sono completamente diverse: lì il rosato copre addirittura un terzo dei consumi, con il ruolo di leadership assoluta della Provenza”.

“Proprio per cercare di incrementare la diffusione della cultura del rosé autoctono italiano – ricorda Fabio Ciarla – i cinque Concorzi di Tutela, relativi alle denominazioni storiche del rosé italiano, hanno  siglato al Vinitaly un patto per una promozione comune, che valorizzi le rispettive identità”.

“Il vero problema – continua Peretti – è che mentre nel mondo il rosé è in continua crescita la nostra quota di mercato dei vini rosati è ridotta all’osso e i consumi sono sostanzialmente fermi. In Italia – dove pure siamo, secondo le stime Oiv del 2016 e considerando il totale della produzione di rosati, il quarto Paese produttore – solo 6 bottiglie consumate su 100 sono di rosato, con tendenza in calo, e un bell’aiuto ci danno a berle tutti gli stranieri che affollano le coste del Lago di Garda e dei nostri mari. Al contrario in Francia, primo produttore, il rosé vale il 34%, ma crescono i consumi anche negli Usa (dove aumenta anche la produzione), in Germania, Gran Bretagna e l’interesse cresce in Canada e Sudafrica”.

 

La rivincita del Chiaretto

In questo scenario la nota positiva è l’andamento del Chiaretto: nel 2017 il Chiaretto di Bardolino ha registrato un incremento nelle vendite complessive del 12% rispetto al 2016 e un simile andamento è stato realizzato anche dal Valtènesi Chiaretto. Va dato merito alle due denominazioni gardesane di aver saputo valorizzare il loro carattere identitario, puntando con decisione sulla salvaguardia delle prerogative della rispettive uve autoctone, la corvina per il Chiaretto di Bardolino (il nuovo disciplinare in corso di approvazione la porterà al 95%) e il groppello per il Valtènesi Chiaretto.

 

Dalla Provenza al Garda, nel segno dell’antica Roma

“In Italia abbiamo una grande tradizione storica, produciamo vino rosato, ma non riconosciamo in questo vino qualcosa di identitario del nostro mondo vinicolo. La Provenza ha costruito il successo dei suoi rosé dicendo che si producono lì da 2000 anni. In effetti, gli ultimi territori conquistati dai Romani furono proprio la Gallia Cisalpina, in cui ricade il Lago di Garda, e la Gallia Transalpina, che comprende la Provenza. E furono i Romani a introdurre il torchio e quindi era possibile produrre soltanto vini rosati visto lo scarso contatto con le bucce. Per questo dobbiamo inaugurare una nuova stagione nel segno di un vero e proprio ‘Orgoglio Rosé’”.

In effetti, la produzione della Provenza detta oggi la tendenza per i rosati: partendo almeno trenta anni fa da vini rustici di colore rosato carico si è orientata sempre più verso vini più chiari, più fini, più di tendenza. Il rosa pallido provenzale è diventato il colore di riferimento apprezzato dai mercati, quello statunitense soprattutto.
Ma le mode non sono stabili e resta fondamentale mantenere la propria identità. “L’Italia è ricchissima di varietà autoctone e di tradizioni nelle diverse regioni e deve prima di tutto conoscere i propri rosati e poi promuoverli”, continua Peretti.

 

I vini in degustazione

La degustazione comincia con due chiaretti del Garda, zona straordinaria per il clima mediterraneo e per i terreni delle colline moreniche ricchi di dolomina – e quindi di magnesio – capaci di trasmettere mineralità al vino.

Chiaretto di Bardolino Doc 2017 – Poggio delle Grazie

Colore rosato dai riflessi violacei. Al naso è immediatamente intenso e fragrante e profuma di mandarino e piccoli frutti rossi ed eucalipto. In bocca mostra equilibrio tra morbidezza e sapidità, con una bella forza minerale. Retrogusto di ribes rossi e agrumi. Ottimo prodotto.

Chiaretto di Bardolino Doc Heaven Scent 2017 – Vigneti Villabella

Colore rosa pallido, viene da uve Corvina (80%) e Rondinella (20%), povere di antociani. Naso elegante in cui prevalgono le note agrumate. In bocca è pieno e sapido e di bella acidità. Il retrogusto richiama i piccoli frutti di bosco e nel finale la bocca si asciuga per il tannino. Medaglia d’oro al Mondial du Rosé 2018, decisamente all’altezza dei migliori provenzali.

 

Il Cerasuolo, testimone d’Abruzzo

Una terra speciale, quella abruzzese, stretta tra il mare Adriatico e le vette dell’Appennino. La richiesta di rosati di colore rosa chiaro, in particolare dagli Stati Uniti, sta spingendo alcuni produttori locali a cambiare un po’ le caratteristiche tradizionali del rosato locale, dal colore cerasuolo intenso. Tuttavia, la salvaguardia del Cerasuolo, patrimonio storico garantito da qualche anno dalla Doc autonoma, resta un must della viticoltura locale. Alla serata era presente Domenico Costantini, produttore della Cantina Costantini di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara.

 

Cerasuolo d’Abruzzo Doc “Colle Maggio” 2017 – Torre Zambra

Colore rosa cerasuolo vivo. Profumo fresco di ciliegia con nota floreale. Personalità elegante e delicata. Al palato è fresco, sapido e di buon corpo, con retrogusto di fragolina di bosco, lampone e amarena. Medaglia d’oro al Mondial du Rosé 2018, è un top della sua categoria.

Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2017 – Cantina Costantini

Il vino si presenta con un colore cerasuolo vivace, brillante. Odore delicato e persistente con sentori di fragola e ciliegia. In bocca è caldo e offre una piacevole freschezza, con un retrogusto tipicamente amarognolo. Vino ben fatto, di impronta classica e senza sbavature, rappresenta molto bene il suo territorio.

 

Castel del Monte, nella terra di Federico

La tipologia rosato del Castel del Monte è ottenuta principalmente da vitigni denominati Bombino Nero ed è l’unica Docg riconosciuta a un rosato.Il Bombino è uva vocata per il rosato: matura tardi e disformemente, con un mix di chicchi rossi e verdi, dando un mix bilanciato tra aromi, colore e acidità. Nell’Alta Murgia si trovano vigneti ad altezze interessanti tra i 350 e i 500 metri. Il Rosato è consumato soprattutto a livello locale e difficilmente esce dai confini della regione. I pugliesi lo abbinano ai salumi piccanti, ai primi piatti con sughi di carne, alla carne di maiale o agnello e ai formaggi ovini stagionati.

 

Castel del Monte Doc Rosato 2017 biologico Vignuolo

Colore brillante con sfumature coralline. Gusto gradevole. Aromi di bacche e note floreali. Versatile, vino da tutto pasto.

Castel del Monte Docg Bombino Nero 2017 Masseria Faraona

Colore cerasuolo. Sentori di fragola di bosco e amarena. Caldo in bocca con finale fresco e persistente.

Castel del Monte Docg Bombino Nero “Veritas” 2017 – Torrevento

Rosa cerasuolo, con profumi di fragola, ciliegia, mora. Gusto fresco e rotondo, ma equilibrato. Finale sapido e persistente. Un rosato elegante e di ottima fattura che bene rappresenta il suo territorio. Vino top, ha vinto l’oro al Mondiale dei rosati di Cannes.

Castel del Monte Bombino Nero Docg Pungirosa 2017 Rivera

Color rosa pallido, profumi di fragoline e lamponi, erbe di campo e note minerali. Vivace e fragrante all’assaggio, di buon corpo, rivela una bellissima acidità e una discreta persistenza sapido-minerale in chiusura. Tra i migliori della sua categoria.

 

Il Negroamaro dal cuore del Salento

Il Negroamaro, con il suo profumo e i suoi aromi, con la sua potenza e la sua eleganza che richiamano il sole, il mare e il vento delle terre dove è allevato, è certamentel’ambasciatore migliore del Salento, una terra ricca e fertile, che si distende tra lo Ionio e l’Adriatico (GnamGlam ha dedicato tempo fa a questo importante vitigno un grande evento a Roma). Nel disciplinare del Salice Salentino si associa alla Malvasia nera, uva che conferisce al vino note fruttate e grande freschezza. 

 

Salice Salentino Rosato Doc “Anticaia” 2017 – Cantina San Donaci

Colore corallo intenso. L’olfatto è ricco, fine ed elegante con un mix di sentori di frutta fresca (fragola, ciliegia, melograno, prugna) di odori floreali di rosa selvatica e di note di rosmarino. Gusto piacevolissimo che si distingue per freschezza, morbidezza e versatilità.

Salice Salentino Rosato Doc “Le Pozzelle” 2017 – Candido Vini

Classico colore corallo. Profumo ricco, ampio, floreale con una persistenza di ciliegia e di fragola. Fresco e dissetante in bocca. Ha una buona densità, abbastanza fine, con un finale amarognolo

 

Per il rosato le previsioni sono… rosee

Concludiamo il racconto dell’ottimo evento della Fisar con una nota di incoraggiamento. Secondo le previsioni del Report di Vinexpo e Iwsr, le vendite di vino rosato sono destinate a crescere, nel periodo 2016-2021, di altre 15 milioni di casse da 9 litri, superando le 250 milioni di casse e sovraperformando il balzo registrato nel quinquennio precedente (2011-2016), quando la crescita fu di 14 milioni di casse. A guidare i consumi, e quindi il business del rosato, saranno i mercati del vino più solidi, come Stati Uniti, Francia, Sudafrica, Danimarca e Australia. Bisognerà lavorare dunque per recuperare orgoglio (e consumi) anche in Italia.