Ricette per comunicare il vino

di Ilaria Donatio

 

Il vino fa bene? Come comunicarlo ai più giovani? Con quale registro – allarmistico, moderato, consapevole, emotivo – mentre l’Europa segue la sua “alcohol strategy” e spinge gli Stati membri all’introduzione delle “etichette shock”?

Se ne è discusso durante il seminario conclusivo del Festival del giornalismo alimentare  insieme al Fede di Decanter, Radio due – Federico Quaranta – ad Attilio Giacosa dell’Osservatorio Nazionale Vino e Salute, a Alberto Cirio, Intergruppo Vino del Parlamento europeo, a Federico Pizzinelli di WineNews e a Fernanda Roggero di Food24.

 

Tanti food blogger: ma del vino chi parla?

Tutti d’accordo sul fatto che “di vino” si parli “molto poco”, ciascuno – dal proprio angolo visuale – ha osservato l’impazzimento che c’è intorno alla comunicazione del cibo: “Tutti si improvvisano food blogger e credono di saperlo fare semplicemente perché mangiano!”, argomenta Roggero. Per sottolineare che non ci sono approfondimenti sul vino e i giornali se ne occupano troppo poco.

E i wine blogger? “Ce ne sono pochi perché lo share quando si parla di vino scende in picchiata”, interviene Federico Quaranta. Che a tale proposito non risparmia un giudizio molto severo: “La comunicazione del vino è defunta e i produttori sperperano quantità industriali di denaro per aprire blog, perché sono alla moda, e per essere sulle guide. Diventano social senza sapere cosa sia Facebook. Tutti vogliono un sito, ma sono antichi”.

 

Venti grammi di vino: tutta salute!

E se Giacosa interviene per dimostrare a tutti gli effetti positivi sull’organismo – chi beve la “dose consigliata” di 20 grammi di vino ha un rischio più basso di contrarre malattie cardiovascolari rispetto a chi è astemio – l’europarlamentare fa il proprio mestiere: “L’Europa deve cercare di proteggere i soggetti deboli e quindi soprattutto i giovani”.

Ma è Federico Pizzinelli di WineNews che rilancia e propone una direzione (e un titolo): “Serve un atto di coraggio per comunicare bene il vino, dovremmo prima di tutto far capire ai giovani che il vino può essere divertente!”.

Per far questo, occorrerebbe svecchiarne i codici, renderli al tempo stesso curati e “pop”, fare una comunicazione per tutti e non solo per alcuni.

 

WineNews: 16 anni di lavoro

La testata per cui lavora Pizzinelli, WineNews, ci prova da alcuni anni: agenzia quotidiana di comunicazione sul mondo del wine & food, è online dal 2000 quando fu fondata da Alessandro Regoli e Irene Chiari e attualmente conta 40.000 utenti registrati. 

“Siamo una squadra di dieci comunicatori del vino e comunichiamo quello che succede quotidianamente nel mondo del vino e ci ruota intorno”, racconta dopo il seminario Federico.

“All’epoca parlare di vino online“, prosegue, “era abbastanza pionieristico e siamo cresciuti così: raccontando il vino in maniera semplice, senza tecnicismi, senza fare critica enologica se non nella parte di recensioni contenuta nella newsletter mensile che si chiama “I quaderni di WineNews“, in cui mettiamo tutti i vini che ci piacciono (poi ci sono anche la newsletter quotidiana e quella settimanale in lingua inglese)”.

 

Vino e linguaggio: parlare semplice e chiaro

Cosa è cambiato negli anni?  Per WineNews, è lo stesso approccio al vino ad essere cambiato: “Se ne beve di meno perché ci sono anche meno occasioni, un pasto è saltato, ma sono arrivati gli aperitivi che hanno dato – negli ultimi anni – un po’ di ossigeno al settore, è arrivato il vino al bicchiere”.

È cambiato anche il modo in cui la “ristorazione si approccia al vino, così come la grande distribuzione (per il cui tramite si vende il 70% del vino) che si è un po’ “enotechizzata”, puntando sui temi classici, come territori e vitigni”.

In definitiva, “il vino di qualità in Italia è un fenomeno relativamente recente: non ha più di 50 anni, con lo scandalo del metanolo nel mezzo”.

Certamente, l’operazione di nobilitazione culturale e di comunicazione del prodotto è servita: ora “è tempo di ripensare un paradigma più semplice” (non banale) che vuol dire targettizzare meglio i messaggi e utilizzare il linguaggio giusto.

Tornare a parlarne come prodotto “pop” e quotidiano, anche nelle scuole, per avvicinare tutti, anche le famiglie.