
Nel cuore della Valle D’Itria – zona collinare al centro della piattissima Puglia, racchiusa tra i comuni di Cisternino, Locorotondo e Martina Franca – a Cisternino, opera il salumificio Santoro. Qui il sapore dei salumi nella fase di stagionatura prende corpo proprio grazie all’aria, che spira dall’Adriatico o dallo Ionio a seconda dei venti.
È la zona in cui sorgono i famosi “trulli” ma è anche quella in cui si conservano i boschi di fragno: “una quercia” si legge sulla sito dell’azienda – “presente solo in quest’area della regione – le cui ghiande sono, da secoli, alimento per suini allevati in libertà”. La filiera prende il nome di “Comunità del Suino della Valle d’Itria”, unione volontaria di imprenditori agricoli e trasformatori dei suini della zona che si propone di promuovere e tutelare gli allevamenti con sistemi di crescita e nutrimento di tipo semibrado.
I prodotti della tradizione tipica della zona, oltre il Capocollo, sono il “salame casereccio”, il “salame a staffa”, la soppressata e la pancetta arrotolota (entrambe nella lista dei “Prodotti agroalimentari tipici italiani”), e il pregiato filetto lardellato.
L’azienda fa parte dei produttori che danno vita all’Associazione del Capocollo di Martina Franca Presidio Slow Food, che tutela questo salume caratteristico della cultura gastronomica del territorio e che lo definisce “un prodotto tipico del luogo di produzione in quanto legato alla naturalità e alle risorse del paesaggio stesso, dal quale trae profumi e aromi che solo le essenze della terra possono conferire”.
Produzione artigianale, espressione dell’antica tradizione norcina locale, da quarant’anni Giuseppe Santoro e Piero Caramia si occupano di salumi. Hanno cominciato dal basso, sin da piccoli come garzoni nelle macellerie dei loro paesi di origine: uno è di Cisternino, l’altro di Martina Franca e hanno unito due tradizioni simili, ma non identiche, traendo il meglio da ognuna.
Il Salumificio Santoro è stato fondato nel 2000 da Giuseppe, come espressione massima del suo desiderio di dedicarsi ai salumi e qualche anno dopo Piero ha deciso di unirsi a lui.
A contribuire alla vita aziendale ci sono i figli di Piero e Giuseppe, che hanno deciso, sin da giovanissimi, di impegnarsi nell’attività di famiglia.
“Tutti i nostri prodotti hanno due caratteristiche che li distinguono”, spiega Angela Santoro che per l’azienda si occupa di relazioni esterne e comunicazione, “la marinatura con vino cotto ricavato da uve Verdeca, e l’affumicatura con erbe e arbusti della macchia mediterranea”.
Angela è sorridente, ha entusiasmo da vendere (accanto alle bontà realizzate dall’azienda di famiglia, s’intende) e insieme alla sorella Micaela, ha impresso all’azienda un nuovo corso, una vera rivoluzione dell’immagine del brand: social, ironico, immediato e dinamico. In una parola, perché no?, anche “femminile”, in un mondo – quello della norcineria – da sempre a prevalenza maschile.
E anche i progetti su cui lavorano parlano la s.tessa lingua: come “Philippe Starck” e “Giorgetto Giugiaro” – entrambi designer a livello internazionale – che danno il nome ai due panini nati dalla collaborazione fra Salumificio Santoro e Trippa – Milano. Li trovate nel truck a Porta Romana, in via Muratori 5.
“La differenza tra un buon prodotto ed un prodotto d’eccellenza sta nelle persone che ogni giorno gli dedicano tempo, passione e amore. Siamo noi le responsabili dei nostri salumi”, ripetono a chi indaga questo cambiamento – non solo di immagine – ma anche del modo di stare sul mercato tradizionale da parte un’azienda del “profondo) Sud che ha saputo rompere gli schemi.
Perché se le due sorelle Santoro sono state brave, ancor prima, ha dimostrato di essere aperto alla trasformazione che ha investito il salumificio, il padre: “In questo nostro padre ci ha supportate tanto. Oggi possiamo dire che le cose sono cambiate, c’è rispetto e attenzione negli approcci lavorativi e ne siamo contente”.
Ed ecco il mantra che Angela ci consegna prima di guidarci in visita per i laboratori dell’azienda: “Fare, saper fare, saper far fare e far sapere”, una frase di Angelo Gaja, grande produttore di vino piemontese.
Anche le Santorine sanno che dal gusto “del pensare diverso e dall’orgoglio del lavoro ben fatto – anche del lavoro fatto con le mani – dipende la “fortuna” di un’impresa e il suo saper stare nel mondo.