I vini di Tornatore, il Cavaliere che spaccava la ‘Montagna’

di Vittorio Ferla

 

“Mi riconoscerà perché sono un po’ robusto”. Scherza così, al telefono, Francesco Tornatore, in vista del nostro appuntamento. “Vediamoci a Linguaglossa, nel bar di Via Roma”.

Tornatore è un uomo bonario e semplice, ha i tratti sinceri e definiti della gente dell’Etna. Ma anche la stoffa di chi è determinato a vincere: la sua è una bella storia di successi imprenditoriali nell’industria elettronica ed elettromeccanica che gli valgono oggi il titolo di Cavaliere del lavoro, nomina che risale al 2000. Nella zona sono in tanti a chiamarlo proprio così: il Cavaliere. Facciamo colazione insieme con caffè e tipici lieviti siciliani e poi raggiungiamo la tenuta che si trova nel comune di Castiglione di Sicilia, in località Verzella.

Castiglione nel cuore
tornatore-masseria“Questo territorio ormai è pieno di produttori di vino, ma l’unico produttore originario di Castiglione sono io”, spiega con orgoglio. “Nell’archivio parrocchiale ci sono notizie della famiglia risalenti al 1650. L’attività della mia famiglia è stata sempre quella agricola: d’altra parte, questa zona è piena di piccoli proprietari terrieri che ricavavano il reddito dalla coltivazione di questi piccoli appezzamenti. Mio padre era un coltivatore diretto: i fondi della nostra azienda a Castiglione erano dedicati principalmente alle nocciole. Il problema – spiega con una battuta – è che i costi di questa attività erano siciliani e i ricavi svizzeri. Noi figli abbiamo studiato, ma non abbiamo mai venduto le nostre terre. Mio fratello era il medico del paese: la sala consiliare del paese è dedicata a lui. Nonostante gli impegni in altre attività, abbiamo continuato a coltivare e ampliare le nostre terre. Poi è venuta la scelta della cantina. Nella quale ho potuto investire grazie al mio lavoro nel settore elettronico ed elettromeccanico”.

Una storia d’impresa e di successi 

francesco-tornatoreFrancesco Tornatore, infatti, è l’amministratore di NTET, Nuove Tecnologie ElettroTelefoniche, azienda leader a livello sia nazionale che europeo nella produzione di componenti per reti telefoniche ed elettriche. Crea la propria azienda dopo 10 anni di esperienza presso un’azienda milanese durante il boom delle reti telefoniche negli anni ’60. All’inizio rifornisce solo la zona orientale della Sicilia, ma nel tempo, grazie alla qualità del servizio e a numerose acquisizioni, l’impresa si espande in tutta Italia. Si specializza nella produzione manifatturiera, focalizzandosi così sulla realizzazione di componenti passivi per reti telefoniche in fibra ottica e manufatti in composito per il settore elettromeccanico e telefonico. Negli anni la sua attività si è allargata con l’acquisizione di marchi del settore elettromeccanico in Lombardia e in Toscana e la costituzione di una sede in Cina, nella provincia dello Zhejiang. Di recente, ha diversificato il business con l’avvio di un’attività di contact-call centers inbound e outbound, con sedi in Sicilia, Puglia e Nord Italia.

Le vigne e il vino: il sogno realizzato

vigne-tornatoreMa tutto questo non bastava. Tornatore ritornava sempre all’Etna. Aveva sempre in mente la sua Castiglione, la sua Montagna, le sua terra. E così ha mantenuto e ampliato anche i poderi di famiglia. “Abbiamo la memoria storica, siamo cresciuti qui, tra vigne, noccioleti e uliveti. Avevamo due palmenti e un oleificio. Dieci anni fa presi 60 ettari da un’asta giudiziaria. Altri 10 li ho acquistati da altri proprietari. Quattro anni fa abbiamo deciso di completare la filiera del vino costruendo la cantina, modernissima, attrezzata con una bottaia, centro logistico dove immagazziniamo tutte le bottiglie. Da due anni vinifichiamo qui, sia in acciaio che in cemento. Mentre l’invecchiamento si fa nelle botti di legno grandi. Abbiamo scelto di puntare soltanto sui vitigni autoctoni: Nerello Mascalese e Carricante, abbiamo anche un ettaro di Catarratto. Approssimativamente il 70% sono rossi e il 30% bianchi, ma facciamo anche il rosato. E nel giro di qualche anno contiamo di arrivare a produrre 400mila bottiglie”.

Un momento felice per l’Etna

barrique-tornatoreTornatore ragiona solo su grandi sfide mentre ci accompagna in visita per la cantina, ricavata sotto la terra lavica, scavando nella roccia, e per gli spazi all’aperto della masseria tipica di pietra nera, capaci di ospitare anche manifestazioni ed eventi per 300 persone.

L’Etna gode di un momento particolare. Ho fatto un paio Vinitaly e ho percepito un cambiamento radicale: la presenza di appassionati del nostro vino è aumentata tanto, ho avuto diverse proposte, l’interesse è enorme. L’Etna è la cosa che si vende meglio tra tutti i vini siciliani. Oggi le bottiglie di produttori come Girolamo Russo, De Grazia e Franchetti sono nei migliori ristoranti in tutto il mondo. Anche noi stiamo cercando di fare un percorso senza scorciatoie verso l’eccellenza. Facciamo vini che hanno il consenso di diversi intenditori”.

Quei vigneti scavati nella roccia

tornatore-cantina2Visitiamo altri fondi, dove il lavoro dell’azienda si rivela in tutta la sua volontà di potenza. Entriamo in un vigneto di 30 ettari che è il risultato di un investimento portentoso e di una grande fatica dell’uomo. “In questa zona era praticamente impossibile coltivare la vite. Era tutta roccia. Abbiamo speso risorse economiche e lavoro per rompere la roccia cercando la terra che pure c’era. In più, abbiamo elevato 4 mila metri quadri di mura a secco che resteranno nel patrimonio della zona. È stata davvero una battaglia dell’uomo con la natura. Per fortuna, grazie alla mia attività imprenditoriale, ho usato per reggere i filari dei pali di composto tecnico (non il legno) che mi permette di ottimizzare e abbattere le spese. Insomma – continua sorridendo – non so se il mio sarà un buon vino, ma ho fatto di sicuro le vigne più belle dell’Etna”. Bisogna credergli, penso io. Saliamo su con il fuoristrada e, a un certo punto, posso vedere dall’alto uno spettacolo davvero inusuale per l’Etna. Non i piccoli terrazzamenti classici, gli anfiteatri naturali di vigne centenarie, tipici di questa montagna. Ma un’opera umana imprevedibile, una distesa di vigne costruite spaccando le colate laviche: quasi una ‘riproduzione’ delle Langhe o della Borgogna. Davvero, qui, l’espressione ‘agricoltura eroica’ può essere usata a proposito.

Un mix di tradizione e modernità
vigne3-tornatore“Ho voluto conciliare tradizione e modernità. Certo, è bello fare tutto alberello etneo. Ma poi? Con quali costi e con quali risultati? La storia dei vigneri è bella – sottolinea con un chiaro riferimento alla viticoltura promossa da Salvo Foti, enologo custode degli antiche metodi di allevamento delle vigne sull’Etna – ma non possiamo soltanto ancorarci alle tradizioni. Qual è la missione di un’azienda? Che deve essere anche profittevole! Certo, anche noi avremo l’alberello di vite tradizionale nelle colline ad anfiteatro – dice Tornatore – ma abbiamo anche voluto rendere più moderno il concetto di viticoltura sull’Etna. Cerchiamo la continuità e un prodotto di qualità ad un prezzo accessibile: non tutti possono avere soldi per il vino. Siamo fortunati, qui la qualità è possibile. Abbiamo otto contrade e il vino che si ricava da ciascuna è differente. Abbiamo un posto ben soleggiato e ventilato. Abbiamo scelto di fare trattamenti molto contenuti, ma non siamo in biologico. Finora tutto l’allevamento è a spalliera, ma dal prossimo anno avremo 5 ettari di alberello”.

I poderi sono siti a 650 metri sul livello del mare e godono di belle escursioni termiche: “non male – spiega il Cavaliere – se si pensa che  una volta i 700 metri erano il massimo, prima che l’aumento delle temperature cambiasse anche i criteri e l’altitudine delle coltivazioni”. Poi, mentre la visita continua, mi indica, proprio nel bel mezzo della vigna, un muro a secco assai antico che nasconde una grotta prodotta da una colata di pietra lavica sotterranea e che è oggi visitabile. Nel podere della contrada Trimarchisa c’è una casa di pietra nera del 1735 e alberelli di Nerello Mascalese vecchi di 40 anni. Di fronte, nella zona di Pietramarina c’è il Nerello Cappuccio: sono, queste, le parti storiche dell’azienda.

Gli ‘stranieri’ e noi
“La mia origine – insiste – è contadina a tutti gli effetti. Non me ne sono mai andato. Ho pensato bene di tornatore-internoinvestire sul territorio appena ho avuto la disponibilità. Come me, c’è anche l’azienda di Girolamo Russo che ha origine a Passopisciaro, una frazione di Castiglione. Questa zona è stata tutta terreno di conquista di persone venute da fuori”. “Stranieri”, Tornatore li chiama così. “Per noi è stato un vantaggio: grazie a loro l’Etna è stato valorizzato e ha ricevuto un grande impulso. Sono molto contento che loro ci abbiano creduto per primi. Ma è pure bello che un imprenditore locale si sia agganciato alla volata. Bene che lo ‘straniero’ abbia investito. Bene che noi li abbiamo seguiti”. Mi mostra nuovamente la valle di vigne ricavata dalla pietra: “questa valle era diventata un porto di mare, un luogo dimenticato e degradato. Qui c’erano pascoli abusivi, veniva praticata la macellazione clandestina, venivano abbandonate le vetture usate. Ora abbiamo bonificato e abbiamo dato lavoro a tanti, valorizzando maestranze locali e non”.

In cammino verso l’eccellenza

vini-tornatorePer la parte enologica, l’azienda si avvale della collaborazione di Vincenzo Bàmbina. Agronomo ed enologo, originario di Alcamo, nella Sicilia occidentale, 20 anni di esperienza in giro per la Sicilia e l’Italia, Bàmbina conosce bene l’agricoltura di montagna per aver seguito importanti cantine in Alto Adige e ha una grande esperienza di bianchi. Insieme con il collega Nicola Centonze, ha conquistato cinque anni fa i Tre Bicchieri del Gambero Rosso con il Kerner ’10 di Manni Noessing, produttore di Bressanone, e con il Vermentino di Gallura Thilibas, dell’azienda Pedres a Olbia. L’indirizzo enologico è chiaro: dalla cantina Tornatore vengono fuori vini puliti e precisi, dall’identità etnea spiccata, esplicitamente ancorati al terroir. In questo momento sei etichette, tutte doc: un Etna rosso di base (leggete la nostra degustazione!) e due rossi cru che prendono il nome delle contrade (Pietrarizzo e Trimarchisa), un Etna rosato (qui lo raccontiamo), un Etna bianco di base (ecco la nostra degustazione) e un bianco cru (Pietrarizzo). Abbiamo già testato le tre etichette di ingresso. E se questo è l’“ingresso”, davvero ci pare riduttivo usare questa espressione.

Tutto sommato, la cantina Tornatore è ancora giovane, ma già vende bene in Germania, nel Regno Unito, in Francia e negli Stati Uniti d’America, da Seattle alla California. Con l’aggiunta di altri 15 ettari raggiungerà il totale di 60 ettari vitati. Ben 40 di questi stanno in un unico appezzamento, cosa ben singolare nel territorio etneo, caratterizzato da un’estrema frammentazione delle proprietà terriere. “La voglia di lavorare duramente, lo spirito imprenditoriale, l’adattabilità, la volontà di migliorare sempre la propria condizione e l’attaccamento al territorio sono i valori – insiste Francesco Tornatore – senza i quali i sogni non si realizzano”. Le sue vigne e i suoi vini sono lì a dimostrarlo.