I vini di Severino Garofano: l'”enologo pioniere” in Puglia

di Ilaria Donatio

Il lavoro svolto da nostro padre è stato enorme, non solo per noi, ma per tutto il territorio, in termini di visione, soprattutto”.

stefano-garofanoA parlare è Stefano Garofano che, insieme alla sorella Renata, oggi, guida l’azienda di famiglia, fondata dal padre nel 1995, rilevando un’antica struttura produttiva a pochi passi da Copertino, nel cuore del Salento occidentale: una vecchia masseria padronale di metà 1800, una cantina di vinificazione, i vigneti (trenta ettari in tutto).

La Masseria – Li Monaci” prende il nome, appunto, dai Monaci provenienti dall’Oriente, i quali avevano organizzato vere attività agricole con i lavori di messa a coltura del terreno e la diffusione della coltivazione di alcune piante, in primo luogo la vite e l’ulivo.

 

Severino Garofano: l’enologo che ha fatto scuola

Severino Garofano ha fatto la storia della viticultura pugliese. Irpino, classe 1935, è l’enologo che, forse più di tutti, ha contribuito al rinnovamento, prima culturale, poi produttivo del Salento, guidando il rilancio del vino di qualità.

Garofano arriva in Puglia da San Potito Ultra, in provincia di Avellino, nel settembre del ’57, in un momento storico particolare, nel corso di una delle crisi cicliche che la viticultura meridionale si è trovata ad affrontare, nel bel mezzo degli scontri tra agricoltori vignaioli e carabinieri.

Stefano e Renata. Li incontro in azienda una mattina di inizio primavera, alcuni mesi fa. Sono giovani imprenditori che hanno fatto un lungo percorso di crescita professionale, con un padre che non avrà certamente risparmiato loro nulla, quanto a sacrifici e fatica nell’imparare il mestiere.

Stefano è “il ragazzo con la valigia”: così lui si definisce. Proviene da studi scientifici, di Chimica, Viticoltura ed Enologia, nel “vano tentativo”, dice, di comprendere appieno i segreti del vino, scoprendo infine che è tutta una “questione di amore e passione”.

Nell’azienda di famiglia, si occupa di Marketing, pubbliche relazioni, contatti con la clientela, italiana ed estera. Studia i mercati e viaggia molto: gli piace sperimentare e trovare nuovi “linguaggi” (sua l’idea di puntare sul Girofle per i cocktail, “di gran moda a New York”). E a giudicare dall’estro delle campagne di comunicazione delle etichette su cui l’azienda ha puntato – #gentesimpotica, “Straziami ma di BRACI saziami” e #vedorosèbevoGirofle – deve esserci anche un suo zampino.

renata-garofanoRenata ha studiato Economia e Commercio e in azienda si occupa tanto dell’area amministrativa quanto delle pubbliche relazioni, Diploma di Sommelier con l’AIS, è Donna del Vino e membro dell’AGIVI, l’Associazione dei Giovani Imprenditori Vitivinicoli.

“Sono cresciuta in una cantina sociale”, dice, “con i profumi e i colori del vino e quando mio padre, dopotante consulenze, ha deciso finalmente di creare un’attività tutta per sé e per la sua famiglia sono stata felice di dedicarmi ad un lavoro così entusiasmante”.

 

Il “signor no” e il suo coraggio 

E infatti, nonostante il primo incarico di Severino Garofano, neo-diplomato, sia quello di responsabile dei vigneti dell’azienda Candido di San Donaci, dopo solo due anni, diventa direttore tecnico della cantina sociale di Copertino, dove rimane per 45 anni: “Ha sempre tratto grande stimolo nelle sfide mentre aveva difficoltà a restare in realtà troppo statiche”, sottolinea Renata. Per questo, aveva molte consulenze, “perché questa gestione del lavoro gli consentiva di godere di una certa libertà di movimento e di azione”.

La sua fama, all’epoca, era talmente “robusta” che Severino Garofano arriva fino in Calabria. E non che l’uomo avesse un carattere facile, a quanto pare!

“Pensa che un articolo di Decanter, negli anni ’80, riportava un’intervista a nostro padre, in cui lui era definito ‘signor no’: la verità è che dire no è una scelta scomoda e indica soprattutto il coraggio di credere nel proprio progetto”. Stefano parla del padre con grande delicatezza e rispetto, ma senza mai rinunciare a una battuta, un pizzico di ironia che lo aiutano a “dargli un confine”: così, da un lato, aiuta l’interlocutore a comprendere meglio la statura dell’uomo, Severino Garofano – andato in pensione sei anni fa ma ancora presente in azienda – mentre dall’altro, rivendica spazio e competenze proprie rispetto al padre.

E infatti sul “signor no”, aggiunge: “Difficile anche per noi figli che, anche quando avevamo ragione, lui non aveva mai torto!”. Ed è ancora così, a quanto pare: “un uomo deciso e visionario che ha ottenuto negli anni numerosi riconoscimenti” (è stato anche presidente Assoenologi – all’epoca, “Enotecnici” – italiani ndr).

“Parliamo di un periodo storico in cui le aziende, qui in Puglia, lavoravano per fare prodotto sfuso”: in questo, Garofano inaugura un nuovo corso, che si sarebbe rivelato, realmente innovativo: “Nostro padre seppe da subito guardare lontano e anche orientare il cambiamento”.

 

L’anno zero dell’azienda Garofano

am_14_vignetoNel 1995, Severino Garofano acquista dal barone Bacile di Castiglione 16 ettari (su 185 ettari totali originari che il barone aveva dismesso negli anni): “Ci consultò prima di fare questo passo, perché pensava che noi figli – da lì a poco tempo – avremmo potuto contribuire all’impresa”.

Così inizia l’avventura dell’azienda Garofano.

Dopo 20 anni, “siamo un’azienda molto giovane che si muove in un territorio altrettanto giovane rispetto al vino, e cerca – in una fase storica di cambiamenti complessivi  – di tracciare una traiettoria che ci possa lanciare per altri 20 anni almeno”, dice Stefano, e “la convinzione” è data dalla ricerca di “valorizzazione della realtà di Copertino” che “ci sta molto a cuore, essendo nati e cresciuti qui”.

Ai 16 ettari di proprietà, si aggiungono poi altri 14 che l’azienda ha in conduzione.

“Il primo vino prodotto è stato il Copertino (la Doc, è nata nel ’76), poi si è aggiunto il Simpotica (Negroamaro e Montepulciano affinato in barrique), dunque, Le Braci (Negroamaro in purezza) e I Censi (Negroamaro, Malvasia Nera). Il primo rosato lo abbiamo prodotto nel ’96 e nel 2005 è nato Girofle (leggi la degustazione!)”.

Le bottiglie Garofano raggiungono quota 170mila: di queste solo il Girofle arriva a 60mila bottiglie (nel 2014), “di queste 60mila l’80% è venduto in Puglia “con una bella quota che l’anno scorso è andata in Nuova Zelanda e a New York”.

L’azienda esporta su quasi tutti i mercati europei i suoi vini da Negroamaro: ben cinque etichette trovano nel vitigno a bacca nera, coltivato quasi esclusivamente in Salento, il loro comune denominatore: il rosato Girofle e i rossi Eloquenzia, I Censi, Simpotica e Le Braci.

Eppure, ricorda Stefano, “negli anni ’90, abbiamo prodotto un Nero di Troia (vitigno molto diffuso nella provincia di Barletta-Andria-Trani), il ‘Sine pari’, e un Aglianico – la cui Doc è consentita nella zona del Vulture, in provincia di Potenza – il ‘Sine die’”.

Chiedo a Stefano di individuare quello che secondo lui ha costituito un ostacolo allo sviluppo vendemmia-severino-garofano-by-lucilla-cumanimprenditoriale vitivinicolo meridionale.

“Il grande insuccesso del Sud”, risponde, “è stato quello del fallimento dell’esperienza della cooperazione, delle cooperative sociali, certamente per l’incapacità di progettazione e per l’approccio ai mercati: che è esattamente, in termini moderni, un fallimento imprenditoriale”.

Certo, oggi “nulla più è come prima”: una decina di anni di successi del vino pugliese sui mercati esteri, il riconoscimento della stampa internazionale e la curiosità del consumatore, hanno portato a “una crescita della qualità in bottiglia”.

Una qualità che ancora supera il prezzo.

Un’eredità ricchissima

Saluto Stefano e Renata e di ritorno, a casa, cerco subito su google “Severino Garofano” con la curiosità di leggere qualcosa che mi parli di loro, attraverso le parole del padre.

Ed ecco, in una bella intervista al “principe del Salento”, alla domanda, “cosa vorresti che i tuoi figli prendessero da te?”, Severino risponde in un modo che corrisponde perfettamente al racconto che mi è stato fatto Stefano e Renata: “Conosco la passione che hanno per la vigna e il vino: questo potrebbe già bastare. Non guasterebbe se facessero loro la buona regola che ho applicato in tutta la mia vita: rimanere sempre a credito con gli altri. Ho avuto un gran beneficio per lo spirito applicando questo povero concetto, perfino all’amicizia. Grossa impresa! Però ti consente di non dover mai abbassare lo sguardo”.

Un’eredità ricchissima.