Dal Frascati al Cesanese: se il Lazio diventa “glam”

di Vittorio Ferla

 

Si sa, il consumo di cibo e vino a Roma, almeno fino a pochi anni fa, non è mai stato tarato su alti standard di qualità.

Da una parte, il turismo dei pellegrini:una categoria di visitatori mossa da motivazioni religiose, etiche e spirituali che non vengono certo nella capitale per degustare pietanze sofisticate né vini squisiti, ma si accontentano di pasti frugali.

Dall’altra, molti immigrati che arrivano a Roma – soprattutto dal sud – per lavorare nella funzione pubblica, ingrossando le fila delle amministrazioni centrali: persone con gusti precisi e localistici, legati alle regioni di provenienza, scarsamente attratti dai prodotti tipici del Lazio.

Forse – aggiungiamo noi – una non coltivata relazione dei residenti con il cibo e il vino di qualità; almeno non al livello di altre regioni limitrofe come la Toscana e la Campania.

E così la struttura della domanda di cibo e vino a Roma è stata sempre vincolata a livelli di qualità bassi. Un fattore che ha molto limitato il mercato locale, schiacciandolo su prodotti modesti.

Molti produttori si sono sostanzialmente adeguati a questo contesto. Molti altri, attenti alla qualità, hanno fatto fatica a esprimersi e a imporsi, dovendo cercare fortuna in altre regioni italiane. Il Cesanese, per esempio: vino di grandi potenzialità, caratteristico di un territorio che si estende tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, ancora fino a cinque anni fa trovava più mercato a Milano che nella capitale.

Di queste cose ha parlato Alessandro Brizi, giornalista enogastronomico e delegato romano dell’Onav, guidando la degustazione di una batteria di etichette del Lazio svoltasi alla fine di giugno a Villa Tavernucole, splendida sede sita sulla Tiburtina, tra Roma e Tivoli.

L’evento – promosso da Manuele Petri dell’Onav Roma Est e dalle Donne del vino del Lazio (presenti la delegata regionale Manuela Zennaro e la vicedelegata Floriana Risuglia) – è stata un’ottima occasione per comprendere i passi avanti compiuti in questi anni dalle cantine laziali: non più soltanto le potenzialità di un territorio in cammino, ma anche ormai i risultati consolidati di vini di livello, all’altezza dei distretti vitivinicoli italiani più famosi.

Testimonial di questa new wave del vino del Lazio un gruppo di donne appassionate e determinate: da Serena Scarpel a Pina Terenzi, da Alessia Consoli a Titti Giovannoni e a Carla Trimani.

Ecco che cosa è emerso dagli assaggi.

1- Omina Romana, Lazio Igp Bianco Hermes Diactoros II 2019 (Viognier, Petit Manseng, Chardonnay)

Lo Chardonnay regala corpo, il Viognier aromi, il Petit Manseng morbidezza. Al naso arriva un approccio dolce di pesche, pere e frutti tropicali, di fiori di acacia e di mimosa. Gusto coerente con l’olfatto. Vino goloso, fresco e vellutato che fa tesoro dei microelementi del territorio vulcanico dove sono allevate le uve.

2- Casale Vallechiesa, Frascati Superiore Docg Heredio 2019 (Malvasia puntinata, Malvasia di Candia, Greco, Bombino)

Molto forte la nota floreale. Vino mediterraneo e solare: sa di agrumi e di nespole. Freschezza tagliente in bocca. Un tempo il Frascati era scaduto a vino facile, ma qui riconquista la sua nobiltà preziosa.

3- Poggio Le Volpi, Frascati Superiore Docg Riserva Epos 2017 (Malvasia di Candia, Malvasia Puntinata, Trebbiano)

Il naso percepisce note più penetranti di tufo e sfumature sulfuree. La bocca è piena e rotonda. Un rosso travestito da bianco: così si dice talvolta del Frascati superiore. Ottimo in abbinamento con l’agnello.

4- Terenzi, Cesanese del Piglio Superiore Docg Colle Forma 2017 (Cesanese)

Il Cesanese è un’uva ostica che genera vini tannici e spigolosi. Più matura e meno è astringente. Questo campione ha un naso speziato, caratterizzato da una leggiadria di fiori e di frutta. In bocca è succoso e giovane, segnato dall’acidità più che dal tannino. Presenta caratteristiche di finezza che richiamano il Pinot Nero. Ottimo esemplare delle potenzialità di finezza ed eleganza del Cesanese.

5- Casale della Ioria, Cesanese del Piglio Superiore Docg Riserva 2017 (Cesanese)

Questa riserva vira verso una interpretazione di Cesanese più muscolare e sensuale. Forte la componente speziata dell’olfatto con profumi di frutta scura matura o, addirittura, sciroppata, con note di cioccolato e di caffè. Ampio e voluminoso in bocca, ma con una grande freschezza. Ottimo esemplare di Cesanese ricco e rotondo.

6- Consoli Cesanese di Olevano Romano Doc Alma Mater 2012 (Cesanese)

Naso di frutta matura di bosco, con note erbacee e balsamiche e sfumature terziarie. Bocca piena, avvolgente e morbida per il lungo affinamento. Vino potente e glicerico, in cerca di equilibrio.

7- Capizucchi, Roma Doc Mater Divini Amoris 2017 (Montepulciano, Cabernet Sauvignon)

Il territorio è quello intorno al Santuario del Divino Amore di Roma. Sembra un paradosso ma qui non c’è una grande tradizione vitivinicola precedente: per questo alla cantina va riconosciuta l’iniziativa pionieristica, quasi di scoperta di una zona inesplorata. Naso di mora, arancia sanguinella, macchia mediterranea. In bocca è sferico e vellutato, con una bella gestione dei tannini e un bel guizzo di acidità.

8- Colacicchi, Lazio Igt Romagnano 2014 (Cesanese, Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot)

Taglio di ispirazione bordolese in una realtà – quella di Anagni – caratterizzata da un clima molto caldo. Una sorta di “SuperLazio” con profumi e aromi complessi: frutta rossa e nera matura con sfumature di arancia sanguinella e ricchezza di note tostate. Al palato è compatto, grasso, materico e quasi masticabile, pur conservando una buona acidità.