Vitigni d’Italia: l’Amarone

di Marco Nocella

L’Amarone della Valpolicella è un vino rosso che si ricava dall’appassimento delle uve sui cosiddetti graticci per un periodo variabile fra i trenta e i novanta giorni e viene poi invecchiato in botti di rovere e successivamente in barrique. Tutto ciò conferisce all’Amarone caratteristiche organolettiche particolari, un’elevata gradazione alcolica, minimo 14°, che lo rendono uno dei vini italiani con maggior struttura e potenza. Ha un colore rosso rubino, talvolta tendente al granata, con i suoi profumi incredibilmente complessi: fiori, frutta matura rossa e nera, spezie.

È il più originale dei grandi rossi italiani per la tecnica produttiva dell’appassimento delle uve che interpreta il suo territorio, la Valpolicella, e i suoi vitigni autoctoni Corvina, Rondinella e Molinara in primis, ma anche Corvinone e Oseleta e altri vitigni secondari consentiti dal disciplinare. Deriva dal vino Retico, l’attuale Valpolicella, che secondo Virgilio era inferiore solo al celebre Falerno ed ha parentela anche con l’Acinatico (antenato del Recioto), un vino rosso dolce descritto da Cassiodoro, il ministro del re ostrogoto Teodorico, nel VI secolo.

La zona di produzione comprende Verona e diciotto comuni della zona settentrionale della sua provincia: Cazzano di Tramiglia, Cerro Veronese, Colognola ai Colli, Dolcè, Fumane, Grezzana, Illasi, Lavagno, Marano, Mezzane, Montecchia di Crosara, Negrar, Pescantina, Sant’Ambrogio, San Martino Buon Albergo, San Mauro di Saline, San Pietro in Cairano, Tregnago.

Quando ho frequentato il corso sommelier mi affascinavano i riferimenti storici e geografici relativi al mondo del vino e soprattutto gli aneddoti e le leggende. Si racconta che l’Amarone sia nato per caso, per un errore fortunato: nel 1936 Adelino Lucchese, capo della Cantina sociale della Valpolicella, si accorse che era stata dimenticata una botte di Recioto, un vino passito dolce, e all’assaggio esclamò: “L’è Amarun!” (Questo non è un Amaro, è un Amarone!). Secondo altre cantine la nascita dell’Amarone risale alla Seconda Guerra Mondiale quando i tedeschi saccheggiavano le campagne del veronese alla ricerca di provviste e i contadini, stufi dei continui furti, si organizzarono per nascondere cibo e vino per sfuggire alle continue razzie. Così è capitato che qualche botte di Recioto sia stata dimenticata o non sia stato possibile controllarne la fermentazione che è proseguita naturalmente.

Quale che sia stata la verita, l’Amarone è nato come Recioto scapà, ovvero un vino che ha portato a termine la sua fermentazione che è scappata di mano al produttore trasformando tutti gli zuccheri in alcol. Il nome Amarone nasce nel 1938 quando la Cantina sociale della Valpolicella ha messo in commercio i primi fiaschi di Recioto scapà con la nuova denominazione; ma il lancio effettivo del Recioto Amarone della Valpolicella,come allora si chiamava, con una operazione di marketing adeguata e coerente, fu attuato dopo la fine del secondo conflitto mondiale ad opera della Cantina Bolla.

La storia dell’Amarone è particolare anche perché i produttori lo avevano disponibile da secoli ma non ne avevano capito le potenzialità. Anche i consumatori hanno atteso la fine del secondo millennio prima di apprezzare le grandi potenzialità di uno dei più grandi rossi italiani. Nato come Recioto Amarone della Valpolicella, ha fatto parte della DOC Valpolicella fino al 2010 quando è stata istituita la DOCG Amarone della Valpolicella.

Bibliografia e sitografia:
L’Enciclopedia del Vino – Boroli Editore, Milano 2011
https://www.monteci.it/it/monteci/news/amarone-il-segreto-di-un-recioto-amaro-nato-per-errore/