Il “miracolo” dei vini siriani

di Alessandra Bassi

 

Ho avuto l’onore, al Merano Wine Festival, di conoscere e degustare i vini della famiglia Saadé.

Vignaioli dal 1960 sono riusciti a tornare a produrre vino, riportando in vita una tradizione siriana antica, quasi scomparsa durante il dominio musulmano. Il loro è il primo progetto siriano per la rinascita del vino di qualità. Dal 2003 hanno piantato viti alle pendici dei monti  Al-Ansariyah, nel Nord-Ovest del Paese. Tre anni dopo, la prima vendemmia. Con l’aiuto di  Stéphane Derenoncourt, il consulente francese che lavora per importanti cantine a Bordeaux, per Francis Ford Coppola nella Napa Valley e per Tenuta Argentiera a Bolgheri, Toscana.

“Durante la stagione della maturazione, quando sono in Libano, le uve provenienti dalla Siria arrivano in taxi”. Ogni due o tre giorni viene organizzato un viaggio in Libano per portare i campioni delle uve, conservate grazie al ghiaccio, all’enologo e alla sua squadra di tecnici.

Una cantina da 600 mila bottiglie l’anno

L’azienda non è stata presa di mira durante gli ultimi due anni del conflitto ha, oggi, 60 operai stagionali, assieme ai 15 dipendenti fissi nella tenuta di 20 ettari. La vendemmia è prevista tra ottobre e novembre. Nonostante tutto gli investimenti non si fermano: verranno piantati nuovi vigneti. “Il vino ci ha legato a questa terra – spiega Karim Saadé – non possiamo fare i bagagli e chiudere tutto”.

Il cuore di Château Bargylus è una cantina da 600 mila bottiglie l’anno, le uve sono Cabernet Sauvignon, Syrah e Merlot per i rossi, Chardonnay e Sauvignon per i bianchi. La famiglia Saadé ha origini greco ortodosse. Sia i bianchi che i rossi si attestano sui 14 gradi. Degustando i rossi troveremo profumi mediterranei, soprattutto cedro e eucalipto; mentre i bianchi sono freschi, fruttati e salini.

I fratelli Saadé sostengono che se anche avessero avuto il sospetto, dieci anni fa, di quello che sarebbe successo in Siria, sarebbero tornati lo stesso per impiantare vigneti. Una tenacia degna del sonetto al vino, un tempo cantato “dall’arabo e dal persiano”, da Jorge Luis Borges nel Sonetto al vino: “Nella notte del giubilo e nell’infausto giorno \ esalta l’allegria o attenua la paura \ e questo ditirambo nuovo che oggi gli canto\  lo intonarono un giorno l’arabo e il persiano”.