Carso-Kras: qualità e varietà per la Doc transfrontaliera

di Stefano Sequino

Terre rosse, spesso sistemate su pastini, antichi terrazzamenti che si avvicendano a rilievi, rocce affioranti e doline tra Trieste e Gorizia, così come a grotte e caverne profonde che divorano l’acqua piovana per non restituirla più.

È il Carso, luogo di vigneti e di vini da oltre due millenni, raccontato nella Historia Naturalis di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) dove, su colline sassose non lontane dal picco Turkove škulje, sorgente del fiume Timavo, già all’epoca si otteneva vino.

I vini, da uve a bacca bianca e nera, sono tutelati in Italia dalla DOC (Denominazione di Origine Controllata) “Carso” o “Carso-Kras” benché il territorio, vitato e non solo, attraversi i confini con la Slovenia e l’Istria occidentale per unire sotto il profilo della biodiversità varietale, delle tradizioni e dei metodi di vinificazione fino alle peculiarità organolettiche dei vini carsici.

 

Molta roccia e poca terra

I suoli, argillosi o limoso-argillosi, per questo di colore rosso, ricoprono spesso solo di pochi centimetri il substrato calcareo che man mano degrada, riempiono le fratture rocciose su pendenze che sul ciglione carsico, ma soprattutto nella fascia costiera, raggiungono il 50%, tanto da richiedere muri di contenimento in blocchi di arenaria.

Si tratta di vigneti irregolari, condizionati dai terrazzamenti, che trovano spazio tra i rilievi e le doline, avallamenti tipici delle aree montane e del Vallone Goriziano che, a ciotola o ad imbuto, caratterizzano il paesaggio carsico.

Condizioni orografiche diverse, tra l’altro mutevoli, dove l’esposizione e la pendenza dei versanti contribuiscono a diversificare fortemente la situazione micro-climatica, anche se lungo la fascia costiera si ritrovano delle temperature mediamente più miti rispetto al ciglione settentrionale. Un’area caratterizzata tra l’altro dalla carenza d’acqua nella quale, accanto alla modesta profondità dei suoli carsici ed alla spinta permeabilità del substrato roccioso, la bora, il forte vento che soffia con direzione nord/nord-est, contribuisce ulteriormente, nel periodo invernale, al prosciugamento del terreno.

Non a caso, è la vite la coltivazione più diffusa, soprattutto nella parte medio-settentrionale dell’altopiano carsico.

 

Il Terrano, vino da terre rosse

La DOC “Carso-Kras” prevede, su soli 650 ettari di vigneto ritagliato nell’altopiano carsico, tredici tipologie di vini, sette bianchi e sei rossi e tra questi, il Glera, la Malvasia istriana, la Vitovska grganja e il Terrano, sono autoctoni dell’area carsica-slovena-istriana.

Il Terrano è di fatto un Refosco (non a caso anche detto “Refosco del Carso”), da non confondere con il Refosco dal Peduncolo Rosso, vitigno che caratterizza i Colli Orientali del Friuli, in provincia di Udine, il Friuli Grave ed i vigneti lungo il fiume Isonzo, in provincia di Gorizia, ma non il Carso.

Un vitigno con buona vigoria, una produzione abbondante e piuttosto costante, dalle uve Terrano si ottiene un vino caratterizzato da un colore rubino intenso, talvolta violaceo, e da una forte identità varietale, un profumo che ricorda i frutti di bosco e una marcata acidità.

Il disciplinare di produzione della DOC Carso-Kras prevede tra l’altro, solo per i vini Terrano, la specificazione “Classico”, ottenuti nella zona di origine più antica delimitata dai Comuni di Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino e Sgonico, tutti in provincia di Trieste. Tra l’altro, i vini Carso-Kras Terrano Classico (così come le Riserve) devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno 24 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno, e 5 mesi di affinamento in bottiglia.

Il Terrano è il Carso, strettamente legato al territorio, che tra l’altro si può degustare anche nelle osmize, antichi punti di ristoro, vero e proprio patrimonio storico e culturale locale. Un’indicazione ed un ramo d’edera (frasca) sulle strade ed in prossimità delle abitazioni interessate indicano l’apertura dell’osmiza, luoghi semplici e familiari dove il Terrano, così come gli altri vini del Carso, si accompagnano tra l’altro ai formaggi locali, al prosciutto stagionato, uova sode e sottaceti.

 

Qualità oltreconfine

L’altopiano carsico è separato dal crinale del monte Kolovrat, teatro della Prima Guerra Mondiale, benché la sua linea ideale, che segna il confine tra Italia e Slovenia, sia scavalcata dall’orografia del territorio, così come dalla sua antica vocazione viticola.

Effettivamente il Terrano è un vitigno carsico, che caratterizza la viticoltura a partire dall’estremità orientale della provincia di Gorizia, prosegue lungo il crinale che include la provincia di Trieste, fino al Carso sloveno e a seguire all’Istria croata. E proprio per rilanciare l’identità unitaria del Carso al di là dei confini politici, e delineare così un unico progetto di promozione del territorio, è in discussione il riconoscimento di una DOC transfrontaliera che mette al centro il vino Terrano, effettivamente senza confini.

Uno strumento, quello della DOC oltreconfine, che consentirebbe tra l’altro di scongiurare un rischio Tocai (diventato Friulano a favore del Tokaji ungherese) anche per il Terrano, dato che la Slovenia ha fatto valere la propria DOP “Teran” rivendicando quindi la paternità – tra l’altro contesa con l’Istria croata, anch’essa terra di produzione vitivinicola – del Terrano del Carso (Kraški Teran).