
Superare un momento di “rallentamento, di appannamento”, come lo ha descritto Ettore Nicoletto, AD del gruppo Santa Margherita, creare valore presidiando e incrementando la presenza sui mercati esteri ma soprattutto affrontando e vincendo la vera sfida, quella di crescere sul mercato italiano costruendo una identità precisa.
Il Pinot Grigio delle Venezie Doc si prepara ad affrontare un anno di grandi impegni e grandi responsabilità, prima tra tutte quella di stabilire concretamente lo stile italiano del Pinot Grigio.
Il Consorzio, nato nel 2017 dopo il riconoscimento della nuova Doc interregionale avvenuto nel 2016, oggi raduna 324 soci e tutela un patrimonio da 200 milioni di bottiglie, 26.456 ettari di vigne tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e provincia autonoma di Trento e 1.700.000 ettolitri prodotti.
Un patrimonio da 200 milioni di bottiglie
È il primo consorzio italiano per estensione territoriale e tutela una delle estensioni vitate maggiori in Europa per singola varietà: il Pinot Grigio delle Venezie Doc rappresenta il 45% della produzione mondiale di Pinot Grigio e l’85% di quella italiana.
Il 14 ottobre a Venezia si è tenuto il primo convegno nazionale sulla denominazione, “Identità, Valorizzazione e Tutela”. Un convegno dedicato ai valori del Pinot Grigio del Triveneto alla presenza di Albino Armani, presidente del Consorzio, e coordinato da Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere.
Tra i partecipanti, alcuni noti esperti provenienti dai principali mercati stranieri di riferimento, tra cui Emma Dawson MW (buyer Berkmann Wine Cellars, Londra), per il mercato inglese, Christy Canterbury MW (giornalista di New York), per il mercato americano. Tra le testimonianze italiane, Ettore Nicoletto (AD Gruppo Santa Margherita), Sandro Sartor (MD Constellation Brands Europe, Middle East, Africa and Ruffino), Alberto Marchisio (DG Cantine Vitevis), Flavio Innocenzi (DC Veronafiere) .
Oggi il Consorzio punta in primo luogo a dare al Pinot Grigio delle Venezie Doc “una forte identità territoriale legata alla storia di questo vitigno” e quindi punta ad accrescere la presenza, la comunicazione e la conoscenza di questo vino sul mercato italiano, visto cha ad oggi la quasi totalità del prodotto Doc viene venduta oltre confine. In particolare, negli Stati Uniti con il 37% delle quote export, a seguire, Gran Bretagna con il 27% e Germania, il 10%.
Garantire la qualità del prodotto
Il grande lavoro di comunicazione si affianca a quello sulla qualità del prodotto: oltre 50 commissioni d’assaggio mensili hanno lo scopo di testare qualitativamente i vini tramite l’analisi sensoriale e selezionare soltanto i prodotti che al meglio rappresentano i canoni della denominazione espressi nel disciplinare di produzione.
La definizione di una identità dello stile italiano del Pinot Grigio delle Venezie Doc, spiega Albino Armani, passa attraverso il lavoro delle commissioni di assaggio che ne stanno precisando profumi, gusto e colore. “Ci sono dei luoghi in cui il Pinot grigio si esprime meglio e il clima è uno degli aspetti che generano un Ph accettabile, una acidità accettabile, un volume in bocca accettabile, tutti elementi che definiscono chiaramente il Pinot Grigio italiano. All’interno di una macroarea come il Triveneto stiamo definendo i descrittori comuni: non possiamo fare un Pinot Grigio moscateggiante, a 4,50 di Ph, con 3,5 di acidità, anche se al consumatore americano piace. Questo non è lo stile del nostro Pinot Grigio”.
Ad oggi, spiega Armani, al secondo mandato alla guida del Consorzio, “ettari e produzione sono in forte crescita sul territorio, come anche il numero di bottiglie prodotte. Ma noi vogliamo mantenere un grande equilibrio tra domanda e offerta per perseguire il valore della denominazione”.
Giusto prezzo e identità territoriale
Un valore che si basa anche sul giusto prezzo delle uve, stabilito “grazie ad accordi di filiera per assicurare agli agricoltori un reddito giusto”, precisa l’assessore alla Agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan, secondo cui “controllare gli attori e il quantitativo delle uve conferite è indispensabile: serve un controllo totale per equilibrare bene i prezzi, che parta dalla campagna e arrivi nella cantina e nella cooperativa. La Regione non ha intenzione di fare il vigile, ma vuole fare tutto il necessario per mantenere il sistema in equilibrio”.
“La sfida che i produttori devono affrontare è quella di arrivare a costituire – conclude Pan – un’identità del prodotto collegata ad un territorio molto vasto. In questo il ruolo del Consorzio di Tutela guidato da Albino Armani è fondamentale perché deve essere il luogo dove trovano sintesi le aspettative, le proposte, le valutazioni del sistema produttivo che compone la Denominazione”.
I target di consumo
E, nel lavoro in corso per dare al Pinot Grigio delle Venezia Doc una identità precisa, ci sono anche da stabilire con precisione i target di consumo.
Il quadro fatto da Emma Dawson e Christy Canterbury (entrambe Master of Wine) sul mercato inglese e su quello statunitense è chiaro: “c’è stanchezza in Usa e Uk sui vini bianchi fermi – ha commentato Nicoletto – crescono solo le bollicine e vanno intercettate nuove fasce di consumatori. Oggi, la concorrenza al Pinot Grigio italiano non arriva solo dal Pinot Gris, ma anche dalle bollicine del Prosecco e dai Rosati della Provenza. E si deve stare attenti anche alle occasioni di consumo, al fattore dell’abbinabilità al cibi e allo sguardo del consumatore, sempre più attento alla sostenibilità ambientale”.
Di fatto, dalla relazione sul mercato americano emerge chiaramente che il Pinot Grigio delle Venezia Doc deve puntare, oltre che sul posizionamento ad una fascia di prezzo media, tra gli 11 e i 25 euro, anche sulla propria identità territoriale, raccontando la propria storia che lo rende unico, curando estremamente il packaging e magari anche andando sul mercato con formati magnum che lo rendano competitivo.
E se gli americani “vogliono un lusso accessibile”, ma già sono consumatori di Pinot Grigio italiano, il mercato inglese invece sembra essere di più difficile conquista. Gli inglesi, spiega Emma Dawson, vogliono anch’essi un vino che racconti la propria storia, che sia attento alla sostenibilità ambientale e possibilmente organico, ma non sono disposti a pagarlo più di 5-6 euro a bottiglia.