Oliva Itrana: una storia di successo

di Stefano Sequino

Gli oliveti delle colline pontine, in provincia di Latina, cedono spesso il passo alla macchia mediterranea e boschi misti di leccio e possono raccontare una loro storia, strettamente legata alla tradizione e alla tipicità del territorio pontino.

 

Olive di Gaeta: motore di sviluppo

Una storia antica, con testimonianze che, fin dai tempi dell’antica Grecia, raccontano della coltivazione dell’olivo, passata anche per la bonifica delle zone paludose e per il recupero del territorio e del paesaggio olivetato circondato dai monti Lepini, Ausoni e Aurunci.
E altrettanto antica è la varietà Itrana, cultivar d’olivo detta anche Oliva di Gaeta che si è diffusa anche ad Itri, Formia e quindi a tutta la zona collinare e montuosa della provincia pontina dove da sola rappresenta più o meno il 70% delle piante coltivate e che ha condizionato (e continua ancora oggi a condizionare) lo sviluppo del territorio e dell’economia locale.

 

Quelle olive rosse dell’Eneide

E prima ancora che oliva da olio, l’Itrana è apprezzata per la produzione di olive da mensa, destinate alla salamoia secondo il tradizionale sistema detto appunto alla Itrana: una naturale fermentazione lattica e l’aggiunta (dopo 15-30 giorni) di sale da cucina al liquido di governo che, dopo una conservazione di 5-6
mesi, darà olive di colore rosso vinoso. Si tratta di un cultivar, descritto già da Virgilio nell’Eneide, che ha raggiunto la sua massima diffusione nel 1400 grazie ai trasporti via mare che, dal Ducato di Gaeta, ne consentivano il commercio in tutto il Mediterraneo.

 

 

L’olio delle Colline Pontine Dop

Olive ma anche olio. L’Itrana è infatti una cultivar che oggi caratterizza anche la produzione di olio extravergine di oliva Colline Pontine” Dop (Denominazione di origine protetta), un olio dal caratteristico fruttato erbaceo più o meno intenso, con una equilibrata percezione dell’amaro e del piccante e un sentore altrettanto caratteristico di pomodoro verde che, da disciplinare di produzione, deve essere ottenuto dalla molitura di oliva Itrana almeno per il 50% e fino al 100%, a volte accompagnata (per un contributo massimo del 50%) dalle varietà Frantoio e Leccino.

Tra l’altro, anche a livello di processo di produzione, il disciplinare (oltre a delimitare la zona di raccolta, di molitura e d’imbottigliamento) stabilisce che le olive (al massimo 100 kg per pianta di olivo) debbano essere molite entro 48 ore dalla raccolta in modo da tutelare la massima qualità dell’olio extravergine certificato.

 

Anche una storia di biodiversità 

Una storia fatta anche di soddisfazioni e grandi riconoscimenti, tra gli ultimi quelli riscossi in occasione del XXIII edizione del Concorso regionale per i migliori oli extravergine di oliva del LazioOrii del Lazio – Capolavori del Gusto” che si è tenuto in Piazza di Pietra a Roma, il 12 marzo scorso, così come i premi ottenuti, a livello internazionale, anche alla 14a edizione del Sol d’Oro, il concorso oleario in blind tasting più importante al mondo, organizzato a Verona come anteprima di Sol&Agrifood, la rassegna dell’agroalimentare di qualità che si è tenuta dal 10 al 13 aprile 2016 insieme al Vinitaly.

Parte da lontano l’oliva Itrana. E la sua trasformazione in olive in salamoia e olio extravergine d’oliva passa per la valorizzazione del territorio, del paesaggio e dell’economia rurale: un esempio (tra i tanti) di tutela di una biodiversità, anche sensoriale, che rischia altrimenti di perdersi.