Maggio Vini: territorio e biodiversità per il Cerasuolo di Vittoria

Vittorio Ferla

 

L’azienda agricola di Massimo Maggio sorge nel cuore di un territorio unico, in provincia di Ragusa. Questa è la patria del Cerasuolo di Vittoria, unica docg della Sicilia. Secondo la leggenda il fiume Dirillo, che scorre al centro di queste valli, fu il primo approdo di Enea in Europa. Ma qui le viti si coltivavano già, sin dalla fondazione di Kamarina da parte dei siracusani: nel parco archeologico a due passi dall’azienda Maggio, monete e anfore vinarie portano ancor oggi le tracce dell’antica storia vitivinicola di questo territorio.

 

Nel segno della biodiversità

“L’azienda Maggio esiste da più di 50 anni. La famiglia ha una tradizione nella viticoltura. A partire dagli anni ’90 c’è una svolta verso l’agricoltura biologica. Certo, il biologico è molto impegnativo, specie per i cavilli burocratici. Ma ormai ispira completamente la filosofia dell’azienda. Siamo appassionati della biodiversità. Qui non ci sono solo viti, ma anche agrumi, ulivi e grano. Trasformiamo tutti i prodotti di questa terra per produrre olio, marmellate di arance e di limoni con zucchero d’uva, pasta di grano duro, salsa di pomodoro, miele di timo e arancio. Tutto biologico. Siamo molto cercati all’estero dove c’è un’altra mentalità. In Cina non riconoscono i parametri europei e così hanno mandato qui un loro certificatore: siamo in 36 aziende nel mondo”. A parlare è Gianluca Lombardo, assaggiatore Onav, sommelier Fisar, da 15 anni nel mondo del vino. Da 12 anni in azienda, è responsabile commerciale di Maggio Vini.

 

Una terra di sabbie rosse

“I nostri vigneti – spiega – si trovano tra Comiso, Vittoria e Acate: è la zona del Cerasuolo di Vittoria classico, dove è possibile trovare diversi piccoli palmenti delle vecchie famiglie contadine. Da qui si vede l’Etna. Le due contrade che danno il nome ai nostri cru sono Pettineo e Santa Teresa. Sono terreni particolari, ricchi di alberi di carrubbo, composti da sabbie rosse che contengono ferro e rilasciano mineralità ai vini: zona vocata per i rossi, che risultano eleganti e poco alcolici. I bianchi, invece, non trovano altimetrie importanti, né escursioni termiche adeguate. Cerchiamo pertanto di realizzare dei buoni prodotti sfruttando l’allevamento a guyot che ci garantisce una maggiore acidità”.

 

Nelle vigne di Pettineo

Con Gianluca visitiamo i vigneti siti nella contrada Pettineo. “Pettineo era un piccolo borgo contadino. Fino agli anni ‘60 – racconta Gianluca – gli agricoltori vivevano qui a stretto contatto con le proprie vigne ed erano organizzati con cantine comuni. Noi abbiamo recuperato il borgo e offriamo ospitalità. Vigna di Pettineo è il cuore del progetto biologico dell’azienda e il nostro cru: ricopre un’estensione totale di 25 ettari, 20 dei quali riservati ai vigneti. Qui coltiviamo Nero d’Avola e Frappato con l’antico sistema ad alberello. Con questo antico sistema di allevamento possiamo garantire una grande concentrazione polifenolica e le rese basse come da disciplinare”.

La prima cosa che colpisce è, in effetti, il colore delle terre. Rosse. Calde. Intense. “Questi terreni – dice Gianluca – hanno uno strato superficiale di 40-100 centimetri di sabbia rossa appoggiato su una base calcarea che è fondamentale per garantire il costante equilibrio idrico delle piante, condizioni che danno carattere e peculiarità ai vini che si producono”. Siamo a 20 chilometri dal mare. “La brezza marina entra tra i filari e asciuga l’umidità”, ricorda Gianluca.

 

Un sistema biologico coerente

I vigneti sono coltivati esclusivamente con il metodo di agricoltura biologica creando, in maniera naturale, un sistema di biodiversità.

“Il rispetto della natura è massimo. Per fronteggiare le tignolette – spiega Gianluca – usiamo la confusione sessuale: immettiamo ferormoni, così gli insetti non si riconoscono e vanno via. Con il favino tra i filari captiamo l’azoto che dà forza alla pianta. L’inerbimento perenne stimola la pianta, la tiene sveglia e crea l’autodifesa. Facciamo l’irrigazione sotto terra con il metodo a goccia. Usiamo meno zolfo e rame possibile. Abbiamo creato un ‘hotspot’ di insetti e di uccelli che mangiano altri insetti. Gli alberi da frutto servono per i rapaci e la volpe è libera per cacciare i conigli. I tranci delle viti restano tra i filari e vengono riutilizzati”.

Il sistema delle vigne è completato dai pannelli che coprono il fabbisogno energetico utilizzando l’acqua piovana della diga di Licodia Eubea.

 

La Villa Maggio, architettura dell’olio e del vino

La tappa successiva è nella contrada Santa Teresa dove sorge la Villa Maggio, una villa a corte chiusa, tipicamente ragusana, elevata nel 1697. Davvero una perla di architettura e di storia.

Qui si faceva tutto: l’olio, il vino, il sapone e l’olio lampante. Gianluca Lombardo ci guida tra i vari ambienti. L’antico granaio che ora è diventato un punto vendita del vino e spazio per le degustazioni. Il frantoio dove gli animali facevano girare la ruota di pietra per realizzare la pasta di olive. Le vasche dove si versava l’uva pestata. La fornace di rame per realizzare l’‘ambrato’ di Comiso, un vino da dessert che oggi non si fa più. Le canalette che trasportavano il vino nelle botti. La feritoia dalla quale il padrone di casa poteva usare la lupara contro gli ospiti indesiderati. Le colonne tipiche dell’architettura siracusana.

E poi il giardino esterno, ancora in via di sistemazione, che accoglie delle vecchie botti, un albero di pistacchi, la statuetta di Santa Teresa d’Avila, un labirinto di cunicoli, una vecchia vite ‘madre’. Sottoterra è stata ricavata una nuova cantina che ospiterà le pupitres per realizzare uno spumante metodo classico.

 

I numeri dell’azienda

L’azienda Maggio può contare su 50 ettari di vigneto in tutto, una ventina di etichette, 200 mila bottiglie. L’85% di queste va all’estero: Usa, Giappone, Cina, Malesia, Kazakistan, Brasile, Messico e in Europa un po’ ovunque.

“Nel mercato internazionale – dice Gianluca Lombardo – c’è molta richiesta di Frappato. Un rosso delicato e suadente che, servito fresco, si abbina molto bene con il pesce. Per il mercato americano sono importanti i vitigni internazionali reinterpretati nel territorio siciliano”.

Ovviamente, il pezzo forte è il Cerasuolo di Vittoria, storico blend di Nero d’Avola e Frappato. Ma anche i due vitigni, da soli, in purezza, offrono delle belle sensazioni, come potete leggere nel nostro focus sulle degustazioni. Molto apprezzato, infine, nelle guide e nelle classifiche, l’Amongae, un vino che miscela il Nero d’Avola con i vitigni francesi.

 

Ragusa, un punto di riferimento per l’enogastronomia

Il territorio della docg è – tutto sommato – contenuto. Tuttavia, è ricco di interesse e attrattiva.

“Il flusso dei turisti è in aumento – spiega Gianluca Lombardo – grazie anche all’apertura dell’aeroporto di Comiso. Un settore in grande crescita. D’altra parte, sappiamo che anche i viticultori dell’Etna riescono a vendere i loro prodotti a tanti visitatori, spesso di passaggio da Taormina. Il nostro territorio offre tantissimo dal punto di vista enogastronomico. Basti pensare alla densità di stelle Michelin nella ristorazione ragusana e ad alcuni prodotti tipici di altissima qualità: il cioccolato di Modica, le ‘scacce‘ ragusane, il formaggio ragusano Dop, il pomodoro secco capuliato”.

 

Cerasuolo di Vittoria: un trend positivo

E poi c’è la crescente attrattiva svolta dal vino, sempre più di tendenza: “Metà della produzione del Cerasuolo va all’estero” ha detto al recente Vinitaly Massimo Maggio, che è stato anche riconfermato nel dicembre 2016 alla guida del Consorzio per la tutela del Cerasuolo di Vittoria docg.

Londra e New York sono le due città pazze del nostro vino. Si riconosce per le sue caratteristiche, piace per la sua freschezza e per i tannini che non sono mai aggressivi. Piacevole da bere con tutti i cibi, anche con il pesce, magari servito un po’ più freddo”.

Insomma, il territorio del Cerasuolo di Vittoria sta suscitando sempre maggiore interesse tra esperti e amanti del vino. Il suo futuro promette bene.