Di che sa un vino fatto col gesso? Sa di… Champagne!

Natale e Capodanno sono arrivati. È tempo di brindare. E brindare, si sa, è sinonimo di “bollicine”. L’Italia ha una tradizione eccezionale in questo campo e non è un caso se i vini spumanti italiani sono sempre più apprezzati e venduti nel mondo (GnamGlam se ne sta già occupando e continuerà a farlo).

Stavolta vogliamo fare tuttavia una eccezione alla nostra regola del “parlare italiano”. Il vino e il cibo, infatti, sono esperienze capaci di varcare le frontiere nazionali. E per un Natale o un Capodanno speciali perché non regalarsi uno Champagne?

“La Champagne è una regione molto ampia nella parte nordorientale della Francia, all’altezza di Parigi, presenta un clima freddo che pone problemi di maturazione dell’uva e una geologia molto particolare”, spiega Vito Intini, presidente nazionale dell’Onav e da anni appassionato cultore delle bollicine francesi. Proprio nel luglio scorso la Convenzione Unesco per il patrimonio mondiale ha votato all’unanimità l’iscrizione dei ‘Coteaux, Maisons et Caves de Champagne’ alla lista Unesco. I membri del comitato ne hanno riconosciuto il ‘valore universale eccezionale’.

“La Champagne – continua Intini – si distingue in 3-4 zone che esprimono le loro specialità di territorio e di vigneti, che vanno dal Pinot nero al Chardonnay. Caratteristica ricorrente è la forte presenza di terreno gessoso. A volte è possibile trovare vigneti che poggiano su centinaia di metri di gesso. E non è un caso che gli antichi romani usassero queste colline per ricavare covi e nascondigli per i propri soldati. Qui le radici delle viti, superata la pochissima terra in superficie, attecchiscono nel gesso arrivando addirittura fino ai 20 metri di profondità”.

“I produttori francesi – spiega Intini – attribuiscono un ruolo cruciale a questo terreno. Hanno ragione: il gesso ha il potere di immagazzinare e restituire il calore del sole, assicura il drenaggio perfetto delle acque in eccesso, raccoglie l’umidità nel periodo piovoso che poi rilascia lentamente ma costantemente nel periodo estivo. Proprio in questo gesso le vigne della Champagne trovano gli elementi che costruiscono la personalità di questo vino: potenti note minerali unite a una elegante finezza”.

Il resto, ovviamente, lo fa la materia prima (le uve) e la lavorazione dell’uomo. 

I principali vitigni della Champagne sono il Pinot nero (bacca nera con polpa bianca che richiama la frutta rossa), il Chardonnay (uva bianca molto fruttata), il Pinot Meunier (bacca scura, morbido ed energico allo stesso tempo), il Pinot bianco (note floreali e di tiglio), l’Arbane (acini di dimensioni differenti, buccia spessa e resistente).

“La lavorazione – continua Intini – prevede una serie di caratteristiche tipiche del prodotto: l’assemblaggio di vini ad alto tenore acidico, la rifermentazione in bottiglia, la produzione di cuvée per mantenere stabili le caratteristiche, lo scarso uso di millesimati. Inoltre, enorme rilevanza è assegnata alla giacitura sui lieviti che trasmette grande complessità a questi prodotti: alcuni vini trascorrono anche nove anni sulle fecce. Il vino è poi conservato in fusti vecchi al fine di evitare la cessione di quei tannini che minerebbero la finezza del prodotto finale”.

Con l’aiuto della delegazione di Roma dell’Onav – l’organizzazione nazionale assaggiatori di vino che ha promosso una serata di approfondimento dedicata allo Champagne, guidata dal Presidente nazionale Vito Intini – suggeriamo qui qualche idea per le feste: una panoramica di cinque Champagne di grande originalità.