
di Paolo Peira
In sede di degustazione, si avverte l’esigenza di tornare a concetti maggiormente immediati ed interpretabili attraverso la conoscenza dei meccanismi biochimici di sintesi e di trasformazione. Fortunatamente la ricerca scientifica avanza, ci aiuta e ci mette nelle condizioni di poter da una parte affinare ed ampliare le nostre capacità sensoriali, dall’altra di affrontare le degustazioni con più mezzi, con maggiori strumenti.
La ricerca scientifica in aiuto del degustatore
In virtù del progredire dei mezzi d’indagine scientifica, si è cercato di caratterizzare in modo originale tutti quegli aspetti meno noti, gli aspetti cognitivi della degustazione. Come può una semplice molecola trasformarsi in una rappresentazione alla quale il degustatore associa un “nome” o un “aggettivo”? E quale sentiero percorre un segnale odoroso per trasformarsi in descrittore aromatico? Quali sono le differenze individuali che ci permettono di apprezzare in maniera diversa lo stesso prodotto e come influisce l’esperienza aromatica personale sul giudizio finale? E ancora, come e perché può variare questo stesso giudizio finale se il degustatore viene influenzato verbalmente o visivamente da informazioni supplementari?
L’aroma del vino? Questione di molecole
Per molti anni, e per alcuni tuttora, l’aroma del vino è stato caratterizzato dalla sola presenza dei composti terpenici e dei composti norisoprenoidi, poi si sono aggiunti gli alcoli e gli esteri superiori. Ancora oggi, nei vari articoli di carattere scientifico, per delineare il profilo aromatico di due vini messi a confronto si analizzano questi composti.
Perché tanta importanza a queste molecole? Il motivo è duplice: da una parte le importanti dimensioni spaziali di queste sostanze ne hanno facilitato l’isolamento, la caratterizzazione ed il dosaggio; dall’altra la loro grande concentrazione, in quasi tutti i vini, fa sì che questi composti siano sempre presenti, senza considerare peraltro l’elevata soglia di percezione di queste molecole e quindi quest’aspetto riporta il numero di unità olfattive (NUO) a valori più contenuti.
Alla ricerca delle molecole “segrete”
Nessuno avrebbe immaginato che molto spesso il “vero” profilo aromatico di alcuni vini non è costituito dai terpeni o dagli esteri che rappresentano “l’aroma di fondo” comune a molti vini, bensì è costituito da un numeroso gruppo di molecole, presenti a concentrazioni infinitesimali. Attualmente solo un centinaio di queste è conosciuto e presente a concentrazioni variabili che vanno dal milligrammo al nanogrammo, limite attuale degli strumenti analitici.
Credo sia fondamentalmente inutile continuare a dosare l’acetato di isoamile per definire l’aroma varietale di un vino rispetto ad un altro. Sono sostanze che troviamo in tutti i vini. Concentriamoci piuttosto su ciò che non si vede.
Aromi sì! Ma infinitamente “piccoli”
La tecnica dello sniffing, l’olfattometria ci ha dato una mano, facendoci scoprire un universo aromatico di picchi numerosi, ma infinitamente piccoli. Dall’olfattometria si è passati alla caratterizzazione molecolare, alla biosintesi, e infine allo stabilire la soglia di percezione, fondamentale per determinare i parametri viticolo-enologici che determinano la comparsa o la distruzione della molecola odorosa.
Nel contempo oggi conosciamo i requisiti chimici che le molecole devono possedere per poter essere captate dalla mucosa nasale, le esigenze alle quali le molecole devono rispondere per poter essere classificate come odorose. Perché di per sé le molecole non hanno odore ma l’odore nasce nel momento in cui queste interagiscono con i nostri captatori nasali.
Oggi conosciamo la struttura intima della mucosa olfattiva, sappiamo che le cellule implicate sono dei neuroni (quindi cellule capaci di trasferire un’informazione sotto forma elettrica) e che sulle ciglia di tali neuroni si trovano delle proteine che sono i veri recettori olfattivi.
Capacità di degustare: è questione di naso
Oggi conosciamo la natura del tutto particolare dei nostri neuroni olfattivi, la loro capacità di riprodursi ogni cento giorni (fatto eccezionale per le cellule nervose), la loro capacità di dare risposte olfattive diverse all’aumentare della concentrazione della stessa molecola odorante ed infine la loro grande sensibilità nel dare risposte olfattive diverse al cambiare anche solo della configurazione spaziale della stessa molecola (quindi al cambiare della semplice stereoisomeria).
L’enorme conseguenza di questa organizzazione genetica del sistema olfattivo è rappresentata dalla grande diversità inter-individuale nella capacità di rilevare gli odori e quindi della capacità di degustare. Ciò determina la grande variabilità nelle valutazioni delle soglie di percezione. Se a questo aggiungiamo il fatto che la soglia di percezione è fortemente influenzata poiché varia a seconda della matrice, della scelta del protocollo impiegato e delle problematiche relative alle elaborazioni statistiche ci rendiamo conto come rimanga impossibile lasciare la degustazione alla semplice impressione di un singolo, sicuramente influenzato dalle condizioni del momento, dalle proprie esperienze personali passate e dal proprio giudizio.
(2^ puntata di tre sull’analisi sensoriale dei vini: qui trovate la prima)