ABCvino – Vini rosati e vini arancioni

A cura di Fabio Ciarla

 

Siamo alla seconda puntata di ABCvino e l’importanza delle bucce dell’uva sul colore del vino dovrebbe essere acquisita, mancano però all’appello – dopo rosso e bianco – due colori ancora, il rosa e il redivivo arancione.
Partiamo dai vini rosati, o rosé, che conquistano un ruolo sempre più importante nel panorama enologico nazionale: dalla Puglia fino al nord Italia, questa tipologia da bistrattata – in passato frutto di lavorazioni di ripiego – si sta trasformando in un gioiellino da rivalutare.
Sfatiamo subito un mito che purtroppo ha ancora qualche sostenitore: il vino rosato non si fa unendo vino rosso e vino bianco! Nasce invece da uve rosse e da due lavorazioni differenti: con il metodo del salasso si estrae una porzione di mosto dalle uve in lavorazione lasciando poi il resto al normale procedimento di formazione dei vini rossi (una tecnica usata anche per produrre rossi più concentrati). Da un contatto molto veloce del mosto con le bucce, evidentemente più lungo comunque dei “blanc de noirs” (ottenuti con la “vinificazione in bianco”, ovvero vini bianchi da uve a bacca rossa), nascono invece i rosati moderni e, a mio parere, migliori.
Un caso storico, ormai quasi sconosciuto, è quello dell’antica ricetta del Chianti messa a punto dal Barone Bettino Ricasoli, che prevedeva l’uso di una porzione importante di uve bianche, creando un vino molto più leggero e beverino dell’attuale, dal colore quasi di un rosato appunto. Ad oggi tale “ricetta” è vietata nel Chianti Classico e ammessa nel disciplinare del Chianti ma ci sono rarissimi esempi di utilizzo.
Parliamo ora dei vini arancioni, o meglio orange wines come vengono comunemente definiti oggi. Li abbiamo definiti redivivi perché probabilmente assomigliano di più a quelli prodotti dai nostri antenati, greci romani o etruschi che fossero, e sono tipici infatti di regioni di antica produzione come la Georgia o la Crimea. La colorazione tendente all’arancione è data dalla lunga persistenza del mosto con i vinaccioli e le bucce di uve bianche, un processo che ricalca quello deo rossi – qualcuno infatti la chiama “vinificazione in rosso” – e che produce un’estrazione di colori che variano dall’oro all’arancio in funzione anche della tipologia di uva. A tutto questo si aggiungono, come è ovvio, anche differenze organolettiche notevoli, tanto da farne per ora una nicchia riferibile, in buona sostanza, ai vini così detti naturali.
Realizzare un buon orange wines è difficile e in passato fin troppi tentativi hanno dato esiti non troppo confortanti. Esistono tuttavia – per ora soprattutto nelle regioni del nord, Friuli Venezia Giulia su tutte – esempi di produzione di vini di questo tipo, eccellenti per qualità e continuità.
Tranquilli, con i colori abbiamo finito, dalla prossima puntata parleremo di tappi. E anche lì ci vorranno almeno due puntate, mettetevi comodi.
Fabio Ciarla