
di Fabio Ciarla
Partiamo dal termine “alternativi”, per segnare l’ultima frontiera dei conservatori. Ecco, definire “alternativi” tutti i tappi non di sughero per il vino sa proprio di difetto, di non adatto. La questione è ben diversa, come ho provato a spiegare nella puntata precedente in cui si parlava anche di tappi di vetro e a corona, ma soprattutto delle varie forme, non tutte autentiche, di tappo “di sughero”.
Le due famiglie
Insomma, ogni vino ha il suo tappo, questa è la regola vera e inconfutabile. Se passiamo poi ad esaminare le due famiglie dei tappi sintetici e di quelli in alluminio possiamo scoprire innanzitutto una maggiore omogeneità all’interno dei singoli settori, poi un più facile smaltimento e, infine, una personalizzazione del tappo irraggiungibile da qualsiasi altra chiusura.
Tappi in alluminio
Screw cap, o screwcap o tappo a vite, è il tappo in alluminio che sfrutta una membrana plastica per chiudere ermeticamente la bottiglia. Ecco un altro problema, il concetto di ermetico. Se infatti la vecchia scuola spiegava che il vino, soprattutto quelli da invecchiamento, dovevano “respirare” e quindi acquisire ossigeno dall’ambiente esterno alla bottiglia, la nuova filosofia di produzione spinge invece per mantenere il vino costante negli anni.
Questo è un obiettivo raggiungibile quasi esclusivamente dai tappi in alluminio, che vantano tra l’altro in Italia uno dei big della produzione (scusate l’annotazione campanilista). Ma queste chiusure aprono anche alla modulazione dell’ingresso dell’ossigeno, vantaggio in realtà annunciato per primi dai tappi sintetici coestrusi, ma lo spiegherò meglio più avanti.
Vantaggi e svantaggi
I vantaggi dei tappi in alluminio? Nessuna contaminazione del vino, chiusura ermetica o a bassissimo passaggio di ossigeno, comodità di apertura (non serve il cavatappi) e facilità di ri-chiusura. Il problema maggiore è l’adeguamento dei macchinari di imbottigliamento, uguali invece per sugheri vari e sintetici, e culturale, per via dei grandi imbottigliatori di vino di bassa qualità degli Anni ’80 e ’90 che usavano queste chiusure per i bottiglioni da 1 e 2 litri. Ma all’estero non è così, anzi in Nuova Zelanda o in Nord Europa questa è la chiusura preferita da operatori e consumatori.
Tappi sintetici
Sintetico – e non silicone! – è quel tappo in materiale plastico che di solito è di due tipologie: stampato ed estruso/coestruso. Il primo è il classico pezzo unico, liscio e di solito un po’ duro, ha una scarsa elasticità e non è bellissimo da vedere. L’evoluzione di questa chiusura ha creato i tappi estrusi e coestrusi, costituiti di una schiuma alveolare che cerca di replicare le funzioni utili del sughero eliminando però i difetti. Sono molto elastici, comodi nell’estrazione e abbastanza belli da vedere.
Il leader della produzione mondiale, statunitense, ha creato da due anni un tappo coestruso realizzato in parte con polimeri di origine vegetale certificato a impronta di carbonio zero. Tanto per dare un’idea delle ampie differenze presenti in tema di “chiusure” che troppo spesso, anche nei corsi per sommelier, sono ridotti e semplificati secondo i canoni di decine di anni fa.
Quale modello?
I tappi sintetici coestrusi hanno certificato prima di qualsiasi altra chiusura il passaggio di ossigeno dei vari “modelli”, permettendo così al produttore di scegliere addirittura all’interno della stessa tipologia quale tappo usare per quel determinato vino in funzione dell’obiettivo produttivo, della longevità ideata, delle scorte di magazzino ecc..
Non stiamo parlando di una novità assoluta nel mondo del vino, intendiamoci, la scelta del sughero monopezzo per i grandi vini subisce in parte lo stesso procedimento con la selezione di qualità e lunghezza del tappo stesso. Il problema è che con il sughero si possono fare dei programmi frutto di esperienza e dati empirici, mentre con i tappi sintetici e, ormai, anche con quelli in alluminio, il dato è certificato dai produttori. Ovviamente anche i tappi sintetici non hanno problemi di contaminazione del vino ed essendo considerati in materiale plastico, sono sottoposti a più controlli di quelli dell’ampia famiglia “sughero”, anche quando composti di granulati e colle che, invece, sono identificati come “naturali” dalla legislazione attuale.
Nuove chiusure
Anche per questi motivi le chiusure sintetiche sono molto apprezzate fuori dall’Europa, visto che spedire un pallet di vino dall’altra parte del pianeta per poi sentirsi chiamare dall’importatore per un qualche difetto di chiusura non è piacevole per nessuno.
La questione, insomma, rimane aperta ma decisamente più orientata ad apprezzare le nuove chiusure rispetto al passato. Sul “fino a quanto” si spingerà questa predilezione in Italia, mercato notoriamente conservatore, e nel mondo si accettano scommesse. Se da una parte sono arrivate notizie del primo Barolo chiuso con un tappo sintetico, allo stesso tempo arrivano conferme sul ritorno al sughero di un importante Domaine nella zona di Chablis. Per non toccare poi la grande questione bag-in-box, i cartoni in tetrapak ingiustamente bistrattati.
E ricordate: in fondo, i tappi sono solo strumenti che tengono “imprigionato” il vino ma il compito di ogni buon appassionato è quello di liberarlo!
Fabio Ciarla