A Montefalco la terra premia il lavoro. E il vino “Scacciadiavoli”

di Vittorio Ferla

 

“Questa cantina ha una storia antica. Nasce nel 1884 per iniziativa del principe Ugo Boncompagni Ludovisi. La famiglia aveva possedimenti in Abruzzo, nel Lazio e in Toscana. Erano in cerca di un luogo dove creare un vero e proprio ‘stabilimento’ del vino, con una logica che per l’epoca era quasi industriale. Il principe scelse così questo territorio. I Boncompagni Ludovisi avevano studiato a Bruges e avevano esperienza delle terre di Bordeaux. Sapevano come fare. Crearono un complesso enologico imponente e molto moderno per l’epoca. Nel 1897 mio nonno Amilcare lavorava qui come operaio e percepiva 1 lira la mese. Sappiamo che l’enologo della cantina era un certo Toni. Sappiamo anche che ai primi del secolo la cantina dei Boncompagni Ludovisi partecipò all’esposizione universale di Parigi. Era una cantina innovativa. In quegli anni si estendeva su 100 ettari e contava almeno 10mila piante. Poi arrivò la peronospera che fu distruttiva. Oggi noi lavoriamo su 40 ettari e produciamo 300 mila bottiglie”.

Comincia così il racconto di Amilcare Pambuffetti, patron della azienda agricola Scacciadiavoli sita a Montefalco, in Umbria.

 

Nei vigneti dell’‘esorcista

 

“Ugo Boncompagni Ludovisi – continua Amilcare Pambuffetti – ebbe una vita assai movimentata. Si sposò ben tre volte. Divenne anche diacono del Papa. Mio nonno Amilcare aveva diverse attività con i suoi fratelli. Quando vi fu la possibilità, nel 1954, acquistò l’azienda che, nel frattempo, nonostante alti e bassi nel corso del secolo, aveva continuato a produrre il vino. Il nonno, allora, aveva già 71 anni. Possiamo dire che la storia di Montefalco come distretto del vino deve molto a questo stabilimento”.

Oggi l’azienda è gestita dai nipoti e pronipoti di Amilcare, una famiglia che ha dato un contributo importante allo sviluppo della fortuna vitivinicola del territorio di Montefalco.

I vigneti, ad una altitudine media di 400 m s.l.m., si collocano su terreni franco-argillosi, mediamente profondi, molto vocati per una viticoltura di qualità incentrata su varietà tardive come il Sagrantino. Le vigne occupano vari versanti della collina nei comuni Montefalco, Gualdo Cattaneo e Giano dell’Umbria.

Ai limiti della leggenda l’origine del nome dell’azienda. “Si racconta che nel trivio qui vicino abitasse un personaggio capace di togliere il malocchio. Per i suoi rituali usava proprio il vino. In pratica, la contrada e la stessa azienda presero il nome da quella sorta di esorcista”.

 

Giro d’Italia 2017: la tappa del Sagrantino

Oggi l’azienda si estende su 120 ettari, dedicati ai cereali e al vino. Il mercato principale resta quello umbro (il 15-20% delle bottiglie si vende in cantina, il 20-25% nella regione), con una certa diffusione nel resto d’Italia. Il 40% della produzione va all’estero: Usa, Europa del Nord, Giappone, Vietnam.

Ma Amilcare Pambuffetti  non si m limita al vino. E’ un imprenditore a tutto tondo del settore agroalimentare perché affianca all’azienda Scacciadiavoli un prosciuttificio a Norcia e l’importazione in Italia di baccalà.

Anche in virtù di questa storia e di questa esperienza guida da un paio di mandati il Consorzio di tutela dei vini di Montefalco, promuovendo iniziative ed eventi. L’ultimo in ordine di tempo è la tappa n.10 del Giro d’Italia 2017, definita, appunto, la tappa del Sagrantino. Percorso completo che ha portato i partecipanti da Foligno a Montefalco. Un lungo tratto pianeggiante e rettilineo seguito da salite e discese molto articolate, attraverso i borghi e frazioni della produzione vitivinicola locale: Bevagna, Madonna delle Grazie, San Marco, Bastardo fino, appunto, a Montefalco.

Una bella occasione per tornare a parlare dell’Umbria dopo il terremoto e la fuga dei turisti: “oggi, per fortuna, la paura è passata e il turismo comincia a riprendersi”, dice Pambuffetti.

 

Il Consorzio alla scoperta del mercato internazionale

“Dopo il disastro del metanolo – racconta Amilcare Pambuffetti, stavolta in qualità di Presidente del Consorzio – i viticultori cercano di riprendere in mano la situazione. Montefalco ha sempre potuto contare sul Sagrantino, questo vitigno speciale per potenza e originalità che, con il tempo, ha raggiunto anche risultati di grande eleganza. Lo considero tra i rossi più importanti d’Italia”.

“All’inizio c’erano soltanto 15 cantine – prosegue – oggi sono diventate 75. Gli ettari vitati sono 1200 in tutto. Abbiamo ormai una grande varietà di approcci: dall’agricoltura tradizionale alla biologica, alla biodinamica, all’agricoltura di precisione. Il Consorzio lavora soprattutto per la promozione all’estero con manifestazioni in diversi stati degli Usa. Oggi nella lista dei vini dei migliori ristoranti di New York e della California si trovano almeno 4-5 etichette di Sagrantino. Un lavoro simile stiamo facendo in direzione Canada, Regno Unito e Nord Europa. Il livello qualitativo è cresciuto moltissimo: quando oggi si confrontano alla cieca delle bottiglie di Sagrantino con i rossi italiani più famosi (Brunello, Barolo, Amarone) abbiamo delle buone sorprese”.

(A proposito: per scoprire qualcosa di più sulle etichette proposte da Scacciadiavoli leggete la nostra degustazione a questo link).

 

Il ‘Cantinone’ vuol dire ‘fiducia’

Anche se la cantina dei principi Boncompagni Ludovisi non ha mai smesso di produrre vino, nel 2000 sono stati realizzati imponenti lavori di ristrutturazione, senza modificare la struttura originale, anzi preservando e conservando tutti gli antichi elementi strutturali ed architettonici e introducendo nuove tecnologie ed attrezzature moderne. Da qualche anno, inoltre, hanno cominciato ad entrare nella gestione della cantina i giovani di famiglia (noi abbiamo conosciuto Liu e Iacopo, rispettivamente la figlia e il nipote di Amilcare).

La cantina è appoggiata alla collina, con una struttura verticale su quattro livelli, di cui uno sotterraneo e la produzione avviene per gravità. L’influenza dello stile francese è palese. Non è un caso che questa località si chiami ‘Cantinone’, proprio in omaggio a questo antico stabilimento. La bottaia è piena di piccole e medie botti di legno di rovere francese. Nascosta nella struttura c’è anche una ‘botte’ enorme, certamente la più grande di questo territorio, composta da due vani, uno di 555 hl e l’altro di 545. Proprio qui riposano e si amalgamano a turno il Montefalco rosso e il Sagrantino.

Sulle pareti della cantina si legge ancora oggi il motto del principe: Sola fides, ovvero fiducia nel territorio e nelle persone che ci lavorano. Ancora oggi è questa l’ispirazione di Scacciadiavoli.