Val di Noto, food valley

Questa parte di Sicilia non è solo la sede delle bellezze barocche. Qui fioriscono anche le meraviglie della terra e del palato

È l’altra Sicilia, l’isola possibile, il regno nel regno. La Sicilia in bianco e nero delle fotografie di Giuseppe Leone, candore abbacinante di palazzi barocchi e ombre di antichi carrubi. La Sicilia prospera, con bassa criminalità e disoccupazione sotto controllo, custode della sua bellezza, refrattaria alle speculazioni e agli abusi. La Sicilia food valley, tutta un fiorire di ristoranti stellati, oli da visibilio, formaggi da mettere in mostra – letteralmente – tanto che il consorzio di tutela e valorizzazione Corfilac vi ha realizzato la prima cacioteca d’Italia.

Uno scrigno barocco di arte e cibo

È il Val di Noto, la punta più a sud della Trinacria, lo scrigno barocco consacrato nel 2002 patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ragusa, Modica, Noto, Scicli, le terre che ci stanno intorno, tutte devastate dal terremoto del 1693 e ricostruite nello stile dell’epoca.
Allora, e fino agli anni Trenta del Novecento, era proprio Modica il cuore di questi luoghi, la città più eminente e potente, sede pure di un collegio gesuitico che rilasciava lauree, “proscenio di pietre rosa”, “festa di mirabilia”, per dirla con lo scrittore Gesualdo Bufalino, figlio di questi luoghi. Un teatro urbano adagiato sui fianchi e sui pianori delle colline circostanti, con le case ricavate dalle vecchie grotte, il suo intrico di casette, viuzze e lunghe scale da cui sbucano a sorpresa le facciate barocche.
E le immancabili tappe di buon vivere come l’Hotel Palazzo Failla e il ristorante “La gazza ladra” di Accursio Capraro. Come l’Antica dolceria Bonajuto, dove il cioccolato si prepara con l’antica ricetta azteca portata in Sicilia dagli spagnoli, “sicché a chi lo gusta sembra essere arrivato all’archetipo, all’assoluto – scriveva Leonardo Sciascia – e che il cioccolato altrove prodotto, sia pure il più celebrato, ne sia l’adulterazione, la corruzione”.

Un salone sontuoso del buon vivere

Il terremoto del 1693 segnò la seconda vita di queste terre sotto il segno del barocco. Ragusa Ibla (in siciliano “lusu”, ovvero quello che giace sotto) rinacque dalle macerie, più a monte sorse la città nuova. Adesso l’una è quartiere dell’altra, senza i mostri edilizi di molte altre esperienze, senza nostalgie e ruggini. La prima è un miraggio di luci e di ombre, con la piazza centrale – set consueto del commissario Montalbano – che è un salone sontuoso a cielo aperto. Dove il gusto del buon vivere diventa apoteosi del gusto nel ristorante “Duomo” di Ciccio Sultano, due stelle Michelin, e in altre due tappe immancabili che di stelle ne hanno conquistata una: la “Locanda di don Serafino” di Pinuccio e Antonio La Rosa (che gestiscono anche il Lido Azzurro a Marina di Ragusa e il ristorante del casinò di Malta), veri ambasciatori di Sicilia. E, nella città nuova, l’hotel Villa Carlotta con il ristorante “La Fenice”. Lungo queste strade l’itinerario gastronomico è lungo e vario: i biscotti di mandorla, i sorbetti, le granite si prendono alla pasticceria di Pasquale, uno dei più bei bar d’Italia, amato pure da Sciascia e da Quasimodo.

Il regno del cacio

Per il salato c’è la pizza di Caranvasserraglio, accompagnata da una carta dei vini dove c’è pure lo champagne. E poi si va alla “Casa del formaggio” di Angelo Dipasquale, che i caci si diverte non solo a venderli ma anche a stagionarli. Da ricordare qui, appunto, la prima cacioteca italiana, nata a Ragusa, terra dalla lunga e importante tradizione casearia. Il centro è ospitato nella sede del Corfilac  (Consorzio ricerca filiera lattiero-casearia) che ha fortemente voluto la realizzazione di questo progetto. La struttura si compone di 12 celle, che, disposte su due livelli, accolgono caci locali, italiani ed esteri (dai nostri maggiori concorrenti, i formaggi francesi, ai non meno temibili formaggi spagnoli). E un innovativo sistema d’illuminazione delle teche partecipa alla creazione di un ambiente suggestivo dove si fondono tradizione e avanguardia.
Oltre a essere un posto in cui possono aver luogo eventi e manifestazioni sul tema formaggio, la cacioteca ha il ruolo di centro per lo studio e l’approfondimento della ricerca sui prodotti caseari. Non solo gastronomia allora, ma anche scienza.
Un altro degli obiettivi della struttura è l’organizzazione di stimolanti laboratori del gusto e di degustazioni per formare ed educare tanto gli esperti del settore quanto i palati dei semplici amatori.

L’amore per l’eccellenza

Tutto questo territorio racconta l’amore per l’eccellenza. Qui c’è l’unica Docg (denominazione di origine controllata e garantita) della Sicilia, il Cerasuolo di Vittoria, il vino più celebre. Qui c’è il 60 per cento del patrimonio zootecnico dell’Isola. Qui c’è un’agricoltura moderna e intensiva. Qui c’è gente come Lorenzo Piccione, designer lombardo, che ha riscoperto le sue radici familiari venendo qui, a Chiaramonte Gulfi, a produrre un olio che è onorato dagli chef come una divinità, il Pianogrillo. Il segreto è la “tonda iblea”, l’oliva regina di questi luoghi. O come Enrico Russino, che a Scicli ha messo su l’azienda “Gli aromi”, un giardino di meraviglie aromatiche e officinali.
E una meraviglia titanica è la cattedrale di Noto, altra città gioiello, crollata nel 1996 e ricostruita nel 2007, circondata da palazzi dove a reggere i balconi barocchi sono mensoloni decorati con sirene, putti, animali fantastici. Un giro qui, da solo, vale il viaggio.

Fonti:
Laura Anello, Val di Noto, regno del cibo e del barocco, La Stampa, 02/09/2011
http://www.consorziopecorinosiciliano.it/