Record per il Made in Italy a tavola. Ma il vero motore resta il vino

Record storico per il Made in Italy agroalimentare all’estero: è quanto emerge da una analisi di Coldiretti sui dati Istat relativi a commercio estero nel primo trimestre del 2017 e che evidenziano incrementi che arrivano al 29,1% per gli alimentari italiani in Spagna e al 22,5% in Cina.

Quasi i due terzi delle esportazioni nel 2017 – sottolinea l’organizzazione degli imprenditori agricoli in un comunicato – interessano i Paesi dell’Unione Europea con il mercato comunitario che aumenta del 5,9%, ma il Made in Italy a tavola continua a crescere su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania.

I Paesi che amano l’Italia a tavola

Un balzo del 45% si registra in Russia dove tuttavia i valori restano contenuti a causa dell’embargo che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta ma gli Stati Uniti con una crescita del 6,8% – sottolinea la nota – sono di gran lunga il principale mercato fuori dai confini dell’Unione, ed il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.  Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero – continua la Coldiretti – pesano dunque in misura rilevante i cambiamenti in atto nella politica internazionale che potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche.

 

Vino motore di crescita

 Il vino italiano è un potente ambasciatore nel mondo del made in Italy e dell’Italian style, ma sono ancora enormi le potenzialità da cogliere sul sentiero dell’innalzamento del valore.  L’Italia conta su una produzione di vino pari a 50,9 milioni di ettolitri nell’ultimo anno, superiore a quella di Francia, Spagna, Germania, Portogallo. Il valore dell’export del vino ha raggiunto i 5,6 miliardi di euro nel 2016, con un incremento del 27,6% nel periodo 2011-2016.

Si registra un boom delle esportazioni di vini Dop (+44,8% in valore e +20,5% in quantità) e Igp (+24,1% in valore, pur a fronte di un -3,7% delle quantità). Ed è decollato l’export degli spumanti: +117,9% in valore e +85,1% in quantità. Ma se, ad esempio, la nostra produzione raggiungesse il valore unitario della produzione francese, l’export di vino italiano potrebbe aumentare fino a 12 miliardi di euro, con un incremento di 6,4 miliardi rispetto ai valori attuali.

 

Il valore immateriale del vino

La spesa per il vino cresce più degli altri consumi. Nel biennio 2013-2015 la spesa delle famiglie  italiane per il vino è aumentata del 9% in termini reali, mentre i consumi complessivi hanno registrato un incremento del 2% e la spesa alimentare solo dello 0,5%. Il consumatore evoluto e informato è pronto a mettere più soldi su beni che incorporano un elevato valore immateriale.

E per il vino, oltre alla dimensione organolettica, conta quella simbolica, l’incarnazione di cultura e tradizioni locali, espressioni specifiche dell’italianità. Nel 2016 consumano vino più di 28 milioni di italiani. Dall’inizio degli anni ’80 ai giorni nostri la popolazione che beve vino è rimasta sempre al di sopra del 50% (il 51,7% nel 2016).

Questi sono i principali risultati della ricerca del Censis, “Il valore economico e sociale del settore del vino e dei suoi protagonisti”, presentataa Roma in occasione dell’Assemblea annuale di Federvini da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, con il Presidente di Federvini, Sandro Boscaini.

 

Il popolo del buon vino

Sono 24 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno partecipato ad almeno un’attività collegata al vino. In particolare, 16,1 milioni hanno partecipato a eventi, sagre, feste locali legate al vino, 14,2 milioni si sono recati in locali, ristoranti e trattorie perché disponevano di buoni vini, 13,7 milioni hanno fatto vacanze e gite in località celebri per l’enogastronomia. Sono il 62,3% dei millennials, il 49,8% dei baby boomers e il 26,1% dei longevi ad aver partecipato alle diverse attività enocorrelate. Il popolo del buon vino genera così una vera e propria economia diffusa, a beneficio non solo dei soggetti e dei territori del settore, ma anche dell’economia italiana nel complesso.

Il 93,2% dei consumatori sceglie il vino in base alla qualità e non al prezzo. E nello scegliere la qualità pesano alcuni fattori precisi: che il vino sia italiano (per il 91,2%), che sia un vino Dop (Denominazione di origine protetta: 85,9%) o Igp (Indicazione geografica protetta: 85,4%), che sia del marchio giusto (70,4%). Perché la storia del vino italiano è una storia di vini locali e di marchi che esprimono il legame profondo con comunità e territori, protagonisti di processi di rigenerazione locale e di conquista dei mercati globali.