Monferrato, altro che cantina: un Infernot

di Ilaria Donatio

 

Siamo in Monferrato all’Ecomuseo di Cella Monte, ultima tappa dell’educational tour, organizzato nella giornata conclusiva del Festival del giornalismo alimentare e iniziato nel bellissimo resort di Ca’ S.Sebastiano dove abbiamo fatto il percorso benessere culminato nella vinoterapia (il racconto qui).

Ecomuseo di Cella Monte

Ecomuseo di Cella Monte

Si tratta del cinquantesimo sito che l’Unesco ha inserito nella World Heritage List ed è un po’ particolare: perché non è un monumento o di un luogo circoscritto ma, precisamente “Il paesaggio vitivinicolo del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato“.

 

Il Monferrato nella World Heritage List 

Un sito esteso, dunque, che vuole tutelare “l’insieme geografico-sociale e culturale di una zona tra le più integre d’Italia, dove da secoli il territorio viene plasmato dall’uomo e dalla coltivazione della vite”.

E infatti, la motivazione recita: “Il sito include i processi tecnici ed economici relativi alla coltivazione della vite e produzione del vino che ha caratterizzato per secoli la regione”. Un premio quindi non solo alla geografia e alla bellezza del territorio, ma anche alla storia e alla maestria dei piemontesi.

 

Infernot: patrimonio dell’Umanità

In realtà, le zone che si possono fregiare del marchio, non sono tutte le Langhe e neppure tutto il

Monferrato: il riconoscimento prende in considerazione sei zone specifiche in 29 Comuni diversi. Infernot1Tra queste, il Monferrato degli Infernot (Comuni di: Cella Monte, Ozzano Monferrato, Sala Monferrato, Rosignano Monferrato, Ottiglio, Olivola, Frassinello Monferrato, Camagna Monferrato, Vignale Monferrato).

Intimamente legati alla cultura del vino e all’esistenza delle arenarie, facilmente lavorabili, sono piccoli vani ipogei interamente scavati nella Pietra da Cantoni –  la cui profondità può arrivare fino a 17 metri e che mantengono una temperatura costante tra 14 e 16 gradi tutto l’anno.

Variano dal giallo a diverse tonalità di grigio fino al bianco, secondo la zona di provenienza, e sono il risultato del sedimentarsi, nel corso di milioni di anni, sul fondo del mare che un tempo ricopriva le colline monferrine, di un impasto di sabbia, limo e organismi come crostacei e conchiglie.

 

Le cantine sotterranee

Scultori monferrini – nella maggior parte dei casi rimasti anonimi – sfruttarono le caratteristiche della Pietra da Cantoni anche in un altro modo ingegnoso: presero a scavare nella roccia viva, ricavandovi cantine sotterranee dove conservare le bottiglie migliori o le vivande durante l’estate, sfruttandone le naturale frescura.

Nacquero così gli Infernot, termine di origine francese che indicava la “cella più angusta del carcere”.

Si tratta di un’appendice della cantina, priva di luce ed aerazione naturale, posta comunemente sotto le case, i cortili e talvolta le strade delle nostre colline. Un tempo servivano a conservare le bottiglie migliori o le vivande durante l’estate, sfruttandone le naturale frescura.

Vere e proprie opere d’arte, capolavori architettonici, nati dalla tradizione e dal sapere contadino, realizzati nei lunghi inverni, non da semplici cavatori ma da scultori Monferrini.

La giornata in Monferrato finisce qui. Di ritorno a Torino, la pioggia appare più clemente e la sua traccia lieve: sembra suggerire l’importanza che hanno il territorio e la sua storia. E quanto la bellezza di attraversarlo possa essere istruttiva.