
di Carmen De Falco
Lanzarote è il luogo dove terra, fuoco, aria ed acqua si sono fusi e continuano ad amalgamarsi armoniosamente creando un paesaggio unico ed emozionante. L’isola fa innamorare di sé già a prima vista, quando atterrando si intravede dal finestrino dell’aereo, con la sua terra nera lambita dall’oceano, le case bianche e le palme verdi.
Scoperta da un italiano nel 1312, il genovese Lanzerotto Malocello, da cui prende il nome, è l’isola più ad est delle otto che compongono l’arcipelago delle Canarie, quella più vicina alla costa africana e la più selvaggia. La sua bellezza travolgente deriva da una serie di potentissime eruzioni vulcaniche, tra le più disastrose mai conosciute, che colpirono l’isola tra il 1730 ed il 1736, distruggendo interi paesi e coltivazioni e cambiandone completamente il volto.
Si possono percorrere chilometri di strada circondati da cumuli di lava solidificata, dalle mille forme e sfumature di colori avvistando ovunque centinaia di coni vulcanici. ll luogo più suggestivo è il magnifico Parco Nazionale di Timanfaya, nella parte sud ovest dell’isola, con il suo aspro e surreale paesaggio lunare, costellato da numerosi crateri vulcanici, dove la terra si aprì il 1° settembre del 1730.
César Manrique e il miracolo dell'”unità armonica”
Lanzarote è anche uno splendido esempio di ecosostenibilità, di come l’intervento dell’uomo possa armonizzarsi ed integrarsi con le meraviglie create dalla natura, esaltandole e salvaguardandole. Tale risultato è stato raggiunto grazie al significativo contributo dell’artista César Manrique, scultore, pittore, architetto nato ad Arrecife nel 1919, che con le sue opere presenti ovunque ha plasmato l’isola e soprattutto l’ha preservata dallo sviluppo turistico di massa, riuscendo ad influenzare le istituzioni al fine di evitare la costruzione di immensi centri vacanza, grattacieli e cartelloni pubblicitari, consentendole di mantenere un’anima autentica. Ciò le è valso il riconoscimento, il 7 ottobre del 1993, di Riserva della Biosfera dell’Unesco, con una particolarità che la rende unica: per la prima volta l’Unesco dichiarava tale un territorio nella sua totalità, comprendendo anche i centri abitati, grazie alla perfetta simbiosi tra uomo e natura.
Manrique credeva nel miracolo della “unità armonica” e con le sue opere lo ha dimostrato. Alcuni esempi di questa perfetta integrazione e di recupero del paesaggio, sono La Fondazione César Manrique, Los Jameos del Agua ed il Jardìn de Cactus.
La Fondazione Cesar Manrique, abitazione dell’artista fino al 1987 e ora museo, espone anche alcune opere di Mirò e Picasso, ed è stata ricavata da blocchi di lava nera, all’interno di cinque bolle vulcaniche. Dall’esterno è quasi invisibile e si integra perfettamente col paesaggio, circondata da un giardino di cactus e sculture; all’interno, nelle bolle d’aria sono stati creati suggestivi spazi abitativi di forma sferica. Completano l’architettura dell’abitazione enormi vetrate trasparenti che proiettano nel paesaggio lavico esterno quasi come se la casa non avesse pareti.
Los Jameos del Agua sono una serie di grotte scavate dalla lava entro cui si infiltra l’oceano creando uno spettacolare lago azzurro abitato da una specie di granchi albini unici al mondo. Manrique ha modellato queste grotte ricavando al loro interno un ristorante, un importante centro didattico sui vulcani ed un auditorium per seicento persone con un’acustica straordinaria.
Il Jardìn de Cactus, realizzato sfruttando una precedente cava di sabbia e ceneri vulcaniche, è una sorprendente opera di riciclo di un paesaggio eroso dall’attività produttiva. Qui l’artista ha creato un giardino botanico ovale, con 1400 specie di cactus provenienti da ogni parte del mondo.
“L’austerità è una grande pedagoga e Lanzarote è un’ottima insegnante” scriveva Manrique. Non c’è frase più calzante per descrivere il miracolo che” los campesinos”, sono riusciti a compiere dopo il disastro creato dalle eruzioni vulcaniche.
La strada dei vini di Lanzarote: un luogo magico
I vigneti di Lanzarote sono un ulteriore esempio dell’adattamento e dell’integrazione dell’uomo con la natura. I contadini si sono ben presto resi conto che le eruzioni vulcaniche avevano reso il suolo estremamente fertile per la coltivazione della vite; non è un caso infatti, che la regione vinicola più importante, la Geria si trovi proprio nella parte sud ovest dell’isola, non lontano dal Parco Nazionale di Timanfaya.
La strada dei vini di Lanzarote è un luogo magico, arrivati alla Geria il paesaggio lascia senza fiato. Ci si trova di fronte a un’immensa distesa di terra nerissima, costellata da buche coniche, circondate da miriadi di mezzelune in pietra, da cui i vigneti spuntano come ciuffi verdi, soffia un vento caldo e fortissimo che fa quasi barcollare ed i piedi affondano nella sabbia.
La particolare tecnica di allevamento della vite è il risultato dell’adattamento del lavoro dell’uomo alle peculiari condizioni climatiche. L’isola è geograficamente africana, si trova a pochi chilometri dalle coste del Sahara, le piogge sono scarse ed i viticoltori devono fare i conti, anche con il vento, non solo quello rovente che spira dal deserto africano, detto Calima, ma anche con gli Alisei che soffiano impetuosi da nord-est.
Armati di piccone e dinamite, i contadini hanno spaccato lo spesso strato di lava superficiale, che in molti casi supera anche i tre metri, fino a raggiungere la fertile terra coltivabile. In questo modo hanno creato i buchi a forma di cono inverso che caratterizzano il paesaggio. In ogni buco hanno piantato da una a tre viti ad alberello.
Per ovviare alla mancanza d’acqua il terreno viene ricoperto con uno strato di picòn, lapilli di lava simili a ghiaia nera, che trattiene l’umidità che di notte arriva dall’oceano, rilasciandola gradualmente durante il giorno. Per proteggere le viti dai forti venti vengono infine, eretti dei muretti a secco in pietra lavica semicircolari, alti 60 cm circa. Tale tecnica di allevamento detta hoyos, consente però una limitata produzione di uva che fa lievitare i prezzi dei vini. Per questo motivo in tempi più recenti per aumentare la densità d’impianto è stata introdotta una nuova tecnica di allevamento della vite detta zanjas, caratterizzata da impianti più fitti con muri di protezione lineari.

Zanjas, tecnica di allevamento della vite
Oltre alla Geria situata tra i paesi di Yaiza e Tìas esistono altre due aree vinicole a Lanzarote: Masdache contigua e a nord della Geria e Ye–Lajares nella punta nord dell’isola tra i municipi di Haria e Teguise.
Masdache è la zona con i vigneti più estesi, dove si è sviluppato maggiormente il sistema di allevamento della vite con muretti lineari, è l’area circoscritta dai comuni di Tias, San Bartolomé e Tinajo.
Ye-Lajares è una piccola area a nord dell’isola, i vigneti si trovano sulle pendici orientali del Risco De Famara e nel Malpaìs de La Corona, formato dall’omonimo vulcano. E’ qui che inizia la vendemmia, già nel mese di luglio. Per le sue condizioni climatiche e la latitudine, Lanzarote detiene il primato della vendemmia più precoce in Europa.
La Malvasia Vòlcanica e gli altri vitigni dell’isola
La produzione predominante è di vini realizzati con uva a bacca bianca e il vitigno principe dell’isola, la Malvasia è stato introdotto agli inizi dell’ottocento, quando la varietà, originaria di Asia Minore e Grecia, si acclimatò a tal punto sull’isola da acquisire delle caratteristiche proprie, che la fanno classificare oggi come una cultivar a sé, la Malvasia Vòlcanica.
La Malvasia Vòlcanica, tradizionalmente vinificata dolce e semidolce, oggi viene prodotta anche in versione secca, dando vita a vini dalla personalità unica, ricchi di una mineralità che sa di mare e lava e dotati di una sorprendente acidità.
Altri vitigni presenti sull’isola sono il Listan Blanco, il Diego ed il Moscatel (Moscato d’Alessandria) e tra i vitigni a bacca nera il Listan Negro – varietà autoctona da cui si ottengono vini rosati e rossi destinati ad essere bevuti giovani – e gli immancabili vitigni internazionali Syrah e Cabernet Sauvignon.
L’isolamento di Lanzarote e la presenza della sabbia vulcanica sono alla base di un’altra caratteristica della viticoltura locale: tutte le viti sono a piede franco, qui infatti non giunse la fillossera, l’afide proveniente dall’America, che tra fine Ottocento e Novecento flagellò le vigne d’Europa. Nell’isola esistono viti centenarie non innestate su piede americano.

Le viti più vecchie di Lanzarote
Il lavoro in vigna viene fatto rigorosamente a mano, nessuna fase dell’attività produttiva può essere meccanizzata, la morfologia del territorio e l’architettura dei vigneti non lo consentono. Alcune aziende hanno introdotto delle etichette biologiche, ma è solo una questione di mercato perché nell’isola non sono molti i trattamenti necessari, piove poco e col vento la pioggia si asciuga subito così tutte le malattie legate all’umidità non hanno ragione di esistere.
A rendere ancora più suggestiva l’atmosfera dell’Isola è la presenza di dromedari, importati dal Nord Africa e che in passato sono stati fondamentali per trasportare l’uva e le piccole botti su strutture prima di legno e poi metalliche montate sulla gobba, una per lato. Il piccolo museo non lontano dall’entrata del Parco Nazionale di Timanfaya documenta benissimo il ruolo che questi docili animali hanno avuto per l’economia dell’isola. Oggi continuano ad essere utilizzati per far passeggiare i turisti tra i vulcani del parco.
Una visista tra le “bodegas” del “vino de Lanzarote”
Il vino di Lanzarote può fregiarsi della Denominatiòn de Origen Vino de Lanzarote, l’equivalente della nostra Doc dal 14 dicembre 1993. Questo riconoscimento certifica da un lato la qualità del vino prodotto nell’isola, e dall’altro garantisce attraverso una serie di controlli, che vengono effettuati a partire dalla vendemmia e fino all’imbottigliamento, che il vino rispetti tutte le caratteristiche previste dal disciplinare. Fanno parte di questa denominazione 18 bodegas (cantine) di cui 14 nella Geria, distribuite su 2000 ettari, per una produzione annuale che si aggira in media intorno a 1,5 milioni di bottiglie di cui solo il 15% è destinato all’esportazione. A queste vanno aggiunte altre piccole realtà al di fuori della D.O.
Solo alcune cantine, le più grandi, sono pronte ad accogliere i visitatori tutti i giorni dell’anno, altre stanno iniziando ora questa piccola rivoluzione verso l’enoturismo e vanno avvisate per prendere un appuntamento per la visita.
Tra le aziende più interessanti di Lanzarote vi è sicuramente Bodega El Grifo, la più antica delle isole Canarie, tra le dieci bodegas storiche della Spagna, che ha iniziato la produzione vinicola nel 1775. Situata a San Bartolomè, nella zona di Masdache, possiede 60 ettari di vigneti oltre ad acquistare le uve da 300 viticoltori e produce 700 mila bottiglie l’anno, per il 70% vini bianchi di Malvasia Vòlcanica, per il 25% vini rossi a base di Listan Negro e/o Syrah e per il restante 5% vini dolci utilizzando sia Moscatel che Malvasia Vòlcanica. Un’attenzione particolare merita il loro spumante metodo classico Malvasia Brut affinato 24 mesi sui lieviti.
La cantina è anche sede di un interessante Museo del Vino dove sono conservati gli attrezzi e i primi macchinari utilizzati, gli antenati delle attuali diraspatrici e pigiatrici, i locali dove veniva affinato il vino ed una vasta galleria fotografica raffigurante i campesinos dell’epoca impegnati durante le fasi della vendemmia. Ricchissima è anche la biblioteca dell’antica casa colonica, con volumi sull’arte ed i segreti dell’agricoltura ma anche sull’economia e la finanza.
Percorrendo la strada del vino di Lanzarote la LZ30 è possibile incontrare le altre bodegas dell’isola: La Geria, El Rubicon, Los Bermejos, La Florida, Stratus per citarne alcune, tutte con un notevole tasso qualitativo e sempre alla ricerca di nuove tecniche per rendere il proprio vino unico.
Al nord dell’isola invece, la piccola cantina La Grieta Malpaìs de Màguez di Ricardo Socas è famosa perché una parte della produzione viene sommersa nell’oceano Atlantico a diciotto metri di profondità dove rimane per sei mesi acquistando così, secondo Socas “amabilità e rotondità”.