Cucina coreana (e non solo) al Gambero Rosso

di Ilaria Donatio

Una serata alla Città del Gusto del Gambero Rosso tutta dedicata al mondo coreano, ai suoi saperi e ai suoi sapori.

Insieme ai tre chef della serata, Camilla Carrega, Academic Programs Coordinator Città del gusto Roma

L’evento – promosso dalla aT- Korea Agro-Fisheries & Food Trade Corporation, agenzia del governo coreano che lavora per sostenere e promuovere gli agricoltori e le aziende alimentari del Paese asiatico – si articolava in tre diverse cooking class che si svolgevano in contemporanea nelle cucine del Gambero Rosso, e poi in un momento di degustazione ufficiale, a fine serata.

La cooking class diretta da Mario Piccioni

Mario Piccioni con i video maker del Gambero

Di origini marchigiane ma romano di adozione, lo chef Mario Piccioni ha diretto la cooking class a cui abbiamo partecipato noi di GnamGlam, cercando nei tre piatti da lui ideati e proposti al gruppo di lavoro, quel famoso punto di incontro in cui due cucine – e dunque due mondi, due culture, due tradizioni – possono incontrarsi e dar vita, così, a nuovi equilibri, sapori, e anche orizzonti.

Ed ecco i tre finger che abbiamo preparato insieme.

 

 

 

Mandu alla carbonara sono ravioli dalla bella forma di spighe di grano, con una farcitura di uova e pecorino e il guanciale croccante come guarnizione. Alla base del raviolo, la famosa salsa coreana gochujang.

Mandu alla carbonara con salsa gochujang

 

Il secondo finger è stato una polpetta di magrissima carne di manzo, impastata con i nostri più tipici sapori mediterranei: capperi, olive, pomodori secchi, oltre a un cucchiaino di senape, alla salsa Worcester e alla loro alga nori tostata e salata. Con un pizzico di fantasia, abbiamo ricoperto la Yuk Hwe Mediterranea con granella di nocciola.

Yuk Hwe Mediterranea preparata da noi 🙂

 

 

Il finger dolce è stato un Kyung-Dan di riso latte e pera con fagioli azuki: un nostro classico dessert  – il riso latte – rivisitato e fatto diventare un dolce al cucchiaio, con al centro la crema dolce di fagioli azuki.

Kyung-Dan di riso latte e pera con fagioli azuki

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mario Piccioni ama molto la cucina coreana

 

Lui, che nasce architetto, decide – dieci anni fa – di seguire un corso

 professionale per diventare chef. Al Gambero Rosso, diventa prima Food&Beverage manager, poi Executive chef.

“Eleganza e purezza”, così descrive a GnamGlam l’essenza della tradizione coreana in cucina, Piccioni: “È il popolo che amo di

 più a Oriente: la loro tradizione offre continuamente spunti nuovi che si intrecciano in perfetta simmetria con la nostra cucina”. Una frase che la rappresenta? Per lo chef del Gambero Rosso, il messaggio che la cultura gastronomica coreana ci rimanda è “trasformami ma resto integra“. 

 

Un messaggio prezioso e semplice che ci svela, in
parte, il cuore di questa terra che fa della “condivisione” – altro “concetto chiave”, per lo chef, del mondo coreano – un punto importante di tutto quello che ruota attorno alla tavola e al cibo.

 

Rossella e il suo fidanzato coreano

Ce lo spiega bene anche Rossella, studentessa de La Sapienza che studia il coreano e che partecipa alla serata con un folto gruppo della sua classe: tutti giovanissimi e appassionati.

Un Pecorino di Umani Ronchi: primo vino in degustazione della serata

Lei, in particolare, ci spiega quanto sia affascinante questo popolo dalla storia millenaria, la cui identità culturale è molto marcata e poco conosciuta da noi italiani. Tanto da farci commettere, spesso, passi falsi con gli amici coreani in visita in Italia. “Loro sono molto riservati”, ci spiega: “non manifestano come noi le loro emozioni e i loro sentimenti. Però sono squisiti e attentissimi nella conversazione. Sai che utilizzano parole e costrutti completamente diverse come segno di rispetto e di considerazione nei confronti dei loro interlocutori? Per questo è difficilissimo imparare il coreano!”.

Verdicchio dei Castelli di Jesi

Ma Rossella ha anche un asso nella manica che scoprirà a fine conversazione: lei ha un fidanzato coreano – Yoo Yeong Kyun, nome italiano Leonardo Yoo – che lavora in un ristorante di Trastevere, con lo chef Giulio Terrinoni, una stella Michelin. 

Rossella – potremmo dire, con un po’ di ironia – è il “main sponsor” dello spirito coreano (a tavola e non), questa sera!

Rosso Conero

Curiosità sulla cucina coreana

La cucina coreana ha molto in comune con la cucina giapponese e quella cinese. Questo perché nella sua millenaria storia è stata invasa ripetutamente da popoli Mongoli e per ben due volte annessa al Giappone. Di suo però ha aggiunto l’uso abbondante delle spezie.

Il pasto coreano consiste in un piatto principale, di solito riso cotto a vapore, contornato da una minestra in brodo e piatti a base di carne, pesce e verdure.

Il “pulgogi” è il piatto di carne più conosciuto: sono fette di manzo marinate che vengono cucinate direttamente a tavola su di un braciere a carbone che ha la forma delle pettinature dei cavalieri mongoli.

Anche il “sinsollo”, di antichissima origine, è molto popolare: si prepara con verdure, carni, pistacchi, noci e uova, cotti tutti insieme nel brodo direttamente davanti agli ospiti, in un braciere simile a quello del bulgogi.

Le verdure però occupano il posto più importante nell’alimentazione coreana. Non per nulla il piatto nazionale è il “kimchi”, che compare sempre in tutti i pasti ed è a base di cavolo, cipolle, rape ed ogni altro tipo di verdure di stagione, insaporite da abbondanti dosi di pepe e aglio, salate e messe a fermentare per settimane in recipienti speciali. Dalla cucina coreana tradizionale mancano invece completamente il latte e i latticini.

Usanze e bon ton in Corea

Il “Kyojasang” è un largo tavolo preparato per i banchetti. Durante questi, viene ricoperto di bevande alcoliche e una gran varietà di contorni, torte di riso e punch fruttati. Una volta terminati gli alcolici, viene servita la minestra.

Normalmente, i piatti vengono serviti contemporaneamente. Serviti su un tavolino basso, si degustano con l’aiuto delle bacchette o di un cucchiaio, ma mai avvicinando la ciotola alla bocca. E’ invece cattiva educazione conficcare verticalmente le bacchette nella ciotola del riso o usarle insieme al cucchiaio.

È importante versare da bere agli altri e lasciare che gli altri lo versino a noi: è infatti maleducato versarsi da bere soli nel proprio bicchiere. Le bibite vanno versate tenendo la bottiglia con entrambe le mani e se è il vostro ospite a versarle, dovete porgergli la coppa tenendola con entrambe le mani.

Se siete invitati da qualcuno, sappiate che è molto apprezzato tutto quello che viene dall’Italia.