Biodiversità al Vinitaly: piccole e grandi sorprese

di Stefano Sequino 

 

Il Vinitaly, o per meglio dire il Salone internazionale dei vini e distillati, anche quest’anno, dopo mezzo secolo, riserva piacevoli sorprese in termini di biodiversità, sensoriale e territoriale.

Eppure i vini Dop (Denominazione origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta), legati al loro territorio di origine, sono tanti (qualcuno direbbe troppi tanto da augurare uno sfoltimento), ma per lo più concentrati, sia in termini di volume che di valore, in poche (pochissime!) produzioni.

Secondo i dati Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) infatti, i primi 10 vini Dop (su 405 riconosciuti) rappresentano oltre il 50% della produzione e il 48% del valore dell’intero comparto. In cima alla classifica c’è ovviamente il colosso Prosecco Dop (che negli ultimi anni ha battuto tutti i record in termini di performance commerciali) seguito da Montepulciano d’Abruzzo, Chianti, Asti o Moscato d’Asti e Conegliano Valdobbiadene Prosecco solo per citare i primi cinque dell’elenco. Stesso discorso (anzi molto più concentrati delle Dop) sono i vini Igp, considerando che i primi 10 (su 118) rappresentano circa l’85% sia in termini di ettolitri prodotti che di fatturato con le Igp Delle Venezie e Terre Siciliane in pole position.

In pratica su 523 vini Dop e Igp, solo 20 soddisfano gran parte dell’offerta commerciale, accompagnati però da una costellazione di piccole e piccolissime produzioni che (non soltanto al Vinitaly), orbitando intorno ai grandi nomi, possono riservare grandi sorprese. Certamente, quando si parla di qualità non si può far assoluto riferimento alla formale impostazione piramidale (leggi “ABCvino – La “piramide” delle denominazioni di origine”) né tantomeno all’ampiezza del territorio di produzione. Tanto che, anche all’interno dei grandi territori vitivinicoli, è possibile apprezzare un’ampia gamma di diversità sensoriale che tra l’altro può dipendere (a parità di varietà d’uva) dall’esposizione dei vigneti, dalla composizione e dall’origine dei terreni, dai parametri ambientali sino all’andamento microclimatico, tutti fattori che contribuiscono a donare gradazioni organolettiche oltreché qualitative.

Ma al di là di tutto, del dibattito su Dop e Igp e delle strategie commerciali messe a punto per la ricerca di una maggiore produzione potenziale e una migliore riconoscibilità territoriale, rimane il viaggio tra i padiglioni e gli stand del Vinitaly, idealmente, tra i vigneti ed i vini d’Italia.

Un percorso dove il Nebbiolo delle Langhe diventa Spanna tra Vercelli e Novara, Prunent in Val d’Ossola e Picoutener o Picotendro in Valle d’Aosta e il Pergola Doc è un vino ottenuto da una varietà antica, la Vernaccia rossa di Pergola (coltivato in poche decine di ettari nella provincia di Pesaro Urbino, a Pergola, appunto) che solo recentemente si è rivelato un clone di Aleatico. Così come il Perricone, varietà antica siciliana con grappoli serrati e buccia spessa, è uno tra i tanti vitigni persi, ritrovati e (fortunatamente) valorizzati nei disciplinari di produzione di vini Dop e Igp.

E molto altro ancora.