ABCvino – Tre giorni a cavallo tra Langhe e Roero

di Fabio Ciarla

Andiamo alla scoperta del Piemonte più antico muovendoci tra Roero e Alta Langa, quella al confine con la Liguria. Qui è Clavesana la “porta” delle Langhe, collocata in una delle varie anse del fiume Tanaro – che anche quest’anno ha fatto danni e diffuso paura – ma rigorosamente sulla riva destra, e rappresenta uno di quegli antichi centri rurali sparsi su più frazioni, tutte abbarbicate sulle colline e affacciate spesso su spettacolari calanchi.

Sono terre di nocciole, di bovini di Razza Piemontese e di vini a base Dolcetto. L’occasione, unica, per immergersi in queste terre è l’edizione numero 106 della Fiera del Bue Grasso di Carrù, che pure è di là dal Tanaro quindi in terra di Roero, dove si può far colazione alle 6 del mattino a base di bollito misto e Dogliani Docg. Un’esperienza coinvolgente, che aiuta a immergersi nell’autenticità di questa parte di Piemonte, meno famoso e battuto della Bassa Langa dove i vigneti pettinati di Barolo rappresentano un’attrattiva turistica di grande fascino ma anche, per certi versi, limitante.

Alla Fiera di Carrù

bueLa Fiera del Bue Grasso ricorda, e in parte replica, il momento tanto atteso della vendita dei buoi di Razza Piemontese in vista delle feste, e delle ricette, natalizie. Quest’anno, non senza polemiche, la data è stata anticipata di una settimana, facendola coincidere con la festa dell’Immacolata, 8 dicembre quindi, e collegandola al ponte milanese di Sant’Ambrogio. Oggi l’importanza dell’appuntamento dal punto di vista pratico è ben diversa rispetto al passato, quasi tutti i buoi sono già venduti prima di arrivare a Carrù, ma i premi assegnati hanno comunque un valore notevole per gli allevatori.

La tradizione della colazione all’alba nasce proprio dalla necessità di rifocillare quanti arrivavano con i buoi a Carrù durante la notte dai paesi vicini, ai quali si aggiungevano gli allevatori che – dai centri più lontani – erano arrivati la sera prima e avevano chiesto e ottenuto accoglienza per i propri animali nelle stalle dei colleghi carruccesi. Da queste parti a dicembre fa freddo, le temperature sono ben più rigide di Barolo o Barbaresco, e quindi fare colazione con un bel brodo caldo alle 6 del mattino fa piacere. Certo riuscire poi ad aggiungere il tradizionale bollito e l’insalata russa può essere difficoltoso per alcuni, ma a giudicare dal numero di persone che riempiono il centro cittadino, aspettando l’apertura dei ristoranti, sembra proprio che la cosa sia non solo possibile ma anche soddisfacente.

Il tutto bagnato dal classico Dolcetto, che qui prende la denominazione Dogliani Docg, e – perché no – vinoda qualche bicchierino di grappa. I ristoranti tornano osterie, con tavoli pieni e spesso riempiti da più comitive, l’atmosfera è conviviale e arricchita da cantori che intonano canzoni della tradizione langarola. Ma l’esperienza, da provare, non si esaurisce certo con la colazione, si va avanti così a rotazione fino a sera. Solo il ristorante “Vascello d’oro”, dove abbiamo avuto la fortuna di essere accolti, nella giornata di Fiera ha cucinato tra i 400 e i 500 chilogrammi di carne bovina di Razza Piemontese tra bollito misto, la maggior parte, e ripieno dei ravioli.

Se poi non si trova posto nei ristoranti, la Pro Loco ha allestito una enorme tensostruttura all’ingresso del paese con centinaia di posti a sedere. Ma anche qui non si entra facilmente, anzi all’ora di pranzo la fila di persone in attesa superava il centinaio di metri. Carrù brulica di visitatori dall’alba al tramonto, le strade sono piene di mercatini più o meno locali – tra questi spiccano i banchi di porri e di nocciole – ma il centro della festa è il foro boario, dove i buoi sono sistemati e valutati da una giuria tecnica e dal pubblico. Qui si svolge la tradizionale premiazione in base, soprattutto, al peso di questi animali dal vello chiaro e dallo sguardo placido. Si possono incontrare ancora uomini avvolti nel mantello nero, tutti rigorosamente con il cappello a falde larghe e il bastone, corto e bianco, necessario anche a governare gli animali negli spostamenti. Uno spettacolo unico, ricco di suggestioni, ancora scandito da tempi e atteggiamenti di vera tradizione rurale.

La Razza bovina Piemontese

zuccheLa Fiera di Carrù rende merito alla più importante delle razze bovine da carne italiane. La Razza Piemontese infatti, rigidamente controllata dall’associazione Anaborapi che ne tiene il Libro Genealogico, è quantitativamente superiore da sola alla somma delle altre cinque razze da carne nostrane (Chianina, Maremmana, Marchigiana, Romagnola, Podolica). Si contraddistingue ad oggi per una mutazione genetica detta ipertrofia muscolare (o doppia gobba) che, senza scendere nei dettagli, avvia nell’animale una moltiplicazione delle fibre muscolari mantenendo invece bassi i livelli di grassi.

Fino ad alcuni anni fa si poteva ancora distinguere tra animali di questa mutazione e animali “migliorati”, ma ovviamente la selezione operata dagli allevatori ha spinto verso la riproduzione degli animali capaci di rendere di più, e quindi ormai quasi il 100% della Razza Piemontese sviluppa queste muscolature importanti e spettacolari. Dal 2014 esiste una “Casa della Razza Piemontese“, proprio a Carrù, unico caso in Italia di museo dedicato a una sola razza bovina. A crearlo l’Anaborapi (Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Piemontese) che ha allestito un percorso innovativo ma mirato da visitare, oltre a mantenere nei pressi, anche laboratori e un centro riproduttivo autorizzato che diffonde, 80% in Italia e 20% all’estero, circa 500 mila dosi di seme certificato di Razza Piemontese ogni anno.

Il Dogliani DOCG

Ad accompagnare la tavola tradizionale di queste zone concorre soprattutto il Dolcetto, vitigno autoctono del Piemonte che qui trova la sua massima espressione nella Denominazione Dogliani Docg.

A Clavesana la locale e omonima cantina cooperativa da anni lavora per riprendere le fila di un vino tanto piatto-bueantico quando poco valorizzato dal mercato. Il rosso prodotto con uve Dolcetto è da sempre il vino a tutto pasto della tradizione piemontese, ma le sue caratteristiche di versatilità e bevibilità invece di fargli del bene lo hanno relegato a vino “semplice”.

Fino a qualche decina di anni fa, ci dicono a Clavesana, in Piemonte il Dolcetto e il Barolo avevano la stessa considerazione, oggi ormai non c’è paragone a livello di prezzi e di fama. Al contrario di quanto lascia pensare il nome, il Dolcetto non è un vino “dolce”, anzi spesso ha un lieve retrogusto amarognolo molto piacevole. Il nome pare arrivi dai dossi delle colline dove da secoli viene coltivato, clivi che degradano morbidi e che localmente venivano chiamati “duset”. La beva è fresca, fruttata e davvero facile ma non per questo siamo di fronte a un vino semplice. Pronto da bere in tempi più ristretti dei vini prodotti con uve Nebbiolo, il Dolcetto e in particolare il Dogliani Docg presenta anche espressioni mature più interessanti. Considerando poi che su queste colline, per quanto si possa spingere, la resa rimane sempre tra gli 80 e i 90 quintali per ettaro risulta chiaro che siamo di fronte a un prodotto di alta qualità. A stupire, ma non per molto ancora probabilmente, sono i prezzi, decisamente bassi per un rosso Docg e di questa qualità, che arrivano in cantina addirittura a 6 euro la bottiglia.

Le panchine giganti

panoramaSono 25, per ora, e sono diventate un simbolo dell’Alta Langa a partire dalla prima, realizzata a Clavesana da Chris Bangle, designer di fama mondiale che ha deciso di stabilirsi in queste colline ormai diversi anni addietro. L’idea era quella di sistemare questa enorme panchina in un punto panoramico ma raggiungibile per forza al termine di un piccolo percorso a piedi. Lo scopo era quello di far immergere i visitatori nella natura prima di proiettarli su questa grande struttura, che contribuisce nelle dimensioni a testimoniare anche la “pochezza” dell’uomo rispetto a tutto il resto. Un progetto così innovativo che, appunto, si è diffuso velocemente e, per evitare iniziative poco consone, è stato poi sistematizzato e raggruppato nel Big Bench Community Project (BBCP) per sostenere le comunità locali, il turismo e le eccellenze artigiane dei paesi in cui si trovano queste installazioni fuori scala. La prossima, a quanto è dato sapere, sarà forse costruita fuori dal Piemonte e dall’Italia, nella terra dove il termine Pace trova radice e negazione, la Palestina.

A cavallo tra Roero e Langhe c’è quindi un mondo, una cultura contadina ancora viva e vera, che aspetta visitatori curiosi e aperti a panorami e forme d’arte da apprezzare in modalità umana per tempi e costi.

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