Bio o vegano? Il vino italiano alla conquista del mondo

I vini bio fanno segnare un aumento del 26 % delle vendite in volume con 2 milioni e mezzo di litri nella grande distribuzione. Quelli vegani mettono a segno un incremento del 35% di richieste di certificazione spinte da 1,8 milioni di vegani presenti in Italia. Sono questi, ormai, i segmenti più dinamici del mercato del vino.

 

 

I segmenti più dinamici del mercato del vino

Il biologico non può certo essere più considerato una nicchia: secondo la Coldiretti e Infoscan si sta affermando strutturalmente sul mercato. I viticoltori italiani, infatti, con i vigneti coltivati a biologico o in conversione, hanno raggiunto 83642 ettari al 1 gennaio 2016 con un aumento record del 16% rispetto all’anno precedente (elaborazioni Coldiretti su dati Sinab).

La viticoltura vegan vanta la crescita più vorticosa: il numero di aziende vitivinicole che hanno sentito la necessità di avere una  certificazione è aumentato nel 2016 del 35% secondo il “Rapporto In Vino Vegan 2017”.

 

La viticoltura biologica europea

+295% Europa, +280% mondo: sono questi i dati relativi allo sviluppo della viticoltura biologica nel periodo 2004-2015. È quanto emerge dall’analisi Wine Monitor Nomisma su dati Fibl. La viticoltura biologica europea – con 293 mila ettari – ha un ruolo di primo piano, tanto che rappresenta l’88% della superficie vitata bio del mondo. Il primato dell’Europa si segnala anche attraverso l’incidenza delle superfici vitate bio sul totale- che nel 2015 ha superato il 7% a fronte di una quota mondiale che non raggiunge il 5%. In tale scenario l’Italia (83 mila ettari di vite coltivati con metodo biologico) ha il primato mondiale per incidenza di superficie vitata biologica (11,9% della vite coltivata è bio), seguita da Austria con l’11,7% e Spagna con il 10,2%.

 
Il senso dell’Italia per il bio

In Italia nel 2016 le vendite di vino bio hanno raggiunto 11,5 milioni di euro nella sola Gdo, registrando un +51% rispetto al 2015 (a fronte di un tiepido +1% delle vendite di vino in generale). Nonostante questo balzo in avanti, i dati Nielsen mostrano però come l’incidenza del vino bio sul totale delle vendite di vino sia pari allo 0,7%.
Quali sono i vini bio più apprezzati dal consumatore italiano? Secondo i dati Nielsen, il vino rosso è la tipologia di vino bio preferita dal consumatore italiano (57% delle vendite di vino bio in GDO, +42% rispetto al 2015), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+93%) assieme ai vini sparkling (+59%).

Il prosecco è comunque il vino bio più venduto nella Gdo nel 2016 (17% delle vendite di vino bio a valore, +143% – crescita che è effetto sia di un forte interesse da parte del consumatore ma anche da una ampliamento delle referenze in assortimento); seguono il Montepulciano d’Abruzzo (15% delle vendite 2016 di vino bio a valore, in flessione del 7% rispetto al 2015), seguito dal Nero d’Avola (7%) e dal Chianti (7%).

 

Il successo del bio: vino, cibo e non solo…

Quali sono i motivi di questo successo? Innanzitutto la crescita della consumer base. Infatti l’interesse per il bio va oltre il food: l’indagine Nomisma-Ice ha rilevato che il 25% della popolazione 18-65 anni (circa 12 milioni di persone) ha avuto almeno un’occasione di consumo di vino biologico nell’ultimo anno.

La percentuale è in continua crescita (nel 2015 era pari al 21%), grazie al forte apprezzamento da parte del consumatore, che riconosce al vino bio naturalità (24% degli user individua in questo fattore il principale elemento distintivo), salubrità (20%) ma anche qualità (17%).

 

Disposti a spendere, in cerca di assortimento

Per tutti questi motivi, il wine user bio è disposto a spendere di più per acquistare un vino bio (il differenziale medio di prezzo in Gdo è superiore al 20%). I canali preferiti per l’acquisto di vino bio rimangono iper e supermercati (33%) e gli acquisti diretti dal produttore e in cantina (23%), seguiti da enoteche (19%) e negozi alimentari specializzati in prodotti biologici (18%). La quota di consumatori che acquista vino bio soprattutto online raggiunge il 6%.

Le opportunità di crescita per il vino bio sono positive tanto che il 22% degli attuali wine user bio sarebbe intenzionato ad incrementare gli acquisti se i prezzi diminuissero o se l’assortimento venisse ampliato (per il 15%).

E l’assortimento risulta uno dei principali fattori d’interesse anche per chi oggi non consuma vino bio: il 23% indica come principale fattore dissuasivo la scarsa presenza di vini a marchio bio in negozi/ristoranti frequentati abitualmente o in riferimento alle denominazioni preferite. Un ulteriore elemento che emerge come potenziale stimolo al primo acquisto di vino biologico è la possibilità di effettuare assaggi in negozio, indicato dal 24% degli attuali non users, continua Wine Monitor Nomisma.

 
Il bio nei mercati internazionali

Ma il successo del vino biologico oltrepassa i confini nazionali. La Survey multi-country di Wine Monitor Nomisma ha indagato su abitudini e comportamenti di acquisto dei consumatori di altri due mercati rilevanti per il vino e per il settore biologico in generale: Germania e Regno Unito.

Questi mercati, fondamentali partner commerciali dell’Italia per il vino essendo tra i primi importatori al mondo, presentano grandi prospettive per il nostro paese anche nel settore del biologico. In UK, secondo i dati Global Snapshot Nielsen, le vendite di vino bio in Gdo nel 2016 si attestano a 20,7 milioni di euro (esclusi gli sparkling e lo Champagne), con uno share di biologico dello 0,4% sul totale dei vini venduti con una crescita significativa nell’ultimo anno (+24% a fronte di lieve decremento del vino in generale, -0,1%).

Ma ci sono altre buone notizie per l’Italia. Un quarto delle bottiglie bio vendute è italiano e, solo nell’ultimo anno, nel Regno Unito l’incremento a valore è stato dirompente (+82% a valore e +72% a volume). L’interesse per il vino bio è confermato anche dall’opinione e dalle preferenze del consumatore, sia nel Regno Unito che in Germania: la quota di consumatori che negli ultimi 12 mesi ha consumato almeno una volta un vino biologico è del 12% in Germania e del 9% in UK
(dove è molto più alta la quota di chi lo consuma fuori casa: il 34% dei wine user bio rispetto al 18% in Germania).

 

Italia: prima nella classifica dei vini bio

Come per l’Italia, la preferenza sul vino bio ricade soprattutto su rossi e bianchi fermi in entrambi i mercati, segue in UK il rosso frizzante e in Germania il bianco frizzante. Il binomio vino bio e Made in Italy riscuote grande successo sia nel Regno Unito che in Germania.

In particolare, la reputation dei vini bio italiani è elevata per il consumatore inglese: l’Italia è infatti prima nella classifica dei Paesi che producono i vini biologici di migliore qualità (lo pensa il 22% degli user bio in UK, il 15% di chi oggi non beve vino biologico). Secondo i consumatori (42% in UK e 40% in Germania), i vini bio Made in Italy hanno qualità mediamente superiore rispetto ai vini bio di altri paesi.

Qualità che ricorre nuovamente tra gli attributi evocativi: in entrambi i mercati, nel pensare al vino biologico italiano il 19% indica “alta qualità“, mentre un ulteriore 15% individua nella “autenticità” il principale valore. Senza dubbio il vino biologico Made in Italy gode di un’ottima reputazione oltre i confini nazionali, con un potenziale ancora non del tutto valorizzato: l’84% dei consumatori di vino- sia in UK che in Germania- è interessato ad acquistare un vino biologico Made in Italy se lo trovasse presso i ristoranti/negozi abituali.

 

Il profilo del consumatore bio
Gli italiani amano sperimentare, si informano prima dell’acquisto e sono attratti dalla ricerca di piccole cantine o di vitigni particolari. I tedeschi, invece, preferiscono farsi consigliare e bere vini di specifici territori. il consumatore inglese è attratto dalla naturalità del prodotto e dalla ricerca di uve pregiate. 

 

Sicilia, Toscana, Puglia: tanti ettari di bio

“Nel nostro Paese da 52mila ettari nel 2010, si è raggiunta quota 83mila ettari nel 2015 sui 332.000 totali a livello mondiale, e si prevede di superare la soglia dei 90 mila per il 2016- commenta Paolo Carnemolla, presidente di FederBio – In Sicilia gli ettari sono oltre 32.000, in Toscana sono 11.500, quasi 11mila in Puglia, più di 4mila nelle Marche e nel Veneto, e più di 3.500 in Abruzzo: non c’è una denominazione d’origine per la quale non ci sia un’offerta di vino biologico da parte di qualcuna delle 1.500 cantine. L’intero comparto vitivinicolo è chiamato ad approfondire il fenomeno della produzione biologica, che con la costante crescita dell’apprezzamento del consumatore italiano e globale, con i risultati qualitativi e il forte background ambientale costituisce un’alternativa sempre più rilevante in chiave di sostenibilità, reputazione del marchio, diversificazione e opportunità commerciali”.

 

Bio: Italia sul podio delle vendite

 

“Il vino bio è un trend topic in Italia: raddoppiano le vendite nella grande distribuzione e 1 consumatore di vino su 4 apprezza il vino bio – dichiara Silvia Zucconi, Responsabile Market intelligence Wine Monitor Nomisma.

Ma il successo riguarda anche i mercati internazionali: nel Regno Unito le vendite di vino bio crescono del 24% – a fronte di un mercato che nel complesso segna il passo. E dal Regno Unito arrivano due buone notizie per il nostro paese: l’Italia detiene il podio delle vendite di vino bio in UK (25% del mercato del vino bio) e cresce a velocità tripla (+82% le vendite a valore nel 2016)”.

 

Naturalità è anche… comprare il vino dal produttore

La ricerca di naturalità è confermata dal fatto che – sostiene la Coldiretti – oltre sei italiani su dieci (63 per cento) nel 2016 hanno acquistato almeno una volta il vino direttamente dal produttore in cantina o nei mercati degli agricoltori. Queste scelte alimentano un fatturato complessivo dell’enoturismo sui territori stimato in 2,5 miliardi di euro.

L’acquisto del vino in cantina infatti è un fenomeno in rapida espansione che  rappresenta una opportunità per i consumatori che possono così risparmiare e garantirsi acquisti di qualità, ma anche un’occasione per le imprese agricole che possono vendere senza intermediazioni e far conoscere direttamente le caratteristiche e il lavoro necessario per realizzare una specialità territoriale unica e inimitabile.

 

La crescita dell’enoturismo

La vendita diretta del vino con la possibilità di conoscere vigneti e cantine sono molto diffuse tra i nuovi Paesi produttori come Sudafrica, Australia e Stati Uniti dove la visita alle wineries – riferisce la Coldiretti – alimenta anche un importante flusso turistico.

L’enoturismo – precisa la Coldiretti – è un fenomeno in costante crescita in
Italia che, anche sotto la spinta degli arrivi dall’estero, ha superato 14 milioni di presenze e un volume d’affari pari a oltre 3 miliardi di euro secondo Città del vino. Più di sei stranieri su dieci (62%) durante la permanenza in Italia fanno shopping di cibo che batte nettamente negli acquisti i tradizionali souvenir (50%), l’abbigliamento (48%) e l’artigianato (25%). Secondo il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo “la competizione si vince facendo leva sulla distintività e sui valori identitari che nascono da un territorio unico ed inimitabile”.