A bagno nel Barbera: nel Monferrato il vino è terapia

di Ilaria Donatio

 

Appunti a margine del Festival del giornalismo alimentare

Appena saliti sul pullman che avrebbe portato il nostro gruppo alla scoperta di un pezzo del Monferrato – pioggia battente e grigiore diffuso che rendevano Torino ai miei occhi (ancora più) severa – osservo le espressioni stampate sui volti estranei delle colleghe dello stesso educational tour, organizzato nella giornata conclusiva del Festival: resistenti, perplesse, con la curiosità frenata, tipica di chi sta per godere di qualcosa che potrebbe andare storto.

 

Paesaggi di riso

Vinco subito l’innata meteoropatia, solo uscendo dalla città: quando quella stessa pioggia che batteva sorda sul cemento urbano, diventa un tutt’uno col paesaggio, entra nella terra, rigenerandola, e promette l’inizio di una nuova vita. Quella vista così naturale mi riporta alla mente Pessoa e quella verità perfetta contenuta in un passaggio del suo Il libro dell’inquietudine: “È in noi che i paesaggi hanno paesaggio, perciò se li immagino, li creo; se li creo, esistono; se esistono li vedo”.

 

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www.parcocrea.com

 

Da quel momento, mi sembra che il Monferrato non abbia più segreti per noi: da un lato le colline e i vigneti, i borghi, le pievi medievali e i castelli con i Patrimoni dell’Unesco del Sacro Monte di Crea, sulla collina più alta, e degli Infernot che stavamo per visitare;

www.agromagazine.it

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dall’altro, la pianura, con le sue coltivazioni di riso che disegnano il caratteristico “mare a quadretti.

 

 

Nel mezzo, ideale confine tra i due sfondi, il Po, innervosito dalla pioggia testarda, che si increspa e prende velocità.

La prima tappa è vicina e l’iniziale imbarazzo sembra essersi definitivamente sciolto, diventato liquido e impalpabile: volti distesi, sorridenti al limite dell’entusiasmo, presaghi del piacere che sta per coglierli.

 

Vista dall'interno

Vista dall’interno

Ed è vinoterapia

In località Camino, sulla strada per Castel San Pietro, c’è Ca’ San Sebastiano, una bella promessa mantenuta: le due ore trascorse nel suo Wine Resort e Spa ci disarmano, raccontandoci un’altra storia. Siamo tutte immerse in un’atmosfera che ci porta fuori dai ritmi abituali, in ascolto di un territorio che è la sintesi perfetta di paesaggio, arte e memoria storica.

 

 

Antichi torchi recuperati, ora vasche idromassaggio

Antichi torchi recuperati, ora vasche idromassaggio

Il centro benessere, infatti, sorge dove un tempo c’erano le prime cantine di vinificazione della struttura: ovunque le tracce di questo passato fanno ancora mostra di sé. Dai torchi recuperati e trasformati in aree idromassaggio, alla “cascata” un tempo attrezzo di cantina, all’antico pozzo ancora ben visibile, agli stessi materiali utilizzati: travi in legno antichissime, blocchi di pietra calcarea che nascondono quà e là piccoli tesori fossili.

 

Piscina idromassaggio

Piscina idromassaggio

 

Dopo un ammollo in tinozza idromassaggio, la biosauna è una tappa obbligata per la pelle e la circolazione. Alimentata solo da una stufa a legna, ha una temperatura moderata, con un’umidità dell’aria pari al 50% circa e ad una temperatura media di 55-60 gradi: si tratta della versione light della classica sauna finlandese e dunque, purché si goda di buona salute, è un trattamento accessibile a chiunque.

 

 

 

Alla fine del percorso, il cavallo di battaglia di Ca’ San Sebastiano: la vinoterapia. Un bagno di coppia in una grande vasca dotata di idromassaggio – sorseggiando un calice di Moscato – nella quale viene versato, in aggiunta

Vasca di vinoterapia

Vasca di vinoterapia

all’acqua, vino (Barbera, ci dicono), lieviti e altri principi attivi contenuti nell’uva.

Si sa, il vino contiene antiossidanti che hanno la proprietà di neutralizzare i radicali liberi, responsabili dell’ossidazione delle cellule della pelle, che così invecchiano. Sulla pelle, il vino avrebbe dunque un’azione antibatterica, calmante, emolliente, antirughe.

Dopo il percorso benessere, un pranzo leggero, curatissimo,

con una cucina legata al territorio e alla cultura contadina, in abbinamento ai vini del Monferrato, prodotti dalle cantine di famiglia, a pochi chilometri dal resort che si struttura come albergo diffuso

 

 

Storie di vino e di terra

Maurizio Vellano

Maurizio Vellano

Durante il “light lunch“, in compagnia dei racconti di Maurizio Vellano – gran cantastorie e proprietario, insieme alla moglie, del centro – ci godiamo, nella splendida ambientazione della Sala della Musica dominata dal grande camino in pietra e dal pianoforte, sapori e storie di famiglia – la famiglia Vellano che dà il nome alle cantine.

Maurizio racconta il territorio, suggerisce piccole chicche e, instancabile, ci guida alla sua scoperta tra un bicchiere del suo amato Grignolino – “era uno dei tre grandi nobili del Piemonte, insieme a Barolo e Barbaresco, poi, dalla fine del XIX secolo, il Grignolino conosce un lento declino che lo porta ad essere quello che è oggi: un vino di nicchia, poco conosciuto al di fuori

Flan di verdure con fonduta di Grana

Flan di verdure in fonduta di Grana

della sua regione d’origine ed amato soltanto da una ristretta cerchia di appassionati” – e un ottimo flan di verdure.

 

Dal Grignolino ai “cantun”

“Il Monferrato vanta parecchie caratteristiche che lo rendono un territorio unico“, racconta Maurizio. In particolare, nel Basso Monferrato – corrispondente in massima parte con il Monferrato casalese – si può notare come “la maggior parte delle vecchie cascine sono costruite con grossi blocchi di una pietra che si trova solo qui: la cosiddetta Pietra da Cantoni, dal nome dei blocchi squadrati usati per le opere in muratura”, chiamati appunto “cantoni” dal dialetto “cantun”.

 

Ottimo preludio, questa storia di Maurizio, dopo i saluti di rito – particolarmente sentiti per il bellissimo tempo speso – alla tappa conclusiva della nostra giornata: la visita all’Ecomuseo di Cella Monte.

(fine prima parte: qui potete leggere la seconda!)