30 anni di storia: nelle Città del Vino si vive meglio

Le Città del Vino festeggiano 30 anni. I sindaci dei territori vitivinicoli si sono riuniti in Campidoglio, a Roma, per il trentennale dell’Associazione, in occasione della presentazione del “Libro Bianco”, su sviluppo e prospettive dei Comuni associati.

 

Un Libro Bianco e un Premio

Uno spaccato rurale di società italiana (407 municipi, l’11,7% della popolazione nazionale) dove si consuma meno territorio, dove spesso la cementificazione trova un argine nella vigna, dove ci sono più laureati e diplomati e più lavoro: nei borghi e nelle comunità del vino il tasso di disoccupazione è di circa 3 punti più basso della media nazionale. Merito anche dell’enoturismo. Tra il 2007 e il 2015 si è assistito alla crescita esponenziale di servizi e strutture turistiche: più 99% contro il 28% del dato nazionale.

Nel corso della manifestazione è stato inoltre consegnato il Premio Città del Vino a ex presidenti dell’Associazione, giornalisti, ricercatori, amministratori e a 17 famiglie di produttori di altrettante regioni: oltre il 90% della vitivinicoltura italiana è  infatti legata alle tradizioni e alla continuità familiare.

 

Il vino? Favorisce pure lo sviluppo sociale ed economico

Il Libro Bianco dei 30 Anni è un’approfondita analisi dell’universo delle Città del Vino sotto tanti aspetti e temi: le buone pratiche ambientali, i piani regolatori delle Città del Vino, i progetti legati all’archeologia della vite, i musei del vino e della cultura rurale, ma anche la zonazione, la pianificazione urbana attorno al “cibo”, l’educazione al consumo, le pari opportunità e molti altri. Il documento si conclude con lo statuto e il regolamento dell’Associazione, la Carta della Qualità, l’Alfabeto delle Città del Vino e il manifesto un “Vino onesto è un prodotto della terra”.

Alcuni dati del Libro Bianco aiutano anche a capire il vantaggio ‘competitivo’ del mondo del vino sul piano dello sviluppo sociale ed economico.

Nelle Città del Vino ci sono più laureati e diplomati rispetto alla media nazionale: 17,7% i laureati e 32,4% i diplomati contro rispettivamente il 10,6% e il 28,5%. Nei borghi del vino c’è anche meno disoccupazione: circa il 9% contro la media nazionale dell’11,4%. Nelle piccole Città del Vino cresce inoltre la quota di popolazione che può contare su un reddito da lavoro o da capitale: 25-26% contro il 21,3% del dato italiano. Nelle Città del Vino si costruisce un po’ di meno e si pensa sempre più alle possibilità concrete offerte dall’enoturismo: tra il 2007 e il 2015 i servizi ricettivi delle Città del Vino sono cresciuti del 99%. La media italiana è di appena il 28%.

 

Da Barolo a Pantelleria: si beve e si mangia meglio

E poi nelle Città del Vino si beve e mangia meglio. I più importanti comuni italiani a vocazione vitivinicola sono tutti Città del Vino: Barolo, Barbaresco, Marsala, Montalcino, Montepulciano, Scansano, Conegliano, Valdobbiadene, Pantelleria, solo per citare i più noti. Anche in termini di eccellenze gastronomiche la ricchissima offerta di qualità italiana (291 tra Dop, Igp e Stg) e tradizionale (circa 5.000 piatti e PAT iscritti all’Elenco Nazionale del Mipaaf) coinvolge moltissime Città del Vino, che spesso fanno parte anche di altre associazioni di identità, cioè sono contemporaneamente Città dell’Olio, Città del Bio, del Miele, del Castagno, della Chianina, del Pane, della Nocciola, del Tartufo.

Solo per citare i territori Unesco, tante Città del Vino ricadono in siti riconosciuti e protetti a livello internazionale, come Porto Venere/Cinque Terre, Amalfi, la Val d’Orcia, le Langhe il Roero e il Monferrato,  Pantelleria per la pratica agricola della vite ad alberello; e poi Roma, i centri storici di Siena e San Gimignano, Aquileia, la Val di Noto, l’Etna, la Palermo arabo-normanno, Cefalù e Monreale con le rispettive cattedrali; e in dirittura d’arrivo le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.

 

Qualità, bellezza e bontà

Questa in estrema sintesi la fotografia del Libro Bianco per i 30 Anni delle Città del Vino, elaborato dall’Associazione (a cura di Alessandra Calzecchi Onesti) incrociando i dati delle fonti oggi disponibili (Istat 2011, Censis, Qualivita, Ismea, Iss e altri). “La qualità dell’ambiente, le bontà enogastronomiche, la bellezza dei borghi e dei nostri paesaggi, ma anche il lavoro, lo stile di vita, le relazioni sociali e il tessuto produttivo fanno delle Città del Vino un modello di riferimento per tutta l’Italia. Dobbiamo ripartire anche dai valori delle Città del Vino per ripensare il nostro Paese –  sottolinea il presidente Floriano Zambon -. Trent’anni di vita, progetti e attività al servizio dei territori lo dimostrano: nei luoghi con una forte identità si vive meglio, c’è più lavoro, la qualità della vita è più alta. La vite e il vino sono due elementi attorno ai quali si può ripensare una comunità. La nostra storia lo insegna e non sono soltanto i dati a parlare”.

 

Big Data, accademia e comunicazione

L’Associazione lancia anche alcune proposte per una maggiore valorizzazione dei Comuni e degli Enti associati.

La prima punta a raccogliere il patrimonio informativo che ruota intorno alle Città del Vino in un sistema informatizzato secondo un modello di Big Data che accompagni i progetti e i servizi da sviluppare nei prossimi anni. Un secondo intervento prevede accordi e convenzioni con atenei e istituti per promuovere il patrimonio territoriale delle Città del Vino attraverso ricerche, pubblicazioni, eventi, iniziative di marketing. Un terzo ambito riguarda la comunicazione coordinata sul web per tutte le Città del Vino, mettendo in rete attraverso modelli di visualizzazione comuni e condivisi l’offerta enoturistica dei Comuni associati.

 

Il Premio delle Città del Vino

In occasione del trentennale, il Premio Città del Vino è andato a personaggi che, a vario titolo, hanno collaborato alle molteplici attività svolte, contribuendo a scrivere la sua storia. I premiati sono ex amministratori locali, professionisti, studiosi e ricercatori, uomini e donne del mondo del vino e non solo, che hanno stretto con le Città del Vino un legame che è andato oltre il loro rapporto con l’istituzione, instaurando una amicizia duratura.

Accanto a loro, il riconoscimento è stato assegnato anche ad alcune famiglie del vino che, simbolicamente, rappresentano il valore della continuità, il saper tramandare tra generazioni l’attività vitivinicola a presidio dei territori e a salvaguardia di saperi e di tradizioni, oltre che espressione di un’alta qualità produttiva.

Tra i numerosi premiati anche alcuni nomi importanti del giornalismo, dell’università e delle istituzioni: Massimo Fiorio, parlamentare, relatore Testo Unico del Vino; Attilio Scienza, docente Facoltà di Agraria Università di Milano; Magda Antonioli Corigliano, docente Economia del turismo Università Bocconi di Milano; Rossano Pazzagli, docente Storia Moderna Università del Molise; Alessandra Moneti, giornalista dell’agenzia Ansa; Antonio Corbo, giornalista di Repubblica-Napoli; Antonio Fiore, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno e del Corriere della Sera.

 

Le famiglie dei produttori

Le Famiglie del Vino premiate:

Villa Russiz – Capriva del Friuli, Friuli

Zeni – Bardolino, Veneto

Planeta – Sambuca di Sicilia, Sicilia

Picedi Benettini – Arcola, Liguria

Cherchi – Usini, Sardegna

Librandi – Cirò Marina, Calabria

Masciarelli – San Martino sulla Marrucina, Abruzzo

Carletti – Frascati, Lazio

Caprai – Montefalco, Umbria

Ceretto – Alba, Piemonte

Contucci – Montepulciano, Toscana

Garofoli – Loreto, Marche

De Corato – Andria, Puglia

Mustilli – Sant’Agata dei Goti, Campania

Letrari – Rovereto, Trentino

Riccardi – San Colombano al Lambro, Lombardia

Manzini – Castelvetro di Modena, Emilia Romagna